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Ascanio Celestini torna in scena con la storia di Pasolini (che è un pezzo di Storia d’Italia)

Articolo. Con “Museo Pasolini” l’autore-attore romano affronta la vita e l’opera dell’intellettuale nella sua interezza, immaginando un museo di opere materiali e immateriali, per raccontare un frammento di storia italiana. Ma prima ancora di raccontare, per chiedersi che punto di vista scegliere. Il nuovo spettacolo in anteprima per la rassegna “Vicoli” di TAE Teatro domani, sabato 30 ottobre, al Teatro Nuovo di Treviglio

Lettura 4 min.
Ascanio Celestini (Tobe Studio)

Il lavoro teatrale di Ascanio Celestini non è tra quelli che si possono considerare volatili o effimeri, che si ancorano alla meraviglia impalpabile del momento. Per due ragioni: la prima è che ogni produzione dell’autore romano è un’elaborazione lavorata e rilavorata, travagliata a lungo e sviscerata con vari linguaggi artistici. Un esempio su tutti è il percorso de “La pecora nera”: nato come romanzo e monologo nel 2005 (dopo anni di interviste e ricerche sul campo da parte dell’autore), è approdato sul grande schermo nel 2010.

La seconda ragione, legata inevitabilmente alla prima, risiede in quello che Celestini porta in scena: “La pecora nera”, per continuare con questo esempio, evoca l’universo della malattia mentale attraverso la storia di Nicola, vissuto per 35 anni in manicomio. E lo fa, come in altri spettacoli, immergendo lo spettatore nel percorso incalzante del ritmo narrativo, nella tenerezza della risata commossa, nell’onestà del quotidiano che immortala donne e uomini come noi.

Tuttavia, sono sempre percorsi attraversati e tagliati dall’amarezza cruda e impotente di un sistema che ci mastica. Per “Appunti per un film sulla lotta di classe”, ad esempio, l’autore ha scelto di mettere insieme frammenti della realtà di oggi per abbozzare un quadro – in movimento, come fa già capire il titolo – del lavoro precario nel nostro paese.

Sembra quindi giusto che per il suo ultimo lavoro teatrale Celestini si rivolga ad una figura come quella di Pier Paolo Pasolini, a distanza di pochi mesi dal centenario della sua nascita. Non tanto per un’eventuale affinità, di temi o intenti; ma più che altro per la capacità dell’attore romano di raccontare le storie più complesse, strazianti, assolute e controverse – come può essere quella di Pasolini poeta, intellettuale, artista, critico – con una sorta di schiettezza diretta e disarmante, che attraversa i registri.

Celestini, peraltro, non è nuovo all’esplorazione di Pasolini. All’inizio della sua carriera, a fine anni ’90, scrisse e portò in scena insieme a Gaetano Ventriglia il testo “Cicoria. In fondo al mondo, Pasolini”, che raccontava di un padre e un figlio in viaggio attraverso mezza Italia, tra storie ed esperienze condivise, immersi in un immaginario che rimanda a quello pasoliniano.

Vent’anni dopo, Celestini sceglie un punto di vista totalmente diverso e molto particolare: per “Museo Pasolini” si figura concretamente uno spazio museale dedicato all’intellettuale, chiedendosi come costruirlo a partire dalle testimonianze, come organizzare il grandissimo patrimonio delle sue opere, delle sue vicende e delle esperienze. Due spettacoli estremamente diversi, quindi, soprattutto in termini di cosa rappresentava e cosa rappresenta oggi Pasolini per l’autore romano.

“‘Cicoria’ proveniva da un’improvvisazione. Io e Ventriglia ci siamo incontrati per alcuni giorni e abbiamo costruito un testo nel quale si incrociavano storie e modalità performative diverse”, spiega Celestini. “Mi ricordo che a un certo punto ci siamo ispirati a una scena in particolare del film ‘Accattone’, quella in cui il protagonista sogna di essere morto e cerca un posto al sole almeno nel camposanto. Forse ci bastava avvicinarci a Pasolini, ma avevamo bisogno di portare in scena soprattutto quello che immaginavamo di lui, non ciò che davvero aveva prodotto”.

L’intento di “Museo Pasolini” è completamente diverso. Celestini sceglie di osservare in prospettiva l’opera e il vissuto di Pasolini e usarli come specchio di rifrazione per far apparire la storia di un Paese: la nostra, quella della società e di come il passato ci ha portati fino all’oggi.

Da un punto di vista dell’ispirazione, ‘Museo Pasolini’ è il contrario di ‘Cicoria’”, continua Celestini. “Alla base di questo percorso c’è una definizione di Vincenzo Cerami, il suggerimento di prendere ‘tutto insieme’ il lavoro del poeta e ordinarlo secondo cronologia. Questo prima, quest’altra opera dopo, quest’altra opera dopo ancora” per ottenere “il ritratto, il disegno della storia italiana dalla fine degli anni del fascismo fino alla metà degni anni ’70. Con questo spettacolo voglio parlare di un pezzo del ‘900 che riguarda tutti noi. Un secolo che stiamo buttando via con troppa superficialità. Ma non è possibile. Sarebbe come sfilare le fondamenta da sotto una palazzina”.

Per consolidare le fondamenta, quindi, c’è bisogno di chi ricorda, sceglie un punto di vista e racconta. È un’operazione che spetta a chi fa teatro, ma in questo caso riguarda anche l’immaginario del museo, legato alla valorizzazione e alla messa in prospettiva di testimonianze ed elementi, con il rischio eventuale di cristallizzarle in una modalità univoca. E soprattutto con la responsabilità di fare delle scelte.

Secondo l’ICOM (International Council of Museums) le cinque funzioni di un museo sono: ricerca, acquisizione, conservazione, comunicazione, esposizione. Se al posto di oggetti materiali pensiamo a contenuti immateriali possiamo immaginare un museo fatto di parole, storie, ricordi, paure, sogni, idee. Il patrimonio del mio Museo Pasolini è fatto di questi oggetti”, racconta ancora l’attore romano. Non si tratta di oggetti che potremmo vedere in un “comune” museo, però.

Non si possono mettere in una teca e non si possono vendere o rubare. Sono delicati, ma possono resistere a colpi molto forti. Hanno resistito per cent’anni a guerre e genocidi. Proviamo a giocare con le funzioni dell’ICOM e immaginiamo un museo che espone un’utopia. Dove altro dovremmo cercarla se non nel secolo passato? Chiediamoci se la stiamo conservando nel modo migliore. E infine proviamo a esporla. Ecco, questo è il lavoro che ho cercato di fare”.

La selezione degli elementi da usare per percorrere questa narrazione diventa fondamentale. Il nucleo centrale del lavoro di Celestini è rappresentato a tutti gli effetti da questa domanda: cosa esporre nel Museo Pasolini? E per raccogliere spunti e materiali l’autore ha pensato di porla anche direttamente al pubblico, in fase di ricerca.

(“Il primo oggetto che vorrei esporre nell’improbabile Museo Pasolini è un strada.
Trecento metri tra Largo Spartaco e via Selinunte. Trecento metri di case.
Ma anche trecento metri di cielo
”. Dalla pagina Facebook di Ascanio Celestini)

A giugno scorso, infatti, Celestini ha portato al MAMbo di Bologna un’iniziativa performativa dal nome “Appunti per una visita guidata al Museo Pasolini”, pensata per far partecipare attivamente il pubblico e ricevere rimandi e ispirazioni. Gli elementi emersi sono stati tanti e a volte sorprendenti: “Alcuni hanno pensato ai film. La scena del circo tagliata da ‘Uccellacci e Uccellini’ o le battute censurate di ‘Ricotta’. Qualcuno ha pensato agli occhiali che vediamo in tante foto. Mi hanno parlato del calcio, citando per esempio la maglia numero 11 che Citti ha deposto sulla sua bara. Ma l’oggetto che m’è sembrato più interessante è stata la sua ultima automobile. Non per l’oggetto in sé, ma perché propone una prospettiva interessante. A seconda di come la si intenda potrebbe trasformare il museo da luogo celebrativo a un museo criminale. In fondo è anche un’arma del delitto. Ecco, il museo ci pone delle domande. In un’epoca nella quale tutti si sentono di poter commentare e giudicare, il museo contemporaneo ci spinge a una riflessione diversa. Ci dice: entra in silenzio e guarda”.

Diceva Pasolini che “Nel teatro la parola è doppiamente glorificata: è scritta, come nelle pagine di Omero, ma è anche pronunciata, come avviene fra due persone al lavoro: non c’è niente di più bello”.

A questo link i biglietti per “Museo Pasolini” di Ascanio Celestini.

Sito TAE Teatro

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