Non fu usura a Messi
Assolti i costruttori della palestra

Il caso della palestra «Victoria»: il pugile accusò la famiglia Roncelli nella querelle per l’affitto. La contesa per una penale da 70 mila euro al mese. Il giudice: «Il fatto non sussiste». Il legale del boxeur: ricorreremo.

Il giudice Bianca Maria Bianchi, in abbreviato, ha assolto gli immobiliaristi Rino e Loredana Roncelli, padre e figlia, di Brembate Sopra, dall’accusa di usura che era stata ipotizzata ai danni del pugile Luca Messi. Un’assoluzione invocata dalla stessa Procura e giunta con formula piena «perché il fatto non sussiste».

La contesa ruotava attorno alla vicenda della palestra «Victoria» di Ponte San Pietro, avviata dal «Rocky» orobico nel 2006, poi chiusa nel 2012 a seguito di una battaglia a suon di carte bollate. Il centro sportivo era diventato punto di riferimento per molti atleti, fra cui giocatori dell’Atalanta e pallavoliste della Foppa. Ma presto emersero difficoltà, in particolare un contenzioso sull’affitto tra la società di gestione Element Srl (poi fallita) di cui Messi era socio con Omar Gentile, e la Riro Srl, della famiglia Roncelli, proprietaria dell’immobile. Nel 2008 Messi sospese il pagamento dei canoni d’affitto ai Roncelli, lamentando malfunzionamenti negli impianti di aerazione. Così facendo, accumulò un debito di 475 mila euro. Opposta la versione dei proprietari, che gli intimarono lo sfratto per morosità: gli impianti, secondo loro, erano stati sistemati e non avevano difetti. L’iter giudiziario, passato anche per il pignoramento delle attrezzature della palestra, si concluse a fine 2011 con la risoluzione del contratto, per decisione del giudice civile. A Messi vennero dati tre mesi per lasciare l’immobile, ma poi si aprì uno spiraglio: il pugile si impegnò a versare i canoni non pagati e avviò una trattativa per l’acquisto dell’edificio. Trattativa che però non andò in porto e, il 25 ottobre 2012, il boxeur venne sfrattato, nel corso di un pomeriggio carico di tensione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA