U n punto fermo per cominciare: si chiama Anfield. E basta. Anfield Road è la strada che scorre alle spalle del settore ospiti, quello che accoglierà oggi 2.140 tifosi nerazzurri. Qui in Europa non si giocano amichevoli, si fanno battaglie. Poi si possono vincere o perdere, bene o male, ma si gioca. Tutti fenomeni descritti in modo magistrale in «You’ll never walk alone», raccolta di saggi curata da Rocco De Biasi: ai tempi della pubblicazione docente all’Università di Bergamo. Un’analisi di una città dove il calcio non è solo una partita ma la fotografia di una comunità in continuo divenire: una «city on the edge», come da titolo della ricerca del 2008, anno della Capitale della cultura, che mette Liverpool in relazione con altre città difficili come Brema, Marsiglia, Napoli, Anversa e Danzica. Giocare qui stasera in uno stadio che ha fatto la storia è semplicemente un onore e va fatto senza calcoli speculativi o visioni ristrette. Qui è passato il meglio del calcio mondiale: «This is Anfield» c’è scritto sopra il tunnel che porta in campo. E non c’è altro da aggiungere. Liverpool accoglie le avanguardie (poche, la quasi totalità arriva oggi) bergamasche con pioggia e vento, il menu della casa insomma. Chi c’è già lo vedi bazzicare dalle parti di Anfield quasi a volersi gustare in anteprima il mito e a strabuzzzare gli occhi davanti all’incredibile megastore che vende di tutto. Ma proprio di tutto. Ci sono pochi stadi al mondo che spiegano una città come sa fare Anfield, ma vale anche il contrario. Giusto 30 anni fa di questi tempi i Reds giocavano la loro ultima partita davanti alla vecchia Kop: quella vera, mitologica, piena al punto tale da non poter lasciare il proprio posto anche solo per espletare i bisogni corporali perché si stava letteralmente incastrati in una marea di corpi senza possibilità di muoversi, se non per seguire l’andamento della massa durante i cori. In rete circola ancora un filmato in bianco e nero di un «She loves you» da paura. Ecco, i cori. Di «You’ll never walk alone»c’è poco da dire, è di gran lunga il più famoso inno da stadio, primo esempio di una canzone pop passata a leggenda sulle terrace di uno stadio. Del resto gli autori, Gerry and the Pacemakers suonavano nel Cavern, il leggendario club al 10 di Matthew street in centro città dove hanno mosso i primi passi i Beatles.