Dipendenze, 6.800 persone con problemi di alcol o droga: il report dell’Ats

I DATI. Ogni 10mila abitanti della provincia di Bergamo, 54 sono in cura per affrontare un problema patologico con alcol, droga, azzardo o altri disturbi comportamentali. Si alza l’età media: gli over 40 rappresentano il 50,6% degli utenti. L’approfondimento su L’Eco di Bergamo del 6 novembre.

I numeri disegnano un perimetro ampio, al cui interno sono racchiuse biografie e storie che convivono col peso delle dipendenze: 6.800 persone in tutta la Bergamasca. È l’equivalente di un medio comune orobico, ed è la metafora che dà conto con proporzioni tangibili di un problema diffuso eppure ancora sottostimato. Perché sono appunto 6.800 gli utenti mediamente in carico ogni anno ai Servizi per le dipendenze attivi in Bergamasca, tra SerD (le strutture pubbliche, in capo alle Asst) e Smi (i Servizi multidisciplinari integrati, gestiti da enti del privato sociale), per affrontare un problema patologico con alcol, droga, azzardo o altri disturbi comportamentali. In altri termini: ogni 10mila abitanti della provincia di Bergamo, 54 sono in cura per una dipendenza. «I numeri sono rilevanti, e al tempo stesso sottostimati». Alberto Zucchi, direttore del Servizio epidemiologico aziendale dell’Ats di Bergamo, traccia questa sintesi. L’Ats, insieme all’Università degli Studi di Bergamo, ha condotto un’ampia ricerca – presentata all’interno del congresso nazionale di Federserd, che si è tenuto a fine ottobre in città – sul sistema delle dipendenze in Bergamasca analizzando principalmente il periodo 2017-2021, cioè dal pre-Covid all’immediato post pandemia: «L’evidenza che il numero di persone con problemi di dipendenza sia sottostimato – ragiona Zucchi – emerge dal fatto che all’aumentare dell’offerta di servizi ambulatoriali aumenta anche il numero degli utenti, è accaduto così ad esempio nel 2019 con il potenziamento del pool di erogatori privati: significa che c’è un bisogno che cerca risposta». Il «sommerso» è un universo composito di difficile individuazione anche perché, come rileva l’epidemiologo, «resiste ancora uno stigma nell’interfacciarsi con i servizi per le dipendenze». Così in quella cifra oscura potrebbero celarsi i più giovani, i più colpiti dal moto di disagio che s’è innescato dopo la pandemia ma magari restii a chiedere aiuto, oppure gli «insospettabili», professionisti all’apparenza senza problemi eppure caduti nella trappola della dipendenza.

Si alza l’età media

Dei 6.800 utenti medi in carico ai servizi per le dipendenze della Bergamasca, l’86% è rappresentato da cittadini italiani, il 2% da stranieri di nazionalità comunitaria (quindi originari di un altro Paese dell’Unione europea) e l’11% di nazionalità extra-europea. Il quadro tratteggiato dall’Ats consegna il profilo di chi fa i conti con questo problema. Basandosi sull’ultimo anno analizzato, il 2021 con 6.551 utenti (leggermente al di sotto della media, perché ancora pesava il rallentamento post Covid), l’83% delle persone in carico era di sesso maschile. Le fasce d’età più rappresentate variano leggermente a seconda del genere: tra i maschi la più frequente è quella dei 40-44 anni, tra le femmine quella dei 35-39 anni; complessivamente, gli over 40 rappresentano il 52,6% degli utenti. L’analisi di medio periodo 2017-2021 segnala una tendenza interessante: se nel 2017 oltre il 22% dei nuovi utenti aveva un’età inferiore ai 24 anni, nel 2021 la quota è scesa al 15%. «L’innalzamento dell’età media – spiega Zucchi – suggerisce una cronicizzazione delle dipendenze, per via del prolungato uso delle sostanze». «Il fenomeno di invecchiamento dell’utenza – è un più dettagliato passaggio della ricerca – risulta ancora più evidente osservando il cambiamento della stratificazione per età degli assistiti per abuso di sostanze dal 2009 al 2021: gli ultraquarantenni, che pesavano per il 38% nell’utenza dei servizi nel 2009, rappresentano in anni recenti oltre metà degli assistiti». L’età media era di 38 anni nel 2009, salita a 42 anni nel 2021.

La «doppia diagnosi»

All’interno di questi dati scorre anche una prospettiva di taglio più sociale: dal punto di vista occupazionale, il 38% degli utenti è un lavoratore dipendente, il 33% è disoccupato e il 9% è un lavoratore autonomo, poi via via le altre condizioni, dagli studenti ai pensionati; la maggior parte di queste persone vive con i genitori oppure da sola. A proposito di numeri dell’utenza: nel 2021, pur restando ancora al di sotto del pre-Covid, si è comunque evidenziato un incremento rispetto al 2020, «suggerendo – si legge nella ricerca – una forte influenza dell’andamento del fenomeno pandemico sull’accesso ai servizi». Perché un «effetto Covid» c’è, e si muove lungo una direzione precisa: «Sempre più spesso si parla di doppia diagnosi – approfondisce Zucchi –: se si studia la storia di chi presenta una dipendenza da alcol o da sostanze stupefacenti, quasi sempre alla base c’è un disagio di tipo psicologico o di tipo psichiatrico. Il disagio può appunto innescare l’uso di sostanze, e l’uso di alcune sostanze può a sua volta stimolare l’estrinsecazione di un disagio ulteriore. È un circolo vizioso di cui si coglie una maggior frequenza nel periodo post pandemico. Può esserci anche una fase di latenza, per questo alcune manifestazioni significative si sono viste nel 2022 o nel 2023, a distanza di un certo tempo dall’inizio della pandemia».

Alcol e cocaina ai primi posti

La ricerca va a comporre una «gerarchia» delle dipendenze più ricorrenti in Bergamasca in cui dominano alcol e cocaina. Nel 2021 il 47,7% dei nuovi utenti ha presentato infatti una dipendenza da alcol (erano il 31,7% nel 2017) e il 44,6% da cocaina (contro il 26,5% del 2021); c’è poi un altro 25% di utenti seguito per dipendenza da cannabis (la somma supera il valore 100 perché si tratta anche di «policonsumo», un utente può cioè avere più dipendenze), il 9,8% per oppiacei (l’eroina, ad esempio), l’8,3% per gioco d’azzardo patologico. Alcune nuove dipendenze sono particolarmente monitorate: «L’abuso di farmaci al momento non è frequente, a differenza delle criticità emerse negli Stati Uniti – puntualizza Zucchi –, mentre stanno emergendo dipendenze da Mdma e ketamina». I dati riferiti ai nuovi utenti segnalano dunque un evidente rimescolamento delle sostanze tra pre e post pandemia: nel 2017 l’«ordine» vedeva al primo posto i cannabinoidi seguiti da alcol e cocaina; tra i nuovi utenti del 2021 ha appunto prevalso invece l’alcol seguito da cocaina e cannabinoidi. Scorrono poi con sostanziale stabilità gli oppiacei e il gioco d’azzardo patologico, ma c’è anche chi si rivolge al SerD/Smi per dipendenza da tabacco o da allucinogeni. «L’analisi di questi dati – conclude Zucchi – avviene a intervalli periodici ed è importante per più motivi. C’è un confronto costante tra i diversi attori, c’è un tavolo di lavoro che coinvolge Ats, le Asst, gli Smi, e questi dati sono utili per analizzare l’utenza, coglierne i mutamenti ed elaborare strategie». È anche lo scopo di questa ricerca: sulla scorta di questi dati – che si completano di un’analisi qualitativa curata dal professor Andrea Greco, ordinario di Psicometria all’Università degli Studi di Bergamo – l’obiettivo è quello di «ipotizzare linee strategiche di sviluppo, promuovendo iniziative che tendono verso una maggiore integrazione della rete sociosanitari e degli interventi di rilievo sociale, prevedendo una maggiore governance delle realtà presenti sul territorio provinciale».

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