Un mammut e i garibaldini?
Una serata al museo Caffi

Cosa c'entra un mammut con i garibaldini? Per scoprirlo è stata organizzata una serata all'insegna dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Una mostra racconta l'insolito legame tra un reperto esposto al Museo Caffi di Bergamo e le camicie rosse.

Cosa c'entra un mammut con i garibaldini? Per scoprirlo è stata organizzata addirittura una serata all'insegna dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Una mostra permetterà di cogliere l'insolito legame tra un reperto esposto al Museo di Scienze Caffi di Bergamo, una zanna di mammut portata in Bergano dal garibaldino Alessandro Venanzio di ritorno dal luogo di prigionia in Siberia dove era stato condannato ai lavori forzati, e gli uomini con le camicie rosse. Appuntamento sabato 16 luglio dalle 19.

Il reperto è stato donato da Venanzio alla sua città natale, a memoria dei patimenti degli anni di lavori forzati conclusi il 25 novembre 1866.

Fa la sua bella figura, nella sala paleontologica del nostro Museo di Scienze Naturali, specie ora che accanto ad essa spicca la sagoma rossa di un garibaldino. Stiamo parlando di una zanna, una signora zanna, tale non solo per le dimensioni (1,60 di lunghezza per 26 cm di circonferenza), ma perché apparteneva non a un semplice elefante (pachiderma  a rischio di estinzione) ma ad un suo antenato estinto da un bel pezzo, un mammut.

Potrà stupire, forse, la presenza della sagoma garibaldina, anche se in quest'anno del centocinquantenario il riferimento al Nizzardo è molto diffuso e qualche volta poco pertinente. Ma non in questo caso no, perché a donare la zanna, portata dalla lontana Siberia in circostanze davvero speciali, fu proprio un garibaldino, bergamasco ovviamente.

Alessandro Venanzio (1836 – 1911) era agli inizi del 1859 un giovane patriota “colpevole” di aver schiaffeggiato un ufficiale austriaco durante un alterco di massa al Teatro della Società di Città Alta. Dovette tagliare la corda alla svelta, si arruolò nei Cacciatori delle Alpi con Garibaldi, poi fu Volontario d'artiglieria in Emilia.

Nel 1863 ebbe la sfortunata e pur romantica idea di seguire Nullo e Gigio Caroli in Polonia, in soccorso dei Polacchi ribellatisi allo Zar. Finì subito male, come si sa, per Nullo; quanto agli altri, condannati a morte, ebbero la pena commutata, grazie ad un intervento di Vittorio Emanuele II, nella deportazione in Siberia, dove il povero Caroli morì durante una rissa con altri galeotti.

Andò meglio al Venanzio e al suo compagno Antonio Gipponi di Seriate che furono amnistiati nel novembre 1866. Certo, la permanenza «nella Siberia orrenda», con tanto di «indicibili torture», segnò il Nostro, che anche nei momenti peggiori non dimenticò comunque la Patria; aveva trovato sulle rive del lago Baikal una zanna di mammut, e decise di offrirla come ricordo alla sua città.

Immaginiamo i nostri due bergamaschi, con quel peso tutt'altro che indifferente al seguito, decisi comunque a portarlo a casa a qualunque costo, da autentici testoni patriottici. Il viaggio di ritorno fu davvero terribile, specie su un treno in cui i due orobici furono rinchiusi a chiave in un carrozzone cellulare, «pigiati con una folla di prigionieri sì come acciughe nei barili».

«Scarsissima penetrava nell'interno l'aria e la luce, donde un tanfo nauseabondo che mozzava il respiro, si poteva più propriamente chiamare una latrina ambulante». Insomma, quando i nostri pendolari si lamentano, pur a ragione, delle condizioni dei vagoni che utilizzano, bisogna sempre ricordar loro che c'è sempre chi se l'è passata decisamente peggio.

Oltretutto, in diverse occasioni, ufficiali di polizia russi, morsi da inattesa cupidigia, cercarono di sequestrare la pesante zanna, alla fine il Gipponi, per preservarla all'amico, «dovette privarsi di denaro e di care memorie personali». In Polonia, infine, alcuni collezionisti tentarono invano di acquistare la zanna, ma non ci fu nulla da fare e i Nostri, appena tornati a Bergamo, offrirono il reperto al Municipio «che volle rimborsarne la spesa del trasporto in ferrovia dal confine austro-russo in Patria».

Un ultimo dato sulla zanna. A detta del prof. Enrico Caffi, direttore del Civico Museo di Scienze, ora a lui intitolato, doveva appartenere ad individuo non vecchio, in ragione delle sue dimensioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA