«Il trasporto pubblico per rigenerare il territorio»

Finanziato con oltre 83 milioni di euro dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’E-Brt, il sistema di autobus elettrici ad alta capacità e frequenza in sede protetta, può essere il primo atto di una nuova visione di sistema: le prospettive di sviluppo sono interessanti e con costi notevolmente inferiori a quelli di un tram

Non è più un problema di spostamento di persone. O almeno non solo. Un’infrastruttura, qualunque essa sia, ferroviaria o stradale, può essere anche un’occasione di rigenerazione urbana. La casistica in materia è davvero varia e tra gli esempi più rilevanti ci sono i tram nelle città francesi, tedesche e inglesi. A metà anni ’90 davanti a Palazzo Frizzoni venne esposto quello di Strasburgo: ora il centro della città alsaziana è completamente ridisegnato nelle sue funzioni alla luce degli effetti di quell’intervento decisamente lungimirante. E lo stesso si potrebbe dire per Lipsia, Manchester, Edimburgo o Lione, solo per fare qualche esempio su scala europea, o di Padova restando nel Belpaese.

«È proprio un tema di rigenerazione territoriale e il ruolo della mobilità sostenibile diventa quella di un vettore attraverso il quale si dà nuova linfa e funzioni a una porzione di città o di sistema. Che è una cosa molto bella da raccontare ma difficile da fare» è la prima considerazione di Filippo Simonetti. Architetto, urbanista, presidente della Teb, la società del tram, ma anche coordinatore del tavolo della Camera di Commercio sull’E-Brt, il sistema di autobus elettrici ad alta capacità e frequenza in sede protetta progettato poi da Atb e destinato a collegare Bergamo con i poli universitari di via dei Caniana e Dalmine, il Kilometro Rosso (con una linea interna dedicata) e la stazione di Verdello. «Difficile da fare perché serve un confronto e un accordo tra tanti attori istituzionali, ma la mobilità può essere una leva importante. Un modo per far partire dei processi positivi ». Non necessariamente legati al centro delle città, ma che può «riguardarne pezzi ricchi sì di attività e attori, ma parecchio incasinati, mi si passi il termine, talvolta con qualche problema di bellezza».

L’E-Brt nasce proprio in questo contesto «da una serie di riunioni promosse nel Vicariato di Dalmine dall’Ufficio diocesano della Pastorale del Lavoro . Intorno al tavolo c’era il mondo industriale, quello sindacale, le parrocchie, i Comuni. Si era partiti dal tema delle politiche attive del lavoro, ma stiamo comunque parlando di un territorio con una disoccupazione quasi marginale» prosegue Simonetti. Per questo ci si è spostati quasi automaticamente a discutere sul terreno della rinascita e del miglioramento del territorio, dove queste realtà operavano «perché anche questo aumenta il valore dell’azienda e di chi ci lavora ».

Delle quattro – cinque idee emerse dal tavolo la più rilevante è stata la riorganizzazione del trasporto pubblico, messa nera su bianco in un protocollo « votato da tutti i Consigli comunali interessati, con la condivisione delle opposizioni per evitare cambi di rotta politica» per poi finire prima nel Pums (Piano urbano della mobilità sostenibile) di Palafrizzoni e poi nel tavolo di Bergamo 2030 coordinato dall’Ente Camerale e da qui accedere ai fondi del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza :il finanziamento assegnato è di oltre 83 milioni di euro. «Già nel progetto elaborato da Atb era emerso che i benefici sarebbero stati maggiori se si fosse riuscito a riorganizzare il territorio intorno, quindi riqualificando le aree che si affacciano lungo la 525: in questo senso un trasporto pubblico efficiente e moderno può davvero contribuire alla trasformazione di aree marginali. Anche questo motivo un coinvolgimento delle attività industriali e commerciali presenti diventa importante». Ma con uno sguardo capace anche di andare oltre «abbracciando il tema delle politiche abitative, della riqualificazione di determinate zone dei paesi interessati, anche dei centri storici».

Problema, però, di non facile soluzione: «In questo senso l’E-Brt avrebbe potuto incidere molto su un mercato come quello delle locazioni e per questo avevamo anche ipotizzato una visione condivisa tra le diverse amministrazioni, allo scopo di condividere un efficientamento dei servizi locali ben oltre il Piano d’ambito che le lega». Un obiettivo decisamente ambizioso, forse troppo «e difatti nonostante alcuni incontri iniziali è naufragato». Ma quando la Camera di Commercio «ha commissionato ad Ernst&Young uno studio per capire le possibili ricadute sul territorio dell’E-Brt è stato dimostrato che soluzioni di questo genere avrebbero portato ulteriore valore. Solo che noi siamo abituati a politiche territoriali dove ognuno si occupa generalmente del proprio segmento e quindi manca una visione d’insieme».

Che è la vera sfida dei prossimi anni: « Integrare, in questo modo si riesce a catturare del valore che oggi è nascosto nell’inefficienza ». Di certo «un intervento sul trasporto pubblico al di là dell’aumento dei valori immobiliari delle zone coinvolte ha ricadute ben più ampie sul piano sociale, a cominciare dalla qualità della vita e dei luoghi interessati», sottolinea Simonetti.

«In un certo senso l’E-Brt può essere il primo atto di una nuova visione di sistema: per le dorsali principali della nostra provincia, che siano quelle delle valli oltre le tranvie o di Romano e altro, i piani attuali individuano soluzioni del genere, su gomma e a corsia prevalentemente protetta con alta frequenza e capacità di carico. Se riusciremo a realizzarla in un contesto come quello tra Bergamo e Dalmine dove lo spazio non è molto, le prospettive di sviluppo sono molto interessanti e con costi notevolmente inferiori a quelli di un tram ».

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