Ricordare Emilio Nembrini con una mostra

Ricordare Emilio Nembrini con una mostraSensibilità artistica, padronanza tecnica, rigore compositivo: sono questi gli ingredienti che hanno informato tutto il percorso artistico di Emilio Nembrini, il pittore bergamasco che, nato a Pradalunga nel 1912 si è spento il 1° giugno dello scorso anno.

Ora la mostra commemorativa aperta fino a domenica 15 giugno nella Sala Camozzi della Provincia di Bergamo gli rende omaggio, ripercorrendo il suo itinerario pittorico attraverso i temi più frequentati, dai ritratti alle nature morte, dai paesaggi al soggetto sacro.

Nella pittura da cavalletto come negli affreschi, con i quali ha rivestito le pareti di tante chiese nella bergamasca, in Italia e anche all’estero, si colgono alcuni valori costanti, portati avanti con coerenza fino alla fine. A partire dal grande senso della tradizione sentita come attenzione al disegno, alla compattezza dei volumi, all’equilibrio della composizione, insomma come necessità di un ritorno alla disciplina ferrea del mestiere. Si, perché per Nembrini la padronanza tecnica è la base fondamentale per l’elaborazione di un linguaggio autonomo che voglia rifuggire dai compiacimenti virtuosistici e dai messaggi cifrati per comunicare, con chiara e limpida narrativa, direttamente al cuore dello spettatore.

Per capire, basta uno sguardo al volto severo e concentrato con il quale l’artista si autoritrae davanti alla tela. «Le principali caratteristiche dell’opera (sacra) di Nembrini - scrive Sem Galimberti nella bella monografia edita in occasione della mostra da Grafica Arte - stanno nella sicurezza del disegno, nella composizione armonica che anima i personaggi dalla gestualità composta, senza enfasi o eccessivi trasporti… Arte e religione, mestiere e ispirazione, libertà espressiva e rispetto dei canoni, tradizione e innovazione».

Tutta l’arte di Nembrini si basa su un sapiente dosaggio dei sentimenti dove l’emozione, invece di invadere la tela e stravolgere la composizione, si pacifica in atmosfere di serenità e dolce mitezza, nella dimensione più intima dello sguardo che dalle figure composte, nei ritratti come negli affreschi, guarda sempre dritto verso l’osservatore. I ritratti diventano momenti di quiete, i bozzetti per la decorazione delle chiese illustrano la vicenda sacra con il tono affettuoso del quotidiano, i paesaggi si stemperano nella visione poetica e le nature morte offrono, nelle loro pastosità, puri succhi di colore.

(12/06/03)

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