Ecco gli scherzi del digitale
No password, no film in sala

Oggi doveva uscire la recensione di «Anni felici» di Daniele Luchetti, in prima visione giovedì sera, ore 21, in città al cinema San Marco. Non è uscita per colpa del... computer. Non il nostro (anche se lo usiamo non per amore ma per forza) ma quello del cinema.

Oggi doveva uscire la recensione di «Anni felici» di Daniele Luchetti, in prima visione giovedì sera, ore 21, in città al cinema San Marco. Non è uscita per colpa del... computer. Non il nostro (anche se lo usiamo non per amore ma per forza) ma quello del cinema o, meglio, del sistema digitale che, con tutti i vantaggi che può avere, ha pure i suoi (angoscianti) svantaggi.

L'hard disk che ha sostituito la pellicola si mette in funzione, come succede per ogni computer, solo se «comandato» da una password, differente per ogni sala che lo proietta. Se questo lasciapassare non c'è l'immagine elettronica compressa nel disk non compare e addio proiezione. È proprio questo che, per un caso fortuito, è accaduto martedì sera al San Marco.

Nonostante i lodevoli sforzi del responsabile per ottenere, sempre via computer, la «parola d'ordine», questa, essendo superprotetta, dopo oltre un'ora con una ventina di spettatori volenterosamente in attesa, non è arrivata in tempo utile. Pazienza.

Questo per dire che la digitalizzazione non è poi quel miracolo tecnologico che si va decantando. Con la vecchia pellicola non c'era nessuna password. Bastava «montarla» sull'apposita bobina e la proiezione poteva partire seduta stante. Tutt'al più la pellicola poteva «saltare», ossia rompersi.

Capitava spesso alle copie che si usuravano dopo tanti «passaggi» entro i rocchetti del proiettore. Ma bastava incollarla con una pennellatina di acetone e tutto riprendeva come prima. La pellicola «era» il cinema, infatti non per niente è anche sinonimo di film.

L'hard disk che cos'è? Scriveva Carlo Montanaro in «Dall'argento al pixel» (Le Mani, 2006): «Il cinema digitale, alla fine, è un'altra cosa rispetto al cinema e basta. Forse rappresenta l'unica conquista dell'umanità che, dopo essersi costantemente evoluta nel tempo, nell'ulteriore perfezionamento tecnologico va perdendo di qualità. Certo ci si abitua a tutto e quindi non sarà un dramma perché esiste gradualità nella velocità dello sviluppo. Ma toccherà ai musei del cinema insegnare alle generazioni appena dietro di noi il «come eravamo» delle immagini in movimento». Ipse dixit.

Franco Colombo

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