«Il ghiacciaio dell’Adamello scomparirà entro fine secolo»

IL PROGETTO . Docenti anche da Unibg per «Climbing for Climate». La prof Cristini: «Serve approccio multidisciplinare».

Il ghiacciaio dell’Adamello scomparirà entro pochi decenni: la lingua del Presena è malinconicamente coperta dai teli che cercano di preservarla dall’assedio del pietrame, dalla parte del Mandrone invece si sta formando un lago «nuovissimo», come i professori che hanno partecipato alla quinta edizione del progetto «Climbing For Climate» vorrebbero chiamarlo. All’iniziativa messa in campo dalla rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (Rus), Legambiente, Comitato glaciologico italiano e Club alpino italiano hanno partecipato, per l’Università di Bergamo, Annalisa Cristini, prorettrice con delega al Welfare e allo Sviluppo sostenibile, e il professor Alessandro Fassò. Si prevede, in base ai modelli matematici sviluppati dai ricercatori, ai rilievi glaciologici e alle proiezioni dei modelli climatici globali, che il ghiacciaio dell’Adamello, il più grande ghiacciaio italiano (quindici chilometri quadrati di superficie), scomparirà del tutto entro la fine del secolo, ma per buona parte entro i prossimi due decenni, per effetto del riscaldamento globale.

La superficie del ghiacciaio, che nell’agosto 2007 misurava 15,7 kmq, nell’agosto 2022 si è ridotta a 13,1 kmq, con un ritiro dell’11% ogni dieci anni. Ormai il ghiacciaio dell’Adamello non è più un’unica massa di ghiaccio, essendosi staccate delle placche isolate, sotto il Dosson di Genova, il Passo della Lobbia, la Cima Venerocolo, il Corno Bianco.

«L’approccio di Climbing for Climate – sottolinea la prorettrice dell’Università di Bergamo – è multidisciplinare e consente di mettere in rete le conoscenze che, soltanto insieme, consentiranno di vincere la sfida del cambiamento climatico. In Adamello abbiamo visto gli effetti che il riscaldamento sta avendo sul ghiacciaio, ma la crisi è ecologica perché coinvolge tutti i nostri ecosistemi e la loro biodiversità. Sono rimasta molto colpita dall’ascolto del progetto “Un suono in Estinzione” promosso dall’artista Sergio Maggioni che, per un intero anno, ha registrato con speciali sonde e apparecchiature foniche i suoni del ghiacciaio in lento movimento e in continuo ritiro: sono rumori che non potremo mai più ascoltare, se vogliamo evitare questo epilogo dobbiamo rimboccarci le maniche e iniziare a fare tutti, per quanto ci compete, scelte coraggiose».

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