Regali fatti a mano e buoni
Il Patronato è anche fashion

Magliette, felpe e stampe d’artista, oggetti e gadget artigianali. Uno spazio creativo aperto sotto gli occhi dei passanti. Impegnati una cinquantina di ragazzi e un gruppo di donne.

Valentina è arrivata a Bergamo dalla Romania da «un mese e tre giorni». Lo dice con la sua voce roca e profonda e, mentre si muove negli spazi del «temporary shop» natalizio della Cooperativa del Patronato San Vincenzo, aperto fino al 23 dicembre in via Ghislanzoni 11 a Bergamo, cerca l’abbraccio accogliente di Francesca Moroni, una delle educatrici che hanno permesso la tavolozza variopinta di manufatti in vendita in questo negozio.

I prodotti sono tutti fatti a mano e tutti prodotti a Bergamo. Da Pigmenti, promotore di arte pubblica sul territorio attraverso interventi di artisti sui muri della città, laboratori, produzione di capi d’abbigliamento e stampe su carta. E dal laboratorio Tantemani, progetto risocializzante di piccola sartoria, design e re-design autoprodotto, dedicato alle donne.

Realtà educative che, insieme, hanno dato vita a un centro artigianale con persone con diverse abilità. «Un progetto di cittadinanza, creativo e di lavoro – spiega Grazia Zucchetti, presidente della Cooperativa del Patronato –. Abbiamo dato vita a uno spazio dove ognuno fa la propria parte per quello che può offrire, esaltando le proprie capacità». Sviluppano questa rete di idee Andrea Giudici, Francesca Moroni, Michele Foresti e Francesca Carminati. Sono gli «angeli» di una cinquantina di ragazzi che partecipano al lavoro della serigrafia, al laboratorio di via Quarenghi, al gruppo delle donne di Tantemani, a un corso di scuola personalizzata.

La somma di queste attività ha permesso la ricca produzione che si presenta per Natale nel «temporary shop»: ci sono magliette, felpe e stampe d’artista, oggetti e gadget artigianali. Ma anche uno spazio aperto per creare e produrre sotto gli occhi curiosi dei passanti. «Uno dei simboli di questo fare operoso è “Spinosa”, un cactus di stoffa in vasetti di cemento – spiega Francesca Moroni –. Il cactus è una metafora di vita: trattiene tutto per resistere in situazioni di forte disagio, dove riesce sempre a farcela, anche quando il resto del mondo decide di mollare».

Una metafora di vita significativa, che racconta le esistenze dei ragazzi e delle donne che, nel «temporary», si mettono in gioco: «Creando, ma anche rapportandosi a chi nello spazio entra – continua Zucchetti –. Questo è un luogo da visitare e da vivere, il risultato concreto della sinergia esistente tra arte, cultura, artigianalità e impresa». Ci si può trovare Alessia che cuce, Niccolò che disegna, Magdalen che lavora la lana. «La laboriosità ha creato una vera e propria linea produttiva, che mixa moda a cartoleria, che parla di design e di arte. Ci sono i disegni dei ragazzi, ci sono le loro storie», spiega Zucchetti. Con uno studio importante sulla sostenibilità. «La maggior parte dei prodotti realizzati sono creati con un’ottica di recupero. Carta riciclata, scarti di tessuto: l’idea del riuso è il valore aggiunto. È metafora del rimettersi in gioco, dando una seconda possibilità al materiale, una seconda vita», commenta Andrea Giudici. Un timbro certifica questo ciclo virtuoso, con una cura attenta ai dettagli anche del packaging: «Dai sacchetti alle scatole regalo», commenta Michele Foresti. «E la produzione si estenderà: stiamo lavorando su una linea di ceramiche e una collezione dedicata anche ai più piccoli».

Quello di Tantemani è un vero marchio, che vuole pensare in grande, per offrire sempre più speranze a questi ragazzi. «Investiamo sulla loro storia, sui loro pensieri. Ogni progetto li coinvolge, li rende parte attiva nell’ideazione – spiega Francesca Carminati –. Poi, secondo le capacità, si crea una catena di lavoro, fatta di parole, di emozioni, di voglia di riscatto».

Lo spiega bene un pensiero di Danilo Dolci, stampato da Tantemani sui suoi biglietti: «Se l’occhio non si esercita, non vede. Se la pelle non tocca, non sa.Se l’uomo non immagina, si spegne».

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