Seriate ricorderà le vittime Covid lunedì 18 marzo con una Via Crucis

UNICA IN DIOCESI. Quest’anno il corteo commemorativo partirà dal «Bolognini» e terminerà alla chiesa di San Giuseppe.

Quattro anni fa, il Covid. Sono già passati quattro anni, 1.460 giorni, ma lo sgomento, l’emozione e la paura non sono cristallizzate, il lungo tempo trascorso non le ha esorcizzate. Il Covid c’è, non c’è, chissà, speriamo di no, ognuno cerca di scrollarsi di dosso quel nemico subdolo che colpisce a tradimento e abbatte ogni pur adeguata difesa. Un periodo triste, di grande dolore collettivo. Periodo storico che va ricordato, come ha fatto il Ministero della Salute con l’istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia coronavirus, fissata, con bandiere a mezz’asta, ogni 18 marzo. Che è il giorno della impressionante immagine della colonna dei camion militari carichi di bare e di morti nelle strade di Bergamo.

Nei giorni successivi quei camion, in fila indiana di dieci, erano a Seriate, alla chiesa di San Giuseppe dove ognuno era caricato di sette bare, e in un surreale silenzio, dopo aver percorso un tratto di via Marconi, s’avviavano all’autostrada per raggiungere le varie località di cremazione delle salme. Immagini di Seriate e della chiesa di San Giuseppe con le file di bare adagiate sul pavimento hanno fatto il giro del mondo. Anche quest’anno, come già l’anno scorso, la Parrocchia ha previsto per lunedì 18 marzo alle ore 20.45 lo svolgimento di una pubblica Via Crucis, in strada, all’aperto, l’unica in tutta la Diocesi in ricordo delle vittime del Covid.

L’anno scorso la partenza era avvenuta dal piazzale del cimitero località di forte impatto col Covid, quest’anno s’è pensato all’ospedale «Bolognini» località fors’anche più impattante rispetto allo stesso cimitero. Perché l’ospedale di Seriate è stato uno degli ospedali più esposti d’Italia nel periodo della pandemia, caratterizzato nei giorni di massima allerta da un impressionante andirivieni di ambulanze, di sirene, di eroici volontari, medici e infermieri in una spontanea dedizione per gli ammalati senza sapere contro chi si stesse realmente combattendo. Lunedì 18 una preghiera e un grazie anche per loro.

Da lì in corteo ci si avvia per un tragitto di circa due chilometri verso la chiesa di San Giuseppe dove si conclude il rito, mentre tornano fortemente alle menti le immagini delle bare accostate una all’altra nell’unica navata, l’unica chiesa d’Italia ad aver accolto 270 morti. Persone che non avevano avuto neanche il minimo conforto di un parente nelle sue ultime ore, ma alle quali i sacerdoti di Seriate, anche se esposti a possibili contagi, in particolare il parroco don Mario Carminati e il sacerdote della zona San Giuseppe, don Marcello Crotti, non hanno fatto mancare una preghiera e una benedizione. Non sono rimaste sole. L’anno scorso c’era stata una folta partecipazione di fedeli, tanti i giovani anche se era sabato sera, e don Mario aveva lasciato questo pensiero: «Guardiamo ai nostri morti con l’occhio della fede che vuol dire guardare non con senso di protesta ma con tanta dolcezza e nostalgia».

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