Instagram, secoli di pudore
polverizzati dal narcisismo

Secoli di buona educazione borghese, orientata a riservatezza e rifiuto dell’ostentazione, polverizzati dal più «glam» dei social: Instagram, dove i narcisismi più acritici, gli infantilismi più ingenui, gli esibizionismi peggio giustificati, trovano il loro regno e trionfo. Il «fenomeno» Instagram è la materia dell’ultimo saggio di Paolo Landi, consulente di marketing e comunicazione per grandi aziende, osservatore, da anni, di come i media di massa interagiscano con le nostre vite.

Prima di questo «Instagram al tramonto» (La nave di Teseo, pagine 98, euro 12), infatti, aveva pubblicato, fra l’altro, «Volevo dirti che è lei che guarda te. La televisione spiegata a un bambino» (2006), e, soprattutto, «Impigliati nella Rete» (2008). Anche qui, vale la constatazione dell’assoluto protagonismo del mezzo rispetto a chi lo usa. A meno che non si tratti di chi se ne serve, studiatamente, occhiutamente, per fare soldi: oltre ai padroni, i cosiddetti «influencer», che il libro aiuta a capire chi siano e come «lavorino» (si fa per dire: anche questa abolizione del confine lavoro-tempo libero è sotto la lente di Landi). Instagram esalta il nuovo protagonismo indifferenziato, annulla la frontiera fra pubblico e palcoscenico, rende tutti, insieme, attori e spettatori.

Attori cui non sono richieste abilità, studi, competenze particolari. Voyeur, più che spettatori, di frammenti, spesso desolatamente ripetitivi, della vita degli altri: gite in barca, cani, cappucci e brioches, spaghetti al pomodoro e basilico… E tramonti, naturalmente, un’infinita galleria di rossi serotini, perché il «tramonto» del titolo non allude certo a una fase decidua/calante del mezzo, arrembante oltre il miliardo di users attivi mensili al mondo, 500 milioni giornalieri (dati giugno-settembre 2018). Attori e spettatori di una socialità fasulla, solipsistica, protetta dal rischio del contatto, del contagio, della ferita: «siamo milioni di monaci che, dalle rispettive clausure, non vogliono perdersi nemmeno un frammento» di quell’artificiale caleidoscopio da cui ci lasciamo affascinare, con sguardi tornati bambini. Travolto il pudore che ci tratteneva dall’esibire eventuali felicità, qui ostentiamo, urbi et orbi, milioni di sorrisi, contesti esclusivi, hotel di gran lusso, flûte di champagne, piscine di resort esotici... Un mettersi in posa che eguaglia ricchi veri e tarocchi, in una fiera delle vanità su scala planetaria.

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