L’Atalanta conquista una strameritata finale, strappata coi denti. E sarà la più «possibile» delle 3

commento. Il post partita di Roberto Belingheri

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Non una partita: una serie tv. Non una partita: un thriller. Non una partita: una guerra, un saloon, fatto di nervi tirati, calcio antico e moderno insieme, vecchi trucchi da mestieranti e tecnologia che ti toglie la gioia. Atalanta-Fiorentina non sarà mai una partita banale, ma alla fine il campo ha detto quel che doveva dire: che l’Atalanta è più forte e l’Atalanta va a Roma, il 15 maggio, a giocarsi la finale contro la Juventus. La terza finale dell’era Gasperini, di nuovo contro la Juventus. Forse la finale più «giocabile» di queste tre. Si comincia e le scelte sono quelle logiche. Ci si sarebbe aspettati, forse, Miranchulk. Ma Gasp non fa mai quel che ci si aspetta, dunque fiducia di nuovo a De Ketelaere, in forma a Monza. Il resto era di fatto obbligato. Si comincia e subito la Fiorentina fa la Fiorentina: ti sembra impossibile giocare bene, contro una squadra tanto rognosa. Ma la prima palla buona non è buona: è buonissima, e Koop la mette. Risultato pareggiato, tutto pare in discesa. E pareva finita, di fatto, al gol capolavoro di Scamacca.

 

Ma il Var chiama e l’arbitro risponde. Scamacca pesta il piede dell’avversario, inutile girarci intorno. Poi la palla gli ritorna e segna. Può non piacere, ma questo è il calcio di quest’epoca, e a parti invertite avremmo gridato all’ingiustizia in caso di gol confermato. Due a zero soffocato, ma ce la faremo, pensi. Invece la partita s’ingarbuglia, i mestieranti fanno tutto quel che possono per sporcare il gioco. Quant’è lontano il calcio europeo, da questa roba da saloon. Riposo sull’1-0, resta la fiducia. Ma lo zampino dell’imprevisto è sempre dietro l’angolo, ed ecco il gol del pareggio su dormita di gruppo della difesa. Con un uomo in più, rasenta l’inconcepibile. Ma è l’Atalanta, bellezza, e la normalità non è di casa. Poi all’arrembaggio finale, dentro tutti gli attaccanti come all’oratorio, Djimsiti finisce a fare l’ala destra, o quasi. E proprio quando i tempi supplementari, che sono «deprecabili» per definizione (cit. Elio Corbani), sembravano ormai inevitabili, ecco che il Var restituisce quel che il Var aveva tolto: gol di Lookman, bandierina su, gol regolare. E Atalanta in finale. Pasalic mette la ciliegina e si prende la torta, appuntamento al 15 maggio.

Scamacca immenso

 

Difficile trovare da dire sulle scelte. Se non che l’Atalanta ha affrontato questa partita con un’energia fisica e nervosa veramente inesauribile. Merito anche delle scelte di Monza: per questo l’Atalanta di Coppa è legata all’Atalanta di campionato, e poi all’Atalanta dell’Europa. Il giocatore di copertina è inevitabilmente Scamacca: il gol annullato è una perla, è lui a guadagnare l’espulsione, è lui a realizzare il gol meraviglioso che riapre tutti i giochi, roba da figurina Panini. Sentiamo ancora gli echi di chi gli dava del bidone, o del giocatore non adatto al gioco dell’Atalanta. Parleranno ancora? Peccato solo - e non è un peccato da poco - che quell’ammonizione lo tolga dalla finale. Potrà giocarsi, magari, un’altra finale...

La finale

 

La finale sarà contro l’orrenda Juventus vista anche mercoledì sera arrancare contro la Lazio. La Juventus è un squadra appesa a un futuro incerto, appesa a questa finale per dare un senso alla sua stagione, al netto della qualificazione alla Champions. Appesa a un allenatore sempre più incerto, a giocatori che non sembrano legati tra loro. Certo, è pur sempre la Juventus, ha un dna da grandi eventi, servirà l’Atalanta migliore. Ma certo questa è un’Atalanta che si presenta più «pronta» a questa finale, rispetto a quella del 2019 e quella del 2021. E’ l’Atalanta che ha buttato fuori il Liverpool, i muscoli sono cresciuti. Resta solo un (piccolo) rammarico: non sono finite, per quest’anno, le sfide alla Fiorentina. Alla prossima, chissà quando.