Gli occhi grandi dei nostri figli

di Fabiana Tinaglia

Lo ammetto: ho dimenticato la gita scolastica. Ho dimenticato le scarpe di ricambio, lo zainetto e il cappellino per il sole. Poi è arrivato un messaggio nel gruppo WhatsApp delle mamme e mi si è accesa la lampadina.

Lo ammetto: ho dimenticato la gita scolastica. Ho dimenticato le scarpe di ricambio, lo zainetto, i fazzoletti di carta e il cappellino per il sole. Poi è arrivato un messaggio nel gruppo WhatsApp delle mamme scalcagnate come me, e mi si è accesa la lampadina a leggere di kway e merendine.

Così ho chiamato a casa, istruito la baby sitter e guidato il marito tra cassetti ed eventuali aggiunte al corredo della prima gita delle elementari di mio figlio, sei anni e mezzo, capelli arruffati e due occhi che non si capisce mai cosa stiano memorizzando della meraviglia del mondo. Come tutti gli occhi di bambino che oggi saranno rivolti alle loro mamme: occhi grandi, stupiti e incantati.

Occhi terribilmente sinceri e profondi. E bellissimi per questo. Occhi di bimbo che non dimenticheremo, anche quando, adolescenti, volgeranno lo sguardo altrove. Oggi, però, teniamo impressa questa immagine: quei due puntini infiniti e quel naso all’insù. Verso noi mamme. Per sorridere, per una nuova domanda, per una sorprendente idea.

E allora non fa niente se abbiamo scordato la merenda, se in cartella c’è il quaderno rosso e non quello blu, se la piccolina si è inventata l’ennesima amica immaginaria e a tavola strilla perché abbiamo dimenticato di apparecchiare anche per lei. Non importa, perché basta poco per festeggiare un giorno. Una data mai banale, perché costellata di istanti personalissimi. E per questo speciali.

Scatti di una polaroid della vita: ci sono canzoni come quelle cantate in macchina mentre si è in viaggio verso il mare, una maglietta troppo piccola che ti fa capire come questi ragazzetti crescono veloci, mani «pennarellate» che il sapone fa fatica a ripulire, briciole sotto la sedia, peluche consumati dagli abbracci. Ci sono i primi disegni, le parole storpiate, voti e pagelle con l’immancabile ansia da prestazione. La nostra. E poi ci sono amori, bisticci e delusioni, le domande difficili sulla vita e la morte.

La mamma in mezzo. A dar risposte, a inventar favole, ad alzarsi la notte, a propinare consigli e misurini di sciroppo. Tante cose da dire e da fare, tante strade ancora da percorrere, molte corse interminabili che sono tutte da vivere. Di fretta, accidenti, sempre di fretta. E non si tratta di mamme lavoratrici, o casalinghe o iper perfette. Che tanto poi, perfette, non lo sono mai. Il fatto è che siamo tutte sulla stessa barca, tra problemi di geometria e l’ennesima tonsillite, arrabattandoci con i surgelati, sconfitte dalle macchie di gelato su vestine che un tempo erano immacolate.

Sempre lì a controllare la posta sul cellulare ma anche a scattar foto con Instagram, a meravigliarsi per le stramberie inventate in una sessione di gioco al parco, estasiate da quel ridere sottile e leggero che tanto scalda il cuore e ci solleva dalla stanchezza. Perché in fondo ci siamo noi davanti a quei musi sporchi di cioccolato, a rimproverarci di non esserci abbastanza, o forse di esserci anche fin troppo.

Poi, in una giornata piovosa, la piccolina si attacca alla gamba e stringe forte mentre la mano paffuta del grandicello si incastra perfetta alla mia. Siamo anime gemelle, mamme e figli, in un legame straordinario: perché ci saranno sempre quegli occhi curiosi, attenti, mai banali. E incredibilmente appassionanti.

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