Rizzi: «A Natale più tranquilli
se rispetteremo le misure»

L’infettivologo: l’aumento dei contagi era atteso, non sarà un novembre facile. I provvedimenti andranno ridotti senza fretta.

La progressione non si ferma. In Italia, per tre giorni consecutivi è stato ritoccato all’insù il record di nuovi positivi: 40.192 giovedì, 40.638 venerdì, 41.063 ieri. In Lombardia, invece, ieri si è tracimati a +11.489. Mentre i numeri s’ingrossano, chi conosce il virus e le dinamiche delle epidemie guarda alle cifre senza stupore.

L’impennata era da prevedere e da attendere, lo suggerivano le prime «scintille» di ottobre: «Questi numeri erano attesi», premette Marco Rizzi, direttore dell’unità di Malattie infettive dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo, di nuovo in prima linea nell’affrontare l’emergenza. E di fronte c’è un novembre che «non sarà un bel mese».

Dottore, perché non c’è da stupirsi di fronte a questa escalation?

«Misure serie di contenimento sono state introdotte solo in questi giorni: quando si applicano, è poi sempre necessario attendere un periodo di latenza legato ai tempi di incubazione del virus. Dal contagio si passa alla manifestazione dei sintomi e poi eventualmente al ricovero, alla terapia intensiva, eventualmente al decesso nei casi più tragici: oggi vediamo ancora la coda di quella che è stata la diffusione del virus dall’inizio di ottobre».

Cosa ci aspettiamo per le prossime settimane, dunque?
«Dobbiamo sapere che novembre non sarà un bel mese. I numeri continueranno a crescere ancora, e non si sa per quanto tempo. Dall’inizio di ottobre era evidente la situazione dell’area di Milano, di Monza e Brianza, dei laghi tra Varese e Como. Misure restrittive sono state introdotte solo adesso, e intanto in quelle aree più colpite il virus ha girato, arrivando poi anche nelle altre».

Quando arriveremo al picco e poi all’appiattimento della curva?

«Chi tende a fare previsioni precise purtroppo è facilmente smentito. Quel che è certo è che l’ampiezza e la durata di ogni curva epidemiologica varia in proporzione alla tempestività con cui si mettono in campo delle azioni. Prima si arriva, prima si circoscrive il problema. Se si arriva tardi…».

Si parla spesso del Natale come orizzonte di serenità, in tutti i sensi. È così?

«Se queste misure restrittive saranno rispettate, arriveremo a Natale più tranquilli. Molto dipende da noi. Tendenzialmente lo scenario da inizio dicembre sarà meno brutto, ma se facciamo un “liberi tutti” arriverà un’altra onda. Servirà scalare progressivamente: se si ha fretta, il rischio è che a gennaio la situazione possa portare a quelle dinamiche che abbiamo avuto in estate, e dunque a un ulteriore ritorno del virus».

Dipende da ciascuno di noi, dunque.

«Non si può pensare che appena la situazione va un po’ migliorando si allentino rapidamente le restrizioni e quando invece la situazione peggiora si aspetta un mese prima di prendere delle contromisure. Servirà la capacità tecnica di valutare la situazione di ciascuna area e indicare quali misure sono necessarie e quali misure di allentamento sono possibili, e poi la capacità politica di prendere decisioni. Senza entrare nelle polemiche, è chiaro che la situazione epidemiologica non è uniforme. Più si attende, però, e più la situazione diventa uniforme. È come in un incendio: si parte da un focolaio, ma se non lo si controlla poi le fiamme avvolgono l’intero bosco, anche le parti che erano lontane dall’innesco».

A Bergamo i numeri restano più contenuti.

«Un certo numeri di casi “autoctoni” ci sono, ma sostanzialmente Bergamo, e in maniera analoga anche Cremona e Brescia, presenta una situazione migliore perché si è avuta una maggiore esposizione in primavera. Molte persone si erano infettate senza morire o ammalarsi, sviluppando un’immunità. Certo restano dubbi sulla durata o sulla possibilità di ammalarsi nuovamente, ma quanto detto conta».

Siamo in zona rossa. Ma è un vero lockdown?

«Chiaramente non lo è. Rispetto ai primi provvedimenti, come la chiusura alle 23, ora si sono prese misure più sostanziali. Ovviamente ci sono ancora molte persone in giro, però una parte consistente dei movimenti è stata fermata, dalle scuole ai locali. Quelle in vigore non sono misure estreme, può darsi sia il giusto compromesso tra le diverse componenti. Ci aspettano due settimane importanti per le valutazioni: se non ci fosse una decrescita, per alcune zone potrebbero servire delle disposizioni più stringenti; per altre, se si registreranno dati più confortanti, si potrà ragionare su possibili allentamenti».

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