Diciassette anni fa moriva De Andrè
Libro di Ansaldo ne rinverdisce il mito

Diciassette anni fa, l’11 gennaio 1999 moriva Fabrizio De André. Il cantautore genovese che aveva cambiato faccia alla musica leggera italiana, il più importante innovatore dopo il ciclone Modugno, scomparve a soli 59 anni stroncato da un tumore.

Ma quanto è stato importante, per almeno un pugno di generazioni, Fabrizio De André? Quanto hanno contato, per schiere di uomini e donne, le sue canzoni? E che cosa manca, ancora, alla comprensione integrale della sua opera e della sua figura?

Se lo domanda il giornalista e scrittore Marco Ansaldo, che ha dedicato all’autore di «La canzone di Marinella» e di altre decine di successi, un racconto biografico intenso e commosso in cui percorre gli anni più creativi del cantautore, senz’altro la figura più importante di quel fenomeno musicale definita la «scuola genovese», che oltre a De André comprendeva Gino Paoli, Bruno Lauzi, Luigi Tenco e i fratelli Reverberi.

Il libro, che ha per titolo un verso struggente della canzone «Amico fragile», «Le molte feritoie della notte » (Utet, 191 pp., 12,75 euro) «illumina i volti nascosti di Fabrizio De André» ed è una discesa nell’ambito della spiritualità del cantautore, la stessa che traspare in molte delle sue canzoni e che fanno di lui una sorta di generoso dispensatore di solidarietà, amore e compassione.

Sentimenti che, specifica Marco Ansaldo, De André ha espresso in «130 pezzi singoli pubblicati a proprio nome, altri 88 con una presenza indiretta o nascosta ma determinante. Fanno in tutto 218 titoli. Brani che sono diventati, quasi sempre, dei classici. Alcuni hanno segnato, inequivocabilmente, il XX secolo, continuando il loro effetto in questi primi due decenni del nuovo millennio. Opere di genio. E la gente, il pubblico, lo sentiva, alimentandone il mito».

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