Martinengo: svelato il mistero
degli affreschi nell'ex monastero

Gli affreschi di Martinengo ricevono una precisa attribuzione e una nuova ipotesi di datazione, grazie a una nuova lettura storica compiuta da padre Anacleto Mosconi, francescano bresciano da lunghi anni al Convento di Sant'Angelo di Milano.

Gli affreschi di Martinengo ricevono una precisa attribuzione e una nuova ipotesi di datazione, grazie a una nuova lettura storica compiuta da padre Anacleto Mosconi, francescano bresciano da lunghi anni al Convento di Sant'Angelo di Milano.

Storico dei francescani della Lombardia, 97 anni, ancora lucidissimo e amabile conversatore, padre Mosconi ha scovato per ora il nome di battesimo dell'autore ignoto degli affreschi dell'aula pubblica dell'ex monastero di Santa Chiara, il cosiddetto Maestro di Martinengo, appunto. Si chiamerebbe Pietro Maria.

Inoltre il religioso sposterebbe l'esecuzione dei meravigliosi affreschi di circa cento anni: non risalirebbero quindi alla fine del Quattrocento, bensì al Cinquecento, più precisamente alla decade tra il 1570 e il 1580. In base a quali elementi, padre Mosconi, elabora questa ipotesi?

«Parto da alcuni documenti che ho trovato nella Curia di Bergamo - spiega il religioso -. Sì, da quelle carte ho ricavato alcune precisazioni...». La fondazione del monastero di Santa Chiara è dovuta «alla pietà di Tisbe Martinengo, moglie del condottiero Bartolomeo Colleoni - spiega Mosconi -. Fondato su domanda di Tisbe, che poi morì nel 1471, venne cominciato nel 1474 dal Colleoni per esaudire appunto un voto della moglie. Le clarisse vi si insediarono nel 1479, provenienti dal monastero cittadino di Rosate».

La chiesa di Santa Chiara è divisa in due aule distinte: quella aperta al pubblico, attuale Sacrario dei Caduti, e quella monastica, ornata da affreschi attribuiti al maestro di Martinengo (questi, nella fattispecie, vennero restaurati nel 1963 dal bergamasco Giuseppe Arrigoni).

La ristrutturazione dell'intero complesso monasteriale fece emergere nel 1972 i frammenti affrescati dell'aula pubblica che riguardano episodi agiografici della vita di Santa Chiara, tra i quali la sua Vestizione religiosa da parte di San Francesco, la Visita alla Santa, «non di Innocenzo IV, come spesso è stato erroneamente detto, ma di papa Gregorio IX in occasione della canonizzazione di San Francesco e non di Chiara come hanno scritto», precisa padre Mosconi, autore anche del libro I conventi francescani del territorio bergamasco.

Padre Anacleto quindi si sofferma sul primo affresco a sinistra dell'altar maggior, che ritrae la cerimonia della monacazione di Santa Chiara. Descrive la scena: «Inginocchiata, tiene in mano una candela accesa. In testa, il velo bianco, mentre San Francesco le impone lo scapolare e la benedice. Mentre sulla mensa dell'altare spicca vistosamente la ciocca dei capelli biondi appena recisi, segno della sua giovinezza consacrata al Signore e inizio della vita nuova di Chiara, del sogno di Francesco e della fondazione del secondo ordine delle Clarisse. Accanto, due frati, il cugino fra Rufino e fra Silvestro con in mano un libro liturgico, anch'essi testimoni storici. Hanno lo sguardo stupito per l'insolito avvenimento».

A questo punto padre Mosconi evidenzia con forza la presenza di «una misteriosa A maiuscola tatuata sulla guancia destra di Chiara, che qui è distratta; guarda proprio fuori campo qui Chiara...». Secondo Mosconi si tratterebbe di «una distrazione voluta». E la misteriosa A che cosa starebbe a rappresentare? Sarebbe un esplicito riferimento al nome della «badessa Angelica Mariani che, secondo i documenti trovati in Curia, coprì il ruolo di badessa del monastero di Santa Chiara dal 1577 al 1584 , quindi l'affresco deve collocarsi proprio in quel lasso di tempo».

Sempre in questi documenti si dice che «il pittore avesse 30-35 anni, come la badessa, quando dipinse gli affreschi. La mia lettura non è da critico d'arte, quale non sono, bensì da storico». La badessa Angelica pare venisse da una famiglia «molto importante di Martinengo. Aveva un fratello prete, Francesco Mariani, che fu parroco di Sforzatica». In questi documenti si precisa che «la badessa stava ore col pittore: per questo motivo, visto che era lei a dirigere i lavori, la fantasia corre a pensarla non solo maestra ma anche possibile modella», commenta padre Mosconi, che poi aggiunge: «Doveva essere una donna molto intelligente e molto forte. Una donna del Cinquecento di straordinaria personalità».

Sempre in questo affresco a sinistra dell'altare maggiore, appare alle spalle di Chiara un nucleo familiare, nel quale si identificano la moglie del Colleoni, Tisbe, e le tre figlie, tutte devotamente inginocchiate. Dietro, c'è lo stesso Colleoni «con la caratteristica berretta di capitano delle milizie della Serenissima e accanto il suo scudiero». L'affresco in questione esalta quindi in luogo pubblico e sacro la famiglia Colleoni.

Invece il secondo affresco all'interno della chiesetta, a destra dell'altar maggiore, illustra un altro episodio della vita di Chiara, tramandato dal libro dei Fioretti: si racconta che una volta il papa Gregorio IX andò da Chiara per udirla. «Illustra la visita di Gregorio IX al monastero delle clarisse avvenuta durante il soggiorno del papa ad Assisi per la canonizzazione di San Francesco il 16 luglio 1228. Ma non si tratta di Innocenzo IV come era stato detto... ». Il papa dice a Chiara di benedire il pane e i pani sulla tavola ricevono l'impressione della croce.

Mariella Redaelli

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