Ricciardi: «Lockdown senza deroghe
o i decessi raddoppieranno»

Walter Ricciardi, consulente del ministero, non ha dubbi: «La circolazione delle persone va limitata alle attività essenziali».

Serve un lockdown subito, senza deroghe, altrimenti il numero dei morti di Covid è destinato a raddoppiare nel giro di un mese. È l’appello che Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Sanità, Roberto Speranza, rivolge al Governo per evitare il dilagare dell’epidemia, i cui numeri sono tornati a crescere in maniera preoccupante.

Professor Ricciardi, ci vuole un lockdown duro come quello della primavera scorsa?
«Se non così duro, serve un provvedimento che limiti la circolazione delle persone alle attività essenziali. La situazione attuale porterà in breve tempo a un lockdown molto forte, come in primavera. Non voglio pensare a un blocco totale, ma sostanziale sì. Le misure, poi, possono essere modulate in funzione dei territori, ma se la circolazione del virus non si interrompe, ci obbligherà a chiusure drastiche».

Si può pensare di uscire dall’emergenza rinviando queste misure?
«No e lo stiamo vedendo anche in altri Paesi, dove si sono illusi come noi che attraverso misure intermedie si sarebbe riusciti a bloccare la diffusione del virus. Così non è stato. E speriamo che non si faccia avanti anche da noi la “variante inglese”, che in questo momento sta mettendo in ginocchio la Gran Bretagna».

Siamo in grado almeno di stabilire un tracciamento di questa nuova variante così contagiosa?
«No, perché in Italia non facciamo il sequenziamento genomico. Gli inglesi se ne sono accorti sia dall’aumento improvviso del numero dei casi, sia perché sequenziano il 10% dei loro tamponi».

E noi come possiamo accorgercene?
«Non ce ne accorgiamo, perché in assenza della cosiddetta “sorveglianza genomica”, viaggiamo al buio. Oggi, per esempio, non sappiamo se e in quali parti del Paese la variante inglese si sta diffondendo e soprattutto non riusciamo a prendere misure adeguate».

Quindi?
«Siamo in una situazione pericolosissima, perché ci possiamo trovare con un enorme aumento dei casi da un momento all’altro, accorgendoci che qualcosa non va quando i numeri sono già così alti che la soluzione sarebbe quella di un lockdown di 3 mesi, come in Inghilterra».

Lei quando parla di lockdown intende l’attuale zona rossa o qualcosa di più severo?
«Se viene fatta rispettare, la zona rossa potrebbe bastare. Non dico che si debba tornare tutti chiusi in casa, ma i divieti vanno rispettati, senza consentire visite a parenti e amici, perché sennò è chiaro che la mobilità non s’interrompe».

In altre parole, lei dice che il peggioramento di questi giorni è dovuto alle deroghe concesse a Natale?
«Certo. Non si possono fare eccezioni con questo virus, bisogna piuttosto anticiparlo. Un mese fa dissi che la seconda ondata avrebbe portato a 40 mila morti entro febbraio; ad oggi ne abbiamo già 45 mila e di questo passo il mese prossimo ne avremo 95 mila, esclusi quelli registrati durante la prima fase».

Lei mette in guardia il Governo, ma i suoi consigli, alla fine, dove vanno a sbattere?
«Il ministro Speranza prende molto sul serio queste riflessioni e così anche i ministri Boccia, Franceschini e altri. Però nel Governo ci sono ministri che hanno altre idee e questo porta ad adottare misure compromissorie».

E la crisi di Governo non aiuta…
«Certo che non aiuta, ma basterebbe seguire l’evidenza scientifica, indipendentemente dai governi. Bisogna evitare, per esempio, di parlare sempre della riapertura delle scuole. I ragazzi soffrono, ne sono consapevole, ma avanti così si rischia di chiudere anche le elementari».

Eppure il Governo istituisce anche la zona bianca. Che senso ha in questo momento?
«L’obiettivo è di tornare ad aprire il prima possibile, ma questo si può fare solo quando il tasso di incidenza scenderà a 50 casi per 100 mila abitanti. Adesso in alcune zone siamo a 300 e non scendiamo mai sotto i 150. È chiaro che con questi numeri non si possono fare nuove aperture. L’Istituto superiore di Sanità ha proposto di istituire la zona rossa con più di 250 casi per 100 mila abitanti, ma alcuni governatori si sono opposti».

Lei lascerebbe alle Regioni la facoltà di collocarsi nelle zone di rischio?
«Assolutamente no. Anzi, ci vorrebbe un’unica catena di comando a livello mondiale. Questa, mi rendo conto, è utopia, ma almeno a livello nazionale servirebbe. Tutto ciò che si fa localmente lascia spazi enormi alla diffusione del virus».

Come giudica l’avvio della campagna vaccinale?
«Abbiamo numeri molto buoni, siamo primi in Europa. Piuttosto, mi preoccupa molto la fase successiva, quella della vaccinazione di massa. C’è bisogno di un salto di attenzione e di concentrazione. Dovremo vaccinare almeno 20 milioni di italiani prima dell’estate, ma non siamo ancora pronti».

Ci sarà il rischio di avere i vaccini e di non sapere come utilizzarli?
«Se la fase successiva non sarà organizzata, sì. Bisognerà essere in grado di vaccinare 200-250 mila persone al giorno e per farlo, servono vaccinatori e logistica adatti. Questo mi preoccupa molto, perché ritengo che non avremo la possibilità di farlo».

Lei sarebbe per l’istituzione dell’obbligo, almeno per alcune categorie?
«Io sono per la libertà e la promozione; questo garantirà un’elevata copertura della popolazione. Ma penso che se un operatore sanitario non si vaccina, non può assistere i pazienti».

Si parla di un patentino di immunità per aprire determinati servizi solo ai vaccinati. Cosa ne pensa?
«È ancora troppo presto per parlarne, perché sappiamo che il vaccino protegge dalla malattia, ma non sappiamo ancora se protegge dalla trasmissione. E questa è una ragione in più per vaccinare un numero elevato di persone».

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