Simone Moro, ritorna a «casa» con
la traversata integrale delle Orobie

Da martedì 7 settembre Simone Moro sarà impegnato, assieme ad Alessandro Gherardi, nella traversata integrale delle Orobie. Una cavalcata di 200 chilometri che aveva portato a termine per primo assieme a Mario Curnis.

Di nuovo sulle Orobie, Di nuovo a fil di cresta. Di nuovo alla ricerca di un’avventura a chilometro zero. Un po’ perché in questa direzione spinge l’incertezza legata al Covid, ma anche e soprattutto per quel legame con le montagne di casa che Simone Moro, nonostante le 60 spedizioni in tutto il mondo, non ha mai reciso. Anzi, si è sempre sforzato di coltivare. E così, a vent’anni esatti dalla prima traversata integrale delle Orobie, oggi lo scalatore bergamasco si rimetterà in marcia per affrontare i 200 chilometri e le 100 cime che separano il passo del Vivione dai Piani di Bobbio.

Una cavalcata che Moro percorrerà questa volta assieme ad Alessandro Gherardi, il «Geko», senza però dimenticarsi del compagno con cui affrontò il percorso nel settembre del 2000, quel Mario Curnis che oggi ha 84 anni e che nel 2002 salì con lui anche la vetta dell’Everest ponendo le basi per un’amicizia solida quanto le vette affrontate in tutti questi anni. Il decano degli scalatori bergamaschi accompagnerà infatti i due alpinisti durante la prima e l’ultima tappa. «È una specie di passaggio di consegne - sottolinea Moro - Alessandro, oltre che un vecchio amico, è un gran conoscitore delle Orobie, figlio d’arte visto che suo padre Angelo fu il primo a portare a termine la traversata delle Orobie sugli sci.

Così mi è sembrato coerente chiedere a lui di accompagnarmi in questa circostanza: sempre al suo fianco, avevo già ripercorso una parte dell’itinerario affrontato dal padre». «Per me - aggiunge lo scalatore - sarà un ottimo allenamento in questo momento di stand by dell’alpinismo extraeuropeo. Un allenamento che ho pensato di raccontare perché, dopo i mesi difficili della pandemia e il boom che le Orobie hanno vissuto proprio quest’estate, mi sembrava giusto puntare i riflettori sulle nostre montagne e promuoverle ulteriormente, contribuendo in questo modo a distogliere l’attenzione dalle immagini di dolore a cui la nostra terra è stata associata in questo periodo e puntare i riflettori soprattutto sulla sua bellezza».

Un racconto che, rispetto a vent’anni fa, quando questa piccola grande avventura fu documentata con la tecnologia analogica già affiancata però da un volo in elicottero, si avvarrà degli strumenti digitali ormai più diffusi: il sito internet, live Instagram e aggionarmenti social. «L’idea - aggiunge ancora lo scalatore - è di prendermi tutto il tempo necessario (nel 2000 la traversata durò 12 giorni, ndr), senza considerare alcuna performance sportiva. Vorrei documentare il più possibile questo ambiente che, negli ultimi anni ho frequentato molto anche grazie alla mia attività elicotteristica e che ora torno a esplorare a piedi. In 20 anni i cambiamenti climatici hanno profondamente modificato anche il paesaggio, soprattutto i ghiacciai e questa è l’occasione per raccogliere nuovo materiale e confrontarlo con quello del 2000. Sono molto curioso anche di vedere in che misura la frequentazione è aumentata: all’epoca, tanto per rendere l’idea incontrammo una sola persona». Sicuramente qualcuno in più questa volta ci sarà. Nel tempo le Orobie sono tornate a essere frequentate e anche la traversata è stata ripetuta un paio di volte da alpinisti bergamaschi. «L’auspicio - conclude Moro - è che questo itinerario possa diventare un percorso alpinistico di media-bassa difficoltà consolidato. Un po’ come il sentiero delle Orobie ma in una versione un po’ più tecnica».

© RIPRODUZIONE RISERVATA