Vampyr, sarai medico
o vampiro?

Era dai tempi dell’ottimo e sottovalutato Vampire: The Masquerade Redemption che non si vedeva un titolo sui vampiri capace di evocare quelle atmosfere crepuscolari e melanconiche che si dovrebbero sempre trovare in un’opera di questo tipo. Dopo Remember Me e Life is Strange, Dontnod Entertainment ha fatto di nuovo centro.

Il giuramento di Ippocrate è una cosa seria. Figuriamoci per un irreprensibile dottore inglese del 1918 da poco tornato dalla Grande Guerra e dove ha prestato servizio sul campo di battaglia, in mezzo a migliaia di soldati la cui esistenza era costantemente appesa ad un filo. Ma l’integrità morale del medico in questione viene messa a durissima prova quando – per un oscuro motivo – viene trasformato in un vampiro, una bestia che si nutre della vita altrui. È questa la storia di Jonathan Reid, il dottore-vampiro di Vampyr, interessante action RPG firmato Dontnod Entertainment (gli stessi degli ottimi Remember Me e Life is Strange) e da qualche settimana disponibile sugli scaffali dei negozi.

Siamo nella Londra del 1918, in quel disperato periodo storico a cavallo tra la fine della Prima Guerra Mondiale e la preoccupante espansione dell’influenza spagnola, una delle pandemie più devastanti della storia dell’umanità, capace, fra fra il 1918 e il 1920, di infettare mezzo miliardo di persone e causarne la morte di 50-100 milioni. Una letalità addirittura superiore a quella della peste nera del XIV secolo. Costantemente in lotta fra la sua nuova natura di succhiasangue e la missione di medico, Jonathan Reid, chirurgo esperto in trasfusioni di sangue (il destino fa proprio brutti scherzi...) sarà uno dei tanti medici indaffarati a fare in modo che i pochi abitanti sani di Londra continuino a restare tali, trovando un modo per contrastare l’inesorabile avanzata della malattia e, nel frattempo, scoprire chi si cela dietro alla sua indesiderata trasformazione.

La dicotomia vampiro-medico è evidentemente il pilastro portante dell’esperienza di Vampyr, e fortunatamente questa non si esaurisce alla messinscena ma va ad integrarsi con coerenza e armonia anche nel gameplay, con diverse soluzioni legate alla duplicità del protagonista. Al sistema di crescita è ovviamente legata la componente vampiresca del protagonista ( mica pensavate di uscirvene a combattere mostri armati di siringa e bisturi?). Attraverso il completamento delle missioni, i dialoghi e i combattimenti si accumulano punti esperienza utili a sviluppare le diverse abilità vampiresche, dai devastanti attacchi ravvicinati o dalla distanza alla possibilità di curarsi con il sangue fino ad alcune skill più stealth (come l’invisibilità temporanea); queste ultime tuttavia non riescono ad emergere per via di un combat system un po’ farraginoso e che porterà nella maggior parte dei casi il giocatore ad agire a viso aperto, senza studiare troppo il campo di battaglia (anche se il livello di sfida rimane buono).

Bene la varietà di nemici e pure il numero di abilità – sia passive che attive – a cui si può accedere per affrontare le schermaglie, peccato per l’evidente (e fastidiosa) legnosità delle animazioni che in un action RPG del 2018 si fa davvero fatica ad accettare. Non esaltante invece l’offerta in termini di varietà per quanto riguarda le armi, anche se all’interno dei rifugi (dove il protagonista può riposare per sviluppare le abilità) sono presenti dei tavoli di lavoro dove, riscattando alcuni oggetti lasciati dai nemici o trovati in alcuni bauli, è possibile migliorare spade, coltelli o fucili. Sempre su questi tavoli è possibile creare medicinali per curare gli abitanti (vedremo poi come) o il protagonista.

La Londra di Vampyr è estremamente piccola e non particolarmente ricca di vita e attività da svolgere se paragonata ai mondi di altri RPG contemporanei, ma in questo caso non si tratta di un difetto, anzi: aver messo dei «paletti» ha permesso agli sviluppatori di valorizzare al meglio la dinamica di gioco in assoluto più riuscita: i dialoghi e il profondo sistema relazionale dei cittadini. Il sandbox londinese è infatti concentrato e non si ha quella sensazione – spesso evidente in altri titoli simili – di essere circondati da pupazzi senza un minimo di background, ma messi lì giusto per “tappare un buco”. I quattro quartieri di cui si compone la mappa di Londra contengono infatti una quindicina di personaggi non giocanti e con i quali è possibile dialogare come in un qualunque altro gioco di ruolo: ma in Vampyr questa opzione è stata portata ad un nuovo livello.

In base alle scelte dialogiche fatte con un cittadino si potranno sbloccare (o bloccare) nuove possibilità di conversazione con lo stesso cittadino ma anche con altri abitanti (alcuni hanno relazioni fra loro), che portano poi ad indizi utili per le missioni principali, per attivare quest secondarie o semplicemente per scoprire dettagli sulla storia di un personaggio. Non solo: da buon medico quale è, Jonathan può decidere di curare i cittadini malati con medicine create da lui stesso (come spiegato prima). Opzione questa che si riflette poi sull’andamento dell’avventura perché un quartiere poco sano potrebbe essere spazzato via definitivamente dall’influenza spagnola, con chiari effetti sull’evolversi della trama. Per poter salire più velocemente di livello è possibile inoltre “mordere” i cittadini, i quali forniscono punti esperienza a seconda della qualità del loro sangue: più informazioni si avranno sul cittadino in questione e più sano sarà il suo sangue (anche grazie alla cure di Jonathan), più punti esperienza si potranno ottenere. Va da sé che meno si ascolterà la propria sete di sangue, più ci si avvicinerà al finale migliore possibile. Gli sviluppatori hanno lasciato la totale libertà in tal senso, tanto è vero che quasi nessun personaggio è immune all’abbraccio di Jonathan (una volta che si ha un livello di fascinazione pari o superiore alla vittima prescelta).

Era dai tempi dell’ottimo e sottovalutato Vampire: The Masquerade Redemption del 2000 che non si vedeva un titolo sui vampiri capace di evocare (nonostante evidenti limiti tecnici) quelle atmosfere crepuscolari e melanconiche che si dovrebbero sempre trovare in un’opera di questo tipo. Dopo Remember Me e Life is Strange i ragazzi di Dontnod Entertainment hanno fatto centro un’altra volta. Ma attenzione: Vampyr è un gioco lento, dove la profondità dialogica supera spesso quella ludica, uno di quei titoli dal retrogusto naïf che vanno assaporati con calma, esplorando la (piccola) Londra con la passione di chi ama questo genere di esperienze tanto “spigolose” quanto generose.

Piattaforma: Pc, Xbox One e PlayStation 4
Genere: Action RPG
Sviluppatore: Dontnod Entertainment
Produttore: Focus Home Interactive
Distributore: Halifax
PEGI: 18

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