Rossini dal gusto pop
per una Cenerentola energica

Ha aperto alla danza il Bergamo Musica festival edizione 2011, affidandosi sabato sera 10 dicembre (e in replica domenica 11 alle 15,30) a Charles Perrault e alla più celebre delle fiabe, Cenerentola, e nello stesso tempo scommettendo su Rossini e sulla sua musica.

Ha aperto alla danza il Bergamo Musica festival edizione 2011, affidandosi sabato sera 10 dicembre (e in replica domenica 11 alle 15,30) a Charles Perrault e alla più celebre delle fiabe, nello stesso tempo scommettendo su Rossini e sulla sua musica, suonata dal vivo con buona intenzione dall'Orchestra filarmonica italiana diretta da Giuseppe Acquaviva.

Una «ouverture» dai cromatismi netti e tersi, quella messa in scena sul palco del Teatro Donizetti, introdotta da un giocoso effetto in bianco e nero, da teatro delle ombre, che ha sagacemente sintetizzato la genesi della vicenda della sfortunata Cinderella sulle note dell'ouverture dell'omonima celeberrima opera del compositore pescarese.

La Cenerentola del coreografo Giorgio Madia, frutto della coproduzione tra Fondazione Teatro Coccia di Novara e il Festival donizettiano bergamasco, ha portato la Compagnia Balletto di Milano a cimentarsi con le musiche di Rossini ma, si badi, traendo i materiali sonori solo in parte dal famoso titolo lirico, assommando e mettendo agli atti le forze motrici e ritmiche di diverse pagine rossiniane.

Un put pourri che ha toccato, con tagli e adattamenti, varie sinfonie ed estratti d'opera, da La gazza ladra a Il signor Bruschino, da Guglielmo Tell a Il barbiere di Siviglia, a L'italiana in Algeri, oltre a pagine cameristiche e strumentali. Partiture dunque piegate alla logica della narrazione coreutica, assai più che a quella della coerenza musicale.

Spesso quasi didascalico nel marcare le tappe della vicenda, Madia ha reso centrali le figure comiche delle sorellastre e della matrigna, naturalmente affidate ai muscoli improbabili e alla goffaggine caricaturale di ballerini maschi, divertenti e sopra le righe, orientando prepotentemente il carattere comico dell'insieme e quasi isolando il carattere più lirico del solo e del «pas de deux» centrali.

Il balletto, diviso in due parti, ha preso energia e carattere, nello stesso tempo delimitando la propria gamma espressiva, proprio a partire dal tono prorompente degli inizi operistici rossiniani. Ha così avuto il sopravvento una sorta di estetica dello start, che ha costretto le coreografie dentro la vitalistica cinetica dei ritmi rossiniani. Una giustapposizione di quadri scanzonati e vitali, in tono con la giocosità di questa fiaba non fiaba.

Un Rossini, o quantomeno una sorta di caricaturale spezzatino sonoro rossiniano – e l'associazione gastronomica non vuole essere offensiva, Gioacchino docet! –, dal gusto pop, anche nell'ambientazione anni cinquanta e nelle tinte pastello dei costumi di Cordelia Matthes, che ha consentito un repertorio coreutico alquanto vasto, con esibizione di ampie risorse tecniche e stilistiche.

C'è stato spazio per la danza classica, così come per il moderno e contemporaneo, in un applaudito vortice gestuale spesso piacevolmente adagiato e modellato sui ritmi rossiniani.

Renato Magni

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