Al Festival Michelangeli
la pianista Colleen Lee

Il lungo viaggio del Festival Michelangeli si conclude stasera (alle 21) approdando definitivamente ad Oriente. Dopo le «Variazioni Goldberg» si torna in Cina e a Tan Dun. Al Teatro Donizetti è in programma un concerto della Hong Kong Sinfonietta diretta Yip Wing-Sie, con la pianista Colleen Lee. In effetti, più che una serata orientale, si tratta di un vero e proprio concerto di sintesi tra Oriente e Occidente. I protagonisti sono tutti cinesi, anche se in varia misura si sono formati o perfezionati anche in Occidente. A partire dalla direttrice musicale dell'orchestra, Yip Wing-Sie, che dalla natale Canton si è spostata per fare i suoi studi al Royal College of Music di Londra.

La sua attività musicale è di consolidato respiro internazionale, sia alla guida di grandi orchestre, che con la Hong Kong Sinfonietta. L'orchestra, anche se fondata solo nel 1990, è una delle orchestre cinesi più gettonate nel nostro continente. Ha suonato sotto direttori illustri, come Askenazy o Hogwood, e ha una particolare predilezione per il repertorio contemporaneo: sono più di cinquanta le commissioni eseguite in prima assoluta. A metà tra la città natale e Hannover il percorso della pianista Colleen Lee, lanciata a livello internazionale dalla vittoria al Concorso Chopin 2005 di Varsavia. Tra Novecento e il nostro secolo si muove invece il programma, che propone due grandi capolavori di Ravel e Bartók, a fianco del Concerto YI0 di Tan-Dun, compositore emblema di questo 46° Festival. La parola d'ordine in questo caso potrebbe essere contrappunto.

Un contrappunto allargato ed esteso nel suo significato e nella sua applicazione. All'insegna del collage è il Concerto YI0 di Tan Dun: il musicista cinese utilizza temi e materiali tratti da sue opere precedenti (l'opera Marco Polo, 1996, brani cameristici come Eight Colors for String Quartett, 1988, in Distance, 1987, Silk Road, 1989) dove, come già si è ascoltato, combina le sonorità alternando atmosfere leggere e rarefatte ad altre densissime e sbalzate da potente ritmica. «Classico», come dice lo stesso autore, «alla maniera di Mozart» - (che viene rievocato) - è il Concerto per pianoforte e orchestra in sol maggiore di Ravel: completato nel 1931 è una pagina che rilegge con raffinatezza e acuta sensibilità timbrica il concerto con pianoforte, anche se le scritture non tradiscono l'inconfondibile nitore neoclassico del maestro francese. Infine un capolavoro della musica novecentesca è la Musica per archi celesta e percussione (1936), miracolosa sintesi di elementi della musica magiara e una struttura incredibilmente complessa: quattro tempi, tra cui un fugato in apertura (Andante tranquillo) si sviluppano diversamente sopra un unico materiale tematico.

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