Dark Souls III:
bello e (im)possibile

La trilogia Dark Souls si chiude con un prodotto più bello e dinamico, ma un po’ meno difficile rispetto al passato (comunque ostico e nettamente sopra la media). Permangono alcuni vecchi problemi della saga.

Piattaforma: Xbox One, PlayStation 4 e PC

Genere: Action RPG

Sviluppatore: From Software

Produttore/Distributore: Bandai Namco

PEGI: 16

Sono passati sette anni da quando il visionario game designer giapponese Hidetaka Miyazaki, insieme al team From Sofware, rivoluzionò il genere degli action RPG con Demon’s Souls dando vita a un vero e proprio sottogenere: i souls-like. Si tratta di videogiochi che si amano o si odiano, senza vie di mezzo, caratterizzati da una narrativa criptica, ambientazione fantasy dark gotica e un alto livello di sfida, per alcuni anche troppo. Dark Souls III è il capitolo che va a chiudere il franchise e vede il ritorno di Miyazaki alla cabina di regia, questa volta però con un bagaglio tecnologico ed esperienziale decisamente diverso rispetto al 2009.

Come da tradizione, Dark Souls III getta il giocatore all’interno di un contesto narrativo magmatico, dove non si hanno informazioni chiare e dirette su ciò che accade attorno al protagonista e ogni piccolo dettaglio va conquistato e carpito attraverso mezzi dialoghi o descrizioni degli oggetti. Il giocatore veste i panni di un eroe risorto dalle ceneri, chiamato «fiamma sopita», e il suo compito è quello di riportare al loro posto i cinque Lord dei Tizzoni andandoli a cercare - in alcuni casi eliminare - all’interno dei vari scenari proposti. Seppur poche, molto belle e suggestive le sequenze di intermezzo in computer grafica, solitamente posizionate in prossimità degli scontri coi boss.

Prima di cominciare a falcidiare mostri, Dark Souls III chiede al giocatore di creare un personaggio tramite un basico editor e scegliere fra dieci classi differenti. Questa decisione influenza soprattutto le prime fasi di gioco poiché proseguendo nell’avventura si può sempre cambiare idea e rimodellare il proprio alter ego mettendo mano a parametri fisici e altri aspetti. Come nel più classico degli RPG, inoltre, Dark Souls III offre un sistema di crescita, l’inventario, una buona quantità di armi ed oggetti potenziabili, magie e abilità.

Fin qui nulla di particolare. Una volta scesi in campo, però, ci si accorge immediatamente che rispetto ai suoi colleghi contemporanei Dark Souls III è fatto di un’altra pasta, una pasta dura, per alcuni fin troppo dura. Ogni mostro che si incontra sul percorso, anche il più insignificante, va infatti affrontato con attenzione, con una tecnica puntuale e letale, studiando una strategia, senza sbagliare un colpo e non lasciando nulla al caso. Ovviamente ciò non sempre sarà sufficiente e - soprattutto contro i boss - il game over arriverà puntuale come un orologio svizzero, e capiterà almeno un centinaio di volte prima di arrivare ai titoli di coda.

Una difficoltà non fine a se stessa, ma parte integrante di un rigoroso meccanismo «trial and error» che porta il giocatore più tenace ad affinare la sua tecnica di combattimento, migliorare l’equipaggiamento, trovare l’arma giusta e studiare strategie sempre più efficaci. Allo stesso modo le continue morti di fronte allo stesso avversario o nello stesso punto porteranno alcuni giocatori - anche esperti, ma meno pazienti - ad abbandonare il gioco anzitempo. Dark Souls III non è infatti un titolo adatto a tutti, ma solo a chi vorrà dedicargli del tempo e si lascerà in qualche modo catturare dalla sua severità, senza pensare al divertimento. Chi cerca del divertimento spensierato dovrebbe stare alla larga da qualunque souls-like.

Dark Souls III non «solo» è difficile, ma trasmette un costante e pungolante senso di disorientamento poiché abbandona il giocatore al suo destino, senza suggerimenti, mini-mappe, missioni indicate chiaramente, percorsi da seguire. Una filosofia severa e impietosa, ma che in questo quinto capitolo del brand (se consideriamo il capostipite Demon’s Souls e lo spin-off Bloodborne per PS4) è stata leggermente limata e stemperata grazie ad un sistema di combattimento più fluido e dinamico rispetto ai capitoli passati e un maggior numero di checkpoint (falò).

Il senso di già visto causato dalla presenza di molti nemici, luoghi e personaggi riciclati è molto forte nelle prime ore di gioco, ma con il proseguo dell’avventura la situazione migliora grazie ad un’ottima direzione artistica e un level design davvero valido, corroborato dal comparto grafico più ricco e dettagliato della saga. Permangono alcuni problemi storici del franchise come il sistema di lock-on sui nemici (l’aggancio) e la telecamera non sempre precisi nel seguire l’azione e i colpi nemici che a volte attraversano muri e pavimenti infiggendo danni. Criticità che dopo tanti anni di sviluppo fatichiamo a comprendere.

Difficile dire se Dark Souls III sia il migliore della trilogia, ma senza dubbio siamo di fronte ad un prodotto che - nonostante l’iniziale e inevitabile effetto deja vu - offre finalmente un combat system più fluido e dinamico e una direzione artistica di alto livello, corroborata da un valido impianto grafico. Alcuni puristi dei souls-like potrebbero storcere il naso sul livello di difficoltà leggermente più basso (che resta comunque ostico e nettamente sopra la media) e alcune semplificazioni. Al contrario, i novizi avranno un impatto meno traumatizzante rispetto a quello dei vecchi capitoli.

Marco Locatelli

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