93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

Massimo Pericolo, la vita spericolata è diventata solo decente

Articolo. Un profilo del rapper varesino, fra i più interessanti del momento. Il 3 luglio al Fabric di Bergamo

Lettura 3 min.

Massimo Pericolo è quello che mancava alla scena rap e trap italiana degli ultimi anni. Ovvero un artista in cui l’autenticità diventa una poetica precisa ed esplode in canzoni di denso realismo. Averlo il 3 luglio al Fabric Ex-Reggiani di Bergamo grazie a Sabotage è l’occasione per entrare nell’universo del rapper di Brebbia, provincia di Varese, al secolo Alessandro Vanetti.

L’esordio di MP risale a due anni fa con “Baklava”. Da lì una serie di brani ad affinare uno stile che con “7 miliardi” fa il botto e segnala il rapper come una delle maggiori novità del genere in Italia.

Il brano, uscito a gennaio, ad oggi con oltre 4 milioni di visualizzazioni su Youtube, è frutto del lavoro di produzione di nomi pesanti come Phra Crooker e Nic Sarno. I due creano una base di frequenze volutamente eccessive e caustiche da cui MP scaraventa un testo duro, violento, volgare. “Non so neanche chi è il presidente / Non voto ché tanto non serve / Non mi sposo così scopo sempre / Voglio solo una vita decente” canta in una traccia accompagnata da un video dove brucia la tessera elettorale.

Pochi versi e un’immagine controversa per un manrovescio di realtà che è parte fondamentale dell’immaginario del nostro. Un mix di rabbia esplosa, disincanto e street credibility capace di ritrovarsi in una canzone perfetta negli incastri – mai virtuosi ma sempre efficaci – e nel cluster sonoro della base. In altre parole qualcosa di catartico e a suo modo liberatorio. Soprattutto se confrontato al veloce imbolsimento dell’italo-trap, subito diventata fenomeno commerciale fra meteore (Young Signorino, ne abbiamo parlato qui) e improbabili babau (Sfera Ebbasta). Ovvero personaggi più o meno costruiti ad uso dei social, che la strada l’hanno vista poco o niente e la “ribellione” la praticano a suon di macchinoni, donne ad uso e consumo e marche di prodotti come deprimenti status symbol di un capitalismo raramente così nichilista.

Massimo Pericolo è tutt’altra cosa. Prima di tutto per il percorso di vita compiuto, via da casa diciassettenne, due anni di carcere dopo l’arresto per droga nel 2014 (con lui altre trenta persone, quindi non poca cosa). E poi per la capacità di trasformare un’esperienza di vita difficile in un repertorio di brani che sanno parlare anche a chi non ha toccato il fondo e le pareti di una prigione – ma pure ad un pubblico più largo della solita fascia giovanile adibita al fenomeno trap degli ultimi anni: difatti il nostro sta piacendo anche a molti over 30 e ne stanno parlando un po’ tutti.

Quello di MP è gangsta-rap nella misura in cui non diviene mitologia, bensì odio profondo verso l’Istituzione. Un atteggiamento che da un lato appare “rinunciatario” (come quello di chi, pur avendone diritto, evita di chiedere il reddito di cittadinanza). E dall’altro cova una rivalsa verso una “vita decente”: splendido abbassamento in filigrana a quella vita spericolata del Vasco Rossi anni ’80.

Ma quello al rocker di Zocca non è l’unico riferimento delle canzoni di Vanetti. Dopo “7 miliardi” (“Siamo sette miliardi, fotte un cazzo degli altri / Voglio sette miliardi, ho detto sette miliardi”), il nuovo singolo è “Sabbie d’oro”. Arriva un mese prima del disco “Scialla Semper”, nome dell’operazione antidroga in cui il nostro venne coinvolto. E allarga l’immaginario di MP e le sue tematiche: oltre l’arresto, l’amore difficile eppure in fondo salvifico, gli amici e la provincia.

In questo brano MP non è più spigoloso, ma interiore e istintivamente riflessivo. A supporto la base con il suo livido luccichio di tastiere, gestita dalla produzione chirurgica di Palazzi d’Oriente e sigillata dalla featuring con voce distorta di Generic Animal. Il risultato è un magnifico sguardo impietoso su quella provincia cronica a cui l’autore appartiene. Lontano anni luce dalla versione bonacciona e anni Novanta di Max Pezzali ma vicinissimo a quella banlieu senza possibilità di rivalsa fotografata da Matteo Garrone in “Gomorra” (il film, non la serie). Così il video del brano è tutto un dialogare con la pellicola, sino alla bella citazione della scena della mitragliata sul lago che chiude il clip. Mentre l’incipit del testo è pura bellezza: “Ne ho combinate un paio / E ho fatto l’operaio / Coi soldi su un solaio / Mai stato in un solarium / Coi giudici non parlo / E ho preso più di un anno / L’onore nel mio caso vale più del mio guadagno / Temprato dal paesaggio io che vivo qua / Agitato come il lago che bagna la spiaggia”.

È a questo punto che Massimo Pericolo sorpassa il ruolo di fenomeno da un brano e via e porta sulla scena rap una complessità di visione importante. Grazie ad un mix di consapevolezza, urgenza e autorevolezza, tre parole che spesso mancano nella “musica che gira intorno” del contemporaneo. E che riassunte in una sola significano verità. Quale? La sua: biografica, generazionale, anti-sociologica. E la nostra, di fronte ad un uomo-artista che è prima di tutto credibile e così induce con estrema facilità ad un’immedesimazione solidale.

Le canzoni di “Scialla Semper” potrebbero essere la colonna sonora di una versione senza estetismi del film su Stefano Cucchi “Sulla mia pelle” (nel video di “7 miliardi” sono diversi i rimandi alla vicenda giudiziaria di Giuseppe Uva). E ricordano in un senso attuale – chissà quanto consapevole – anche il Pasolini dei “Ragazzi di vita”, il Testori del “Dio di Roserio” o di “In exitu” e gli ultimi di De André. Spostando però lo sguardo da un punto di vista borghese ad uno che è dentro una periferia urbana divenuta esistenziale. Cioè al di sotto della classe media, innestata in un sottoproletariato catodico. E intenta a carburare una revanche antisistema che mentre dice no future affronta dritto negli occhi il domani per renderlo possibilmente migliore.

Tutto questo è Massimo Pericolo, uno da tenere d’occhio. Fra i pochissimi la cui evoluzione è un punto di domanda fecondo. A fronte di un esordio che, con multiformità e impatto, raramente negli ultimi anni ha detto così tanto su quello che è l’abbandonata, livorosa – e assente e sui media, se non in situazioni disgraziate – ultima fila del paese reale.

Pagina FB Fabric Ex Reggiani