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Dalla Terra alla Luna. La realtà dei viaggi spaziali tra dieci anni o poco più

Articolo. La NASA ha iniziato proprio in questi giorni i test sulle vele solari, dimostrando che i viaggi spaziali sono tutt’altro che fantascienza. Ne abbiamo parlato con Luca Derosa, ingegnere aerospaziale del Politecnico di Torino

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Per non sbagliare è bene prenotare l’esperienza per il 2040, data in cui raggiungere la Luna e soggiornarvi per alcuni giorni, anche in qualità di semplici turisti, dovrebbe essere realmente possibile. Possibili ritardi – in questo caso – sono imputabili solamente all’uomo, in quanto essere imprevedibile, capace di opere geniali come di atrocità indicibili. Se le questioni terrene non oscureranno la luce della Luna, è possibile che, guardandola, la troveremo più vicina e luminosa.

Realisticamente occorre attendere dieci anni almeno, gli stessi trascorsi dall’uscita di «Interstellar», il film di Christopher Nolan che racconta del viaggio di un gruppo di astronauti dentro un tunnel spaziotemporale alla ricerca di un nuovo pianeta abitabile. Dal 2014 (data di uscita della pellicola) ad oggi, il film è diventato un cult e la sua trama comincia a essere decisamente più realistica. Prendere una navicella e partire, infatti, non è mai stata un’azione così concreta come in questo momento. Certo, non siamo ancora al punto in cui ognuno avrà il suo razzo personale per decidere quale pianeta visitare durante le vacanze estive, ma proprio in questi giorni la NASA ha iniziato i test sulle vele solari , dimostrando che i viaggi spaziali sono tutt’altro che fantascienza.

Una conferma che arriva anche da Luca Derosa, ingegnere aerospaziale del Politecnico di Torino con Master alla Stanford University, che ammette: «Entro una decina di anni potremo permetterci alcuni giorni a bordo della prima stazione spaziale attorno alla Luna». Oltre a essere un divulgatore scientifico, l’ingegner Derosa svolge attività di ricerca su propulsione spaziale avanzata e missioni interstellari relativistiche; dal 2009 è CEO della società di ingegneria iMEX.A e dal 2023 è CTO di Skyproxima, società di servizi di mobilità aerea avanzata. Con lui abbiamo parlato di viaggi spaziali.

AS: Ci stiamo abituando alle missioni turistiche di Musk e Bezos, ampiamente pubblicizzate ma ancora lontane dall’immaginario di «Star Trek» con un gruppo di persone lanciato all’esplorazione dello spazio. Se dovessimo tracciare una linea temporale della tecnologia dei viaggi spaziali a che punto saremmo?

LD: Il “turismo spaziale” allo stato attuale è ancora inesistente. Le altitudini che sono state raggiunte non ci permettono di parlare veramente di spazio, ma possiamo anche affermare che non manca molto. Il primo passo verso i veri viaggi spaziali, per non professionisti, riguarderà il raggiungimento dello spazio orbitale attorno alla Terra e avverrà entro un paio di anni. Supereremo la quota immaginaria di 100 km a bordo di navicelle per una permanenza di alcune decine di minuti o al massimo alcune ore, oppure per vivere alcuni giorni all’interno di una delle future stazioni spaziali private. Il passo successivo ci porterà, probabilmente entro una decina di anni, a permanere alcuni giorni a bordo della stazione spaziale Lunar Gateway, la prima stazione attorno alla Luna. Un ulteriore passo in avanti sarà fatto vivendo alcuni giorni sulla Luna, all’interno di moduli permanenti. Si può pensare che ciò possa avvenire non prima di 15 anni da oggi. Seguiranno nei prossimi decenni missioni verso Marte, potenzialmente una stazione orbitante e poi delle strutture sul suolo, e ancora più in là nel futuro ci saranno scenari oggi non ancora ipotizzati. Potremo andare verso altri pianeti del Sistema solare o verso alcune delle loro lune, o ancora intraprenderemo viaggi così ambiziosi da poterli definire interstellari.

AS: Quali sono le tecnologie che hanno dato veramente la spinta – verrebbe da dire la propulsione – all’esplorazione spaziale?

LD: Tra tutti gli sviluppi tecnologici degli ultimi anni, ciò che credo abbia dato la spinta più significativa alla new space economy sono i razzi di SpaceX. Una combinazione vincente di potenze elevate, affidabilità, riutilizzabilità ed economicità. In aggiunta a ciò, si è creato e si sta sviluppando a un ritmo sostenuto un tessuto internazionale di start-up spaziali che insieme agli storici player stanno dando un impulso senza precedenti. Un fermento mai esistito prima che sta rivoluzionando l’intero settore, grazie ad esempio alle comunicazioni laser e quantistiche, all’intelligenza artificiale, ai droni planetari, alla propulsione nucleare, all’in-orbit servicing, all’astrobotanica, ai moduli abitabili gonfiabili, alla stampa 3D e a molte altre innovazioni che cambieranno completamente il modo in cui affronteremo le nuove sfide dell’astronautica.

AS: Proviamo a sognare. Quanto ci si può spingere lontano in termini di distanza dalla Terra e quanto in termini di durata?

LD: Se facessimo una fotografia dello stato attuale, il massimo obiettivo raggiungibile corrisponderebbe alla Luna (distante quasi 400 mila chilometri), per viaggi della durata totale di qualche settimana. Se guardiamo all’obiettivo dei prossimi 15-20 anni, sicuramente possiamo pensare a Marte (distante mediamente più di 220 milioni di chilometri), per il quale un viaggio complessivo può durare un anno o più. Obiettivo ben più ambizioso e spostato temporalmente nel futuro è invece un viaggio umano interstellare, al di fuori del nostro Sistema solare. Con i sistemi propulsivi attuali è impossibile prenderlo in considerazione, in quanto per raggiungere Proxima Centauri, la stella più vicina al Sole, impiegheremmo alcune decine di migliaia di anni per percorre i quattro anni luce abbondanti che ci separano (circa 40 mila miliardi di chilometri). Esistono però molti propulsori avanzati allo studio da decenni, tra cui alcuni che se concretizzati ci permetteranno di arrivare alla meta in poche decine di anni, rendendo così il viaggio affrontabile anche per l’uomo.

AS: Luna e Marte saranno davvero dei luoghi connessi alla Terra? E quando?

LD: La Luna è ormai destinata a diventare entro pochi anni una colonia terrestre permanente, possiamo pensare a un orizzonte temporale per i primi insediamenti umani pari a 15 anni (e non è detto che siano del “fronte” trainato dalla NASA, perché potrebbero invece essere del gruppo a guida cinese). Prima stabiliremo degli avamposti scientifici, per poi sviluppare infrastrutture (abitative, energetiche, per le comunicazioni, eccetera) che permetteranno all’umanità di stabilirsi a tempo indeterminato. Per fare scienza, per attività industriali (pensiamo all’estrazione mineraria), per attività commerciali, per turismo, per attività sportive e così via fin dove l’immaginazione può portarci. Nel primo periodo senza dubbio i viaggi turistici saranno ad appannaggio solo di persone facoltose, ma col passare degli anni (come è successo in ogni altro settore) diventeranno sempre più accessibili.

AS: E Marte?

LD: Per Marte le tempistiche saranno ahimè sicuramente più dilatate. Se dovessimo fare un’ipotesi in base a ciò di cui disponiamo oggi, dovremmo considerare alcuni decenni, ma onestamente mi sembrerebbe poco sensato. La tecnologia si sviluppa in modo sempre più veloce e soggetti come Elon Musk spingono l’acceleratore trainando tutto il comparto spaziale verso progetti ad ambizione crescente. Potremmo quindi anche ipotizzare, basandoci più che altro su un mix di intuito e speranza, che Marte possa diventare un obiettivo concreto in 20-25 anni.

AS: Come saranno i viaggiatori spaziali?

LD: Grazie allo sviluppo delle attività spaziali, nei prossimi anni vedremo verificarsi due fenomeni principali: la figura dell’astronauta, per come la consideriamo oggi, perderà sempre di più il fascino attuale per trasformarsi in una “semplice” professione di supporto, e al contempo nasceranno nuove tipologie di viaggiatori spaziali, professionisti e non professionisti. Oggi gli astronauti rappresentano ancora un piccolissimo gruppo di privilegiati, ma si sta iniziando a osservare un’apertura verso un numero crescente di persone, anche non rispondenti agli standard classici, per sopperire alla futura richiesta. Ne è un esempio l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) John McFall, il primo della storia con disabilità. Diventeranno niente più che dei professionisti del proprio settore, perdendo gli attributi di eccezionalità, in analogia a quanto è successo con i piloti di aerei e il personale di bordo, che oggi non rientrano più nei sogni dei giovani e giovanissimi, in quanto sono diventati lavori al pari di tutti gli altri, grazie all’ampia diffusione dei viaggi aerei. Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale porterà poi, in controtendenza, una diminuzione generale della necessità di manodopera (anche quella specializzata) per lo spazio, contribuendo così a ridurre il numero di astronauti della tipologia attuale. In parallelo, vedremo nascere e diffondersi molte altre figure.

AS: Ad esempio?

LD: Tra i primi ci saranno veri e propri turisti spaziali, come già accennato inizialmente a bordo delle prossime stazioni spaziali attorno a Terra e Luna, poi nei futuri insediamenti permanenti sul nostro satellite e più in là nel tempo verso Marte. Ben più interessanti saranno invece le figure professionali che necessariamente dovranno nascere o svilupparsi maggiormente rispetto alla situazione attuale, per garantire le attività scientifiche, quelle industriali, quelle commerciali e anche quelle turistiche. Avremo molte applicazioni per le quali sarà necessaria una specializzazione spaziale: fashion design, pedagogia, sociologia, comunicazione, estrazione mineraria (per asteroidi, Luna e Marte), fusione nucleare pulita (grazie all’elio-3 lunare), droni e robot planetari, raccolta di rifiuti orbitanti, sport e tecnologie sportive, arte culinaria, agricoltura, coltivazione di carne, diritto, assicurazioni, architettura ed edilizia, psichiatria e così via con molte altre applicazioni, alcune fino a oggi quasi inimmaginabili.

AS: Se pensiamo invece ai viaggiatori spaziali di un futuro più lontano, quelli destinati a lunghi viaggi interplanetari e interstellari?

LD: Si possono immaginare tre soluzioni principali, che potrebbero essere in linea di principio alternative: astronavi con sistemi propulsivi così sviluppati da garantire tempi di viaggio “umani” anche su distanze enormi; astronavi che trasporteranno viaggiatori in condizioni di letargo (in analogia ad alcuni animali) per poter sopravvivere a lunghissimi viaggi senza invecchiare e senza consumare risorse eccessive; oppure astronavi multigenerazionali che trasporteranno vere e proprie comunità, che potranno affrontare viaggi senza un orizzonte temporale finito e pre-determinato.

AS: Imparare a viaggiare nello spazio cambierà anche il nostro modo di viaggiare sulla Terra?

LD: Nel breve termine non credo che ci possano essere influenze sulle tecnologie usate per spostarci a Terra. Vedo invece un’influenza sul modo di essere viaggiatori. Nello spazio sono convinto che faremo il massimo per colonizzare e vivere su altri corpi celesti in modo sostenibile, quindi spero che lo stesso approccio possa diventare sempre più proprio di ogni essere umano, in particolare di ogni viaggiatore, anche sulla Terra. Gli astronauti e i progettisti sanno bene che le risorse nello spazio sono molto limitate, almeno allo stato attuale, e quindi la lotta allo spreco e il riciclo sono parte integrante di ogni missione.

AS: Come fare a mantenerci in contatto con chi sta affrontando un viaggio spaziale?

LD: Se pensiamo ai viaggi umani attuali, quindi non oltre la Luna, le comunicazioni possono essere realizzate con antenne che comunicano direttamente dalla Terra alla navicella e viceversa, oppure sfruttando dei satelliti che facciano da ripetitori intermedi, ad esempio permettendo di mantenere anche le comunicazioni per i futuri astronauti che saranno presenti sul lato nascosto della Luna, per i quali la comunicazione diretta è impossibile. Per i futuri viaggi umani interplanetari, verso Marte o persino altri pianeti del Sistema solare, sarà possibile sfruttare architetture di comunicazione concettualmente analoghe a quelle dette per la Luna. I ritardi nelle comunicazioni aumenteranno però all’aumentare della distanza dalla Terra, per cui sarà impensabile immaginare colloqui o invio di comandi in tempo reale. Se guardiamo invece a un futuro più remoto, durante potenziali viaggi umani interstellari si potranno mantenere le comunicazioni con la Terra sfruttando sonde, con la funzione di ripetitori, dislocate in aree intermedie rispetto alla destinazione o si potranno usare soluzioni nettamente più avanzate come le cosiddette lenti gravitazionali. Grazie a un effetto previsto dalla teoria generale della relatività, con grandi masse (come il nostro Sole) si possono amplificare le onde in arrivo da grandissime distanze, permettendo la comunicazione anche senza potenze o antenne enormi. In tutti i casi l’hardware è solo una parte della soluzione, bisogna anche sempre abbinare software in grado di comprimere il più possibile i segnali senza perdere parti significative.

In conclusione, è bene ricordarci di quanto detto in apertura. Per quanto lineare sia la successione delle tappe scandita dall’ingegner Derosa, lui stesso ammette una «generale propensione all’ottimismo» e ricorda che «fattori impossibili da ipotizzare ora, come conflitti armati, crisi economiche o pandemie, potrebbero rallentare in modo significativo l’evolversi del comparto spaziale». Occorre quindi smettere di sognare? No, come consiglia lo stesso scienziato: «Meglio aggiungere ai numeri un margine di sicurezza, per tranquillizzare anche i più pessimisti».

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