Un ritratto di famiglia
tra infelicità e solitudine

Una storia familiare, un romanzo corale, ironico e malinconico al tempo stesso. Questo è «Le mezze verità» di Elizabeth Jane Howard (1923-2014), donna bellissima e inquieta, protagonista della vita culturale londinese del secolo scorso, alle spalle un’adolescenza infelice a causa delle molestie del padre, esperienze da modella e attrice, quattro mariti fra i quali lo scrittore Kingsley Amis (il padre dell’ancor più famoso Martin), autrice di una quindicina di romanzi che la casa editrice Fazi sta pubblicando in Italia, compresi i cinque della saga dei Cazalet che l’ha resa popolarissima e che la Bbc ha mandato in onda a puntate.

Qui May Browne-Lacey sposa in seconde nozze il colonnello Herbert, un uomo con ambizioni da possidente di campagna che l’ha convinta a spendere tutta la sua eredità per acquistare una casa nel Surrey, enorme e glaciale proprio come lui. Entrambi hanno figli dai precedenti matrimoni: Alice, la figlia di Herbert, sola, goffa e timida, si sposa più per sfuggire alla pesantezza del padre che per amore, per poi scoprire di essere finita dalla padella nella brace e ritrovarsi ancora più infelice.

Oliver ed Elizabeth, i figli di May, detestano Herbert perché tiranneggia la madre. Oliver è divertente, vive a Londra, non ha un’occupazione stabile, fa di tutto per riuscire a sposarsi con una donna ricca per farsi mantenere, ma è solo in apparenza leggero e spensierato. Elizabeth, invece, è quella che si rimbocca le maniche: raggiunge il fratello nella capitale, trova un lavoro e anche l’amore di un uomo che però è molto più vecchio di lei; sembra la più normale della famiglia, ma neppure con lei il destino sarà clemente.

May, rimasta sola nel Surrey, visto che suo marito passa più tempo a Londra che in quella grande, inutile casa, poco a poco si pente di essersi risposata. L’unico altro abitante di Monk’s Close è Claude, un gatto vorace che suo malgrado aiuterà a far luce sulle mezze verità del titolo. Il finale è inaspettato e noir.

In questo ritratto di famiglia ognuno fa i conti con i propri errori o le proprie colpe. A soffrire sono soprattutto i personaggi femminili, il più delle volte per via del comportamento degli uomini, spesso immaturi o egoisti. Tutti, comunque, sono accomunati dallo stesso senso di solitudine dovuto alla mancanza di un porto sicuro nelle loro vite - che sia una casa o un affetto sincero - proprio come era stato nell’esperienza di Elizabeth Jane Howard.

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