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“Venere Privata”, il noir nato dal rosa di Giorgio Scerbanenco

Articolo. Venerdì a Predore per Fiato ai libri Stefano Orlandi legge le pagine di uno dei libri più famosi dell’autore d’origine ucraina. Ad accompagnarlo l’armonica di Max De Aloe

Lettura 4 min.

Max De Aloe con l’armonica crea il suono della nebbia, dell’inquietudine e dello sferragliare di una Milano autunnale di sessant’anni fa. La Milano del boom economico, quella delle periferie dove pochi anni prima era stata costruita Metanopoli e dove oggi con San Donato – “fine della corsa, San Donato” – fa capolinea la metro gialla. Uno dei più grandi armonicisti jazz europei per una serata dipingerà il paesaggio sonoro di un capolavoro del noir.

Il luogo del delitto è proprio la cittadella dell’Eni costruita alle porte di Milano nel 1952, dove un anziano alle cinque del mattino pedalando nella foschia trova un cadavere. Si tratta di Alberta Radelli, che nelle pagine di “Venere Privata” di Giorgio Scerbanenco è la vittima di un misterioso omicidio. Su questo accadimento investigherà Duca Lamberti, personaggio creato dallo scrittore italiano di origine ucraina, nonché protagonista del romanzo e di altri tre titoli (“Traditori di tutti”, “I ragazzi del massacro”, e “I milanesi ammazzano al sabato”, tornato in auge gli anni scorsi come ispirazione del titolo di un disco degli Afterhours).

La voce che condurrà il pubblico pagina dopo pagina verso la risoluzione del caso sarà quella di Stefano Orlandi di ATIR Teatro Ringhiera. Attore che ha già cantato e raccontato Milano portando in scena la musica di Jannacci, le parole di Beppe Viola e le pagine di Giovanni Testori.
Venerdì 27 settembre
alle 20.45 all’Auditorium Civico di Predore per Fiato ai Libri, sarà lui ad attrarre il pubblico, insieme a De Aloe, tra le pagine di Scerbanenco, a cui è dedicato l’appuntamento in occasione dei cinquant’anni dalla scomparsa dello scrittore.
Un autore e giornalista la cui prolifica attività letteraria può essere ripercorsa attraverso i numerosi pseudonimi con cui si è firmato negli anni: dalle origini ucraine alle redazioni milanesi, passando per la passione per il western e il ruolo di direttore di riviste femminili. Attività tutt’altro che collaterali a quella di romanziere, spesso sulla spiaggia di Lignano Sabbiadoro.

Vladimir alias Giorgio

Scerbanenco nasce a Kiev nel 1911. Cresciuto in Italia da padre ucraino e madre italiana, si considera sempre madrelingua, ma le sue origini lasciano sempre in lui una sensazione di non appartenenza. Così abbandona il nome Volodymyr-Džordžo Ščerbanenko per usare la versione italiana del suo secondo nome, come scrive nella breve autobiografia “Io, Vladimir Scerbanenko”.
“Sono nato in Russia. Mio padre era russo, mia madre romana. A sei mesi di età mia madre mi riportò in Italia e qui crebbi … D’improvviso, appena arrivato a Milano, verso i diciotto anni, divenni straniero. Fuori dalla mia famiglia, in una città dove nessuno mi conosceva, rimaneva soltanto il mio nome, che era Vladimir Scerbanenko … Io tolsi la k da Scerbanenko e feci Scerbanenco, tolsi anche il Vladimir e usai il mio secondo nome Giorgio”.

Giorgio alias Denny

Negli anni Trenta Scerbanenco arriva in Rizzoli, dove è redattore per Il Secolo Illustrato e diventa giornalista professionista, per passare poi a Mondadori come caporedattore. Sono gli anni di centinaia di articoli e di un’intensa attività redazionale, durante la quale cominciano le sue esplorazioni nel mondo della narrativa di genere, dalla fantascienza, al poliziesco all’americana. È lì che ambienta alcuni suoi racconti firmandoli con lo pseudonimo di Denny Sher. Dietro queste incursioni letterarie c’è anche una motivazione editoriale, che spiegherà proprio la figlia Cecilia in un’intervista a Contorni di Noir: “L’editore chiedeva ai suoi autori sotto contratto di cimentarsi nei diversi generi che più parevano interessare il pubblico in quel momento. […] Bisogna pensare che allora gli scrittori erano molto meno numerosi di oggi e i lettori molti di più, per questo gli autori che girano sono sempre gli stessi, costretti da Rizzoli o Mondadori a cimentarsi in diverse versioni. Che età dell’oro!”.

Giorgio alias John

Rientrato in Italia dopo la fuga in Svizzera negli anni della guerra, Scerbanenco torna a frequentare con doppia identità sia il giornalismo, sia il mondo della narrativa. Un’altra ipotesi, sempre avanzata dalla figlia, è legata all’idea dello pseudonimo successivo: la scrittura diventa occasione per lasciare la briglia sciolta al lato più avventuroso dell’autore: “John Colemoore […] comincia a firmare racconti nel 1946 su Novella e passa ai romanzi nel 1948 con il ciclo messicano”, scrive la figlia nella biografia del padre “Il fabbricante di Storie”.

Giorgio alias Adrian, Luciano e Valentino

Seppur inconsapevolmente, Scerbanenco è in questi anni amatissimo dalle donne italiane, che ignorano la vera identità di chi firma la posta del cuore di alcuni noti femminili della fine degli anni Quaranta e i Cinquanta. La posta di Valentino su Bella e La posta di Adrian su Annabella sono infatti l’evoluzione della rubrica La posta del cuore di Luciano, che il padre del noir teneva su Grazia prima della guerra.
Sono proprio i racconti di vita, i tradimenti, le sofferenze, le inquietudini di quelle lettere a creare il bacino di storie che avrebbero costituito l’immaginario dei romanzi dell’autore, che in un estratto pubblicato dalla figlia dice: “Le lettere da leggere sono tante […] e io vorrei che fossero anche di più, perché la parte più bella del giornale sono le pagine di vita vera. […] Non importa come sono scritte, non mi piace il “bello scrivere” e non mi importa niente degli errori. Quello che importa è che sia un fatto vero, umano e commovente!”.

Finalmente Giorgio

È però lontano da Milano che Scerbanenco abbandona gli pseudonimi e si firma con il suo nome italiano, Giorgio. Nel frattempo si trasferisce a Lignano Sabbiadoro, lascia alle spalle la vita nel capoluogo lombardo, ma porta con sé i luoghi e le atmosfere di Milano. Città che con le sue contraddizioni e la sua cruda durezza è in quel momento qualcosa di diverso della metropoli sfavillante del boom economico.
Così il suo romanzo milanese “Venere Privata” vede la luce in riva al mare e la moglie ricorda la genesi di questo libro in un frammento raccolto dalla figlia Cecilia: “Giorgio lavorava fino a sera tardi […] Aspettavo che mi passasse i suoi fogli appena usciti dalla macchina da scrivere, ritmicamente, a pochi minuti l’uno dall’altro, ed erano perfetti sulla carta vergatina, gialla, sottile, senza una correzione, una ribattitura. Era “Venere Privata”. Nasceva lì Duca Lamberti, il suo figlio di carta, in quel paese di pionieri dove Giorgio aveva scelto di vivere per poter essere più libero di stare vicino alle sue bambine, di scrivere finalmente quello che voleva”.

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