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Buona Pasqua da Eppen al suono delle campane, custodi di una terra di mezzo tra il cielo e il sagrato. Suonano per non lasciare solo nessuno

Articolo. Le campane raccontano la vita dei paesi. Con il suono dell’allegrezza celebrano la Pasqua e i sorrisi dei bambini delle prime comunioni, con le campane a martello si annunciavano i temporali e dunque bisognava mettere al chiuso gli animali, con i rintocchi si annunciano i decessi di donne e uomini. Per suonarle si tirano (quando ci sono le tastiere) pugni potenti ai tasti o si tirano corde pesanti (serve una buona dose di muscoli addominali). Quando sono collegate al computer minore è la fatica, ma anche la poesia. In ogni caso sono la voce di quello che accade, di bello e di brutto. Le campane non lasciano solo nessuno.

Lettura 3 min.

Per augurare buona Pasqua ai lettori Eppen chiediamo aiuto alle campane che a Pasqua si esibiscono in tutta la loro potenza. La domenica di Pasqua e il lunedì dell’Angelo si sente il suono pieno delle campane. Anzi a Pasqua non si dice tanto che “suonano” le campane, ma che “si sciolgono” le campane. Perché? Perché si usava che le campane, dopo la Messa in Coena Domini, il giovedì, venissero legate e poi “sciolte” dopo il Gloria il sabato santo. Talvolta al loro suono seguiva anche la liberazione di colombe in volo.Con il segno della presenza di Dio in mezzo a noi, anche nel suono delle campane, Buona Pasqua a tutti

Ma cosa significa il suono delle campane? Ci aiuta don Taddeo Rovaris, curato a Bonate Sotto, che suona le campane sin da piccolo. «Ero in quarta elementare quando mio nonno per la festa patronale di San Vito a Nembro mi ha portato a suonare le campane. Nel momento esatto in cui dalla scala a chiocciola del campanile buio, sono sbucato nella cella campanaria e sono stato investito dalla luce e dalla vista del paesaggio dall’alto, ho amato il mondo delle campane e non l’ho più abbandonato».

Il campanaro è il custode di una terra di mezzo tra il cielo e il sagrato. Grazie a lui si genera il suono che comunica istantaneamente con tutto il paese. Un suono che è diverso per ogni campanile, tanto che si dice le campane siano la voce di quel paese, delle sue feste, dei momenti di gioia e di lutto e il campanaro ne è il portavoce. Lo sanno bene gli emigranti che evocano spesso la nostalgia del suono delle loro campane.

Come si suonano le campane? «Ricordo che la prima volta che ho suonato le campane in Plebana (chiesa parrocchiale di Nembro) ho avuto un male tremendo agli addominali per giorni perché per suonare le campane si danno i pugni ai tasti o si tirano con forza le corde. Tanto è vero che ho potuto suonare la campana grossa solo in terza media».

In un’intervista all’ultimo campanaro di Villa d’Almè, che era un contadino, ricordava come bisognasse abbandonare il lavoro dei campi in fretta e furia quando c’erano i battesimi dei bambini (da fare appena nati a causa dell’alta mortalità infantile). Così come si doveva correre per avvisare i contadini di mettere via gli animali quando arrivava la tempesta. Per il battesimo erano tre scampanii se il bambino era maschio e due se era femmina. In caso d’incendio suonavano le “campane a martello”, un ritmo molto intenso, incalzante, cioè veloce, come una sirena che sottolinea un’urgenza (come la campanella della scuola). I lutti erano segnalati con la campana n.1, mediante rintocchi singoli molto distanziati fra loro, seguiti da alcuni rintocchi della campana n.2 e successivamente da alcuni rintocchi accelerati della campana n.3. Il numero dei rintocchi fatti con la campana n.(2), indicava anche il sesso del defunto: se il defunto era uomo, la sequenza terminava con tre rintocchi ravvicinati, se invece era donna solo con due

Campane sono collante sociale o disturbo acustico? «Dipende dalla persona che ascolta: quando annuncio una bella notizia a qualcuno, la reazione può essere di gioia partecipata o di invidia e fastidio per una gioia alla quale non può partecipare. Con le campane è lo stesso: anche chi non sa nulla del loro linguaggio, viene interpellato da una presenza che parla della vita e dei suoi tempi. Parla di vita e di morte, dei tempi del pasto e della preghiera, della gioia della festa e dei pericoli della natura. Il campanaro parla della vita, anche se lo si vuole negare».

Come è accaduto con il covid. «Con il covid le campane suonavano a morto, poi si è interrotto il suono, così come nel 1630 con la peste. Dicevano che questo suono generava angoscia. Ma la realtà era quella, si moriva a prescindere. Le campane hanno il coraggio di mostrarti la realtà bella o brutta. Difficile da accettare, ma realtà»

Oggi che prospettiva c’è per il suono delle campane? «Poiché sono convinto che le campane raccontino qualcosa di reale e di vero, necessariamente per loro c’è un futuro. Non facile, perché in effetti non tutti accettano la realtà con coraggio. Posso smettere di dire che si muore, ma si morirà sempre perché la realtà non è fatta solo di gioie, ma anche i suoi momenti di fatica, prova e non senso. Anzi le campane che suonano a lutto, non lasciano solo il morto e non lasciano soli nemmeno i dolenti, accolgono il loro dolore nell’abbraccio della comunità. Hanno un linguaggio che ci permette di far emergere il lutto. Ascoltate le campane che suonano le allegrezze nei giorni delle prime comunioni dei bambini, non sentite che danno voce al loro sorriso? Questa è la speranza del mondo delle campane».

Le campane sono la voce di Dio? «Nel rituale vecchio di benedizione delle campane in uso fino a prima del concilio, c’era una simbologia più forte di adesso. Oggi le campane nuove si “benedicono”, nel rituale vecchio si “consacravano” il che significa che quando suonano sono un sacramentale. Dicono quello che accade a livello sociale, invitano alla preghiera annunciano fatti, ma loro stesse sono tramite della voce di Dio, cioè quel suono è già preghiera in sé. Ecco perché sono a metà strada tra la terra e il cielo».