Le avventure
di Jacques Papier

Secondo un proverbio cinese «chi cerca amici perfetti, rimane senza amici». A meno che, ovviamente, non si tratti di amici immaginari come quelli che descrive l’americana Michelle Cuevas ne «Le avventure Jacques Papier» (De Agostini), delicatissimo romanzo che si è appena aggiudicato il premio Andersen come «miglior libro per ragazzi dai 9 ai 12 anni».

Jacques, il protagonista, è un bambino di otto anni e teme che ce l’abbiano tutti con lui perché i genitori dimenticano di mettere il suo posto a tavola, i compagni di scuola non gli parlano mai, la maestra ignora la sua mano alzata. Per fortuna c’è sua sorella Fleur, l’unica che lo capisca davvero, e che conosca sempre tutti i suoi desideri anche quando sono strambi come «una frittella a forma di Sinfonia n.40 in Sol minore di Mozart» per colazione.

«Vogliamo tutti - dice Jacques - qualcuno che ci conosca in questo modo, che ci capisca. Non parlo di gusti o di taglio di capelli, ma di qualcuno che veda quel che siamo in realtà. Vogliamo tutti trovare la persona che sa chi siamo, realmente, con tutte le nostre stramberie, e che ci accetta così. Vi è mai successo che qualcuno riuscisse davvero a vedervi? Che sapesse cogliere sul serio la parte più profonda di voi, invisibile al resto del mondo? Spero di sì, a me è successo».

Il suo mondo però va in pezzi quando Jacques scopre di essere un amico immaginario. E deve ricominciare da capo, ritrovare se stesso, il suo posto, la sua identità, un progetto, qualcosa che lo renda felice. Michelle Cuevas parla dunque di amicizia e traccia allo stesso tempo un percorso di formazione coinvolgente ed emozionante. Lungo la strada scopriamo che, come dice la piccola Fleur, ci sono un sacco di cose vere che non si possono toccare, come la musica, i desideri, i sentimenti e il silenzio: ma non per questo sono meno belle o importanti.

Entriamo in quel mondo che solo i migliori amici possono vedere, e sperimentiamo con Jacques quanto sia difficile conquistare la libertà, realizzare un sogno, aprirsi ad ascoltare quelli degli altri. Ma anche quando sia bello, quando ci si perde, ritrovare la strada di casa seguendo il filo dell’amore. L’autrice ci conduce con leggerezza e ironia, cammina con invidiabile sicurezza su un filo sospeso tra realtà e immaginazione, con uno stile che sembra nutrirsi (come gli amici immaginari) soprattutto di polvere di stelle.

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