Il Nobel Cohen-Tannoudji:
chi fa scienza dovrebbe insegnare

«La scienza cambia la nostra visione del mondo». Ha chiuso con un decalogo di principi Claude Cohen-Tannoudji, Premio Nobel per la fisica nel 1997, venerdì sera 18 ottobre in un Teatro Donizetti gremito, nonostante argomento e taglio non proprio popolari.

«La scienza cambia la nostra visione del mondo». Ha chiuso con un decalogo di principi Claude Cohen-Tannoudji, Premio Nobel per la fisica nel 1997, venerdì sera 18 ottobre in un Teatro Donizetti gremito, nonostante argomento e taglio non proprio popolari della conferenza per BergamoScienza: «Luce e materia», con introduzione di Edoardo Boncinelli, presidente del Comitato scientifico della relativa Associazione.

«Fare scienza» per Cohen-Tannoudji «significa avere entusiasmo, non è routine». È «una grande avventura, parte integrante della cultura, come l'arte». Ricorda il suo maestro, all'École Normale Supérieure, il Nobel Kastler che, una volta in pensione, si era iscritto a Matematica e sedeva fra gli studenti ad ascoltare le lezioni: «Ora ho più tempo, voglio dedicarmi a imparare».

Ancora: «Ricerca e insegnamento non possono andare disgiunti, chi fa ricerca deve anche insegnare». Per imparare bisogna stare anche in cattedra, «solo spiegando le cose agli altri si fa piena chiarezza». Bisogna essere «sempre aperti al dialogo, al confronto, cercare il consenso della comunità scientifica». Promuovere, infine, l'approccio scientifico: «Il modo migliore per proteggerci da intolleranze e fondamentalismi, oggi tanto pericolosamente diffusi nel nostro mondo». Applausi scroscianti.

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