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La quotidianità riconfigurata dal lockdown negli scatti di “CoviDiaries”

Articolo. Da oggi fino all’8 novembre in due luoghi simbolici di Bergamo: le fotografie del progetto di Parallelozero ci aiutano a ritrovare i tasselli dell’esperienza del confinamento

Lettura 3 min.

C’è qualcosa di inspiegabile nella capacità delle immagini di aiutarci a prendere la misura delle cose. Nella memoria di molti, l’inizio del lockdown si collega a sequenze ben precise. Come i banchi della frutta e della carne vuoti, le statistiche, i voli e gli eventi cancellati, gli applausi e i canti alle finestre, i discorsi in tv ogni sera, i reparti della terapia intensiva che bucano gli schermi.

Eppure dopo tutto il caos esteriore e interiore in cui ci siamo trovati inaspettatamente immersi (in particolare nei primi giorni), la prima vera misura di ciò che stava accadendo l’ho presa solo davanti al vuoto. Una raccolta di sequenze catturate dalle telecamere di sorveglianza sparpagliate per tutta la Penisola, che voyeuristicamente mostravano le città avvolte da una quiete totale, meravigliosa e al tempo stesso inquietante.

Nell’aria solo lo scrosciare delle fontane, i rintocchi delle campane o lo stridore dei gabbiani – quando dall’entroterra l’occhio della telecamera si spostava verso le località marittime. Uno smarrimento metafisico, il solo capace di farmi prendere atto del senso di disperata alienazione che in misura più o meno grande abbiamo vissuto tutti.

Fatiscenti città fantasma dall’esterno, custodi di vita pulsante all’interno, talvolta resa manifesta da cartelli esposti alle finestre, bandiere arcobaleno aggrappate ai palazzi di periferia o nel faticoso lavoro del personale ospedaliero, testimoniato da scatti e video.

Una fascinazione conturbante per restituire un senso a tutto questo. Proposito di cui si è fatta carico una mostra giunta ieri all’interno di due luoghi simbolici di Bergamo, città diventata un simbolo della pandemia.

A darle vita quella straordinaria scrittura della luce che è la fotografia, messa in moto dall’associazione Parallelozero di Milano e ospitata all’interno dell’edizione 2020 di “Fotografica, il Festival di Fotografia di Bergamo”. È questa agenzia milanese ad aver realizzato nei mesi di lockdownCoviDiaries”: un progetto narrativo fatto di storie, video e fotografie pensato come un diario da sfogliare, per ritrovare le nostre esistenze durante i momenti più duri della pandemia.

Quasi a voler dire che ciò che è scritto con la luce si impressiona nella mente, l’associazione Fotografica in collaborazione con il Comune di Bergamo propone dunque una versione straordinaria del suo festival, con due diverse esposizioni nate dalla selezione delle immagini di “CoviDiaries”.

Un promemoria per noi stessi più che per i posteri. Fino al prossimo 8 novembre troveremo da un lato “Le nostre vite sospese” dedicata agli scorci di vita quotidiana durante il lockdown ed esposta nella centralissima piazza Vittorio Veneto lungo il Sentierone. Dall’altro c’è “Faccia a faccia con il virus” omaggio al personale medico e sanitario durante la lotta al Covid-19, ospitato nell’ingresso dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII.

Le nostre vite sospese – c/o Piazza Vittorio Veneto (Bergamo)

Cominciamo dal cuore di Bergamo. Sono trenta gli scatti dislocati nel contesto della piazza Vittorio Veneto e raccolti sotto il titolo di “Le nostre vite sospese”. In un mix tra fotoracconto e reportage giornalistico, le immagini narrano le giornate del lockdown in rigoroso ordine cronologico, attraverso gli occhi delle persone comuni che lo hanno vissuto. Dalle chiusure dei locali il 24 febbraio scorso, fino alla prima riapertura del 3 giugno, l’esposizione conduce i presenti attraverso una carrellata di momenti talvolta familiari, altre volte iconici, con i quali nel tempo abbiamo più o meno imparato a familiarizzare.

Un lungo processo fatto di nuovi ritmi, di una quotidianità riconfigurata e lontana da quella a cui eravamo abituati con cui siamo dovuti scendere a compromessi. Uno strano cocktail di messe in streaming, striscioni arcobaleno, città turistiche deserte, animali selvatici che si riappropriano degli spazi urbani, lotte alla ricerca di un capro espiatorio. E poi gli ospedali al collasso, il senso di solitudine colmato da un’iperconnessione vissuta spesso come (illusoria) salvezza o come presenza invadente e fredda.

Ci siamo dovuti abituare a non stropicciarci gli occhi, a lavarci continuamente le mani, a stampare ogni giorno una nuova autocertificazione e convivere con la solitudine e con i dubbi, alla ricerca di un senso che forse in fondo non c’è. E le foto in questo senso sono una consolazione, la nostra opportunità di rispecchiarci e tornare a riconoscerci, ritrovando quel pezzetto di noi che credevamo sepolto e sospeso nella penombra di una primavera persa. Chissà che non vi si riesca a scorgere anche una parte di quei propositi rimasti inespressi che ci eravamo promessi di realizzare. Perché in fondo in quegli scatti ci siamo un po’ tutti.

Faccia a faccia con il virus – c/o Ospedale Papa Giovanni XXIII, Bergamo

Un veloce volo e ci troviamo nel secondo luogo simbolo dell’emergenza a Bergamo e forse di tutta Italia. All’Ospedale Papa Giovanni XXIII veniamo accolti da alti, esili pilastri che svettano susseguendosi in una maglia regolare a formare una pergola per la mostra “Faccia a faccia con il virus”.

L’ingresso della struttura si trasforma in una volta celeste immaginaria, animata dalla costellazione del Caduceo, oggi simbolo dei medici e farmacisti, a sottolineare la funzione di fulcro dell’ospedale durante le fasi più drammatiche dell’emergenza.

Sei grandi stelle formano così una freccia: Valeduto, in punta a rappresentare la salute e la sua importanza prioritaria, affiancata lateralmente dalle luminose Camomilla e Accetta. Rappresentazione dei medicamenti la prima e strumento dei chirurghi la seconda, custodiscono al loro centro Clavis Vitae, ovvero la “chiave della vita”, stella delle Levatrici. Infine, lungo un’unica linea retta, ecco apparire le due stelle più grandi dell’intera costellazione: Hippocrates, in onore dell’omonimo medico e al suo giuramento, e in chiusura Galenius, dedicata ad un altro grande medico della Roma imperiale, considerato il precursore della medicina moderna.

Più in basso, un grande nastro d’oro proietta la costellazione tra i pilastri, guidando i presenti attraverso lo spazio, fungendo allo stesso tempo da sostegno alle sedici immagini della mostra. Scatti che ritraggono i reparti della terapia intensiva, i volti nascosti dietro mascherine e le tute, il personale sanitario e i sopravvissuti. Momenti estenuanti fissati per sempre, dove autenticità, senso di responsabilità e dedizione si condensano, in un omaggio a chi si è trovato a fronteggiare l’emergenza divenendo così suo malgrado un punto cardine, una guida, un faro. Così come lo sono le stelle.

Sito Fotografica Festival

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