Badanti, costi eccessivi per 6 famiglie su dieci: «20mila euro all’anno»

IL FENOMENO. Assindatcolf: datori di lavoro preoccupati, non si arriva a fine mese. Addette in calo: 1.200 in meno dal 2012. Rischio aumento del «nero».

Aumentano i bisogni, ma anche i costi. L’invecchiamento – l’invecchiamento di qualità – è una sfida inevitabilmente anche economica. E quando i familiari non riescono a prendersi cura di un anziano parente in condizioni di fragilità e non si sceglie il ricovero in Rsa, la soluzione è quella delle badanti. Quel delicato equilibrio, però, rischia di infrangersi: sempre meno famiglie possono permettersele. Recentemente l’Assindatcolf, l’Associazione sindacale nazionale dei datori di lavoro domestico, ha tastato il polso dei propri iscritti alla luce del recente aumento dei contratti (+9,2% per i minimi retributivi): secondo lo studio elaborato col Censis, il 59% delle famiglie «ritiene la spesa per le badanti fuori dalle proprie risorse o ne ravvisa solo una parziale sostenibilità». Circa 6 famiglie su 10 faticano a permetterselo, o proprio non riescono più a permetterselo.

«L’aggiornamento delle retribuzioni è stato abbastanza pesante – commenta Simona Paris, delegata per Bergamo e Brescia di Assindatcolf –, in particolare per le famiglie che hanno personale a tempo pieno, anche perché sono aumentati anche i contributi obbligatori previdenziali (+8%, ndr). Le famiglie sono molto preoccupate, fanno fatica ad arrivare a fine mese». L’impatto dei rincari era stato stimato da Assindatcolf attorno ai 109-145 euro al mese in più, a seconda delle situazioni. Come si può garantire la sostenibilità del sistema? «Come associazione chiediamo la totale deducibilità del lavoro domestico, non solo per la parte contributiva ma anche per la retribuzione – ragiona Simona Paris –. Questo darebbe un aiuto importante alle famiglie. Una maggiore deducibilità, tra l’altro, permetterebbe di combattere anche l’irregolarità».

Il costo annuo di una badante regolare per una famiglia arriva anche a 20mila euro l’anno, tra tredicesima e ferie e aggiungendoci anche i costi da sostenere per i periodi delle sostituzioni. Serve un intervento forte dello Stato, che permetterebbe anche di ridurre l’irregolarità. L’invecchiamento è certamente un bene, ma deve essere di qualità»

Diminuiscono le badanti (regolari)

Sembra un paradosso: i bisogni aumentano, le badanti e le colf presenti sul territorio si riducono. Invece lo raccontano i numeri: secondo l’Inps, nel 2012 in Bergamasca risultavano 14.985 tra collaboratrici domestiche e badanti regolarmente assunte, mentre a fine 2021 – un decennio dopo, peraltro con un tendenziale invecchiamento della popolazione – risultavano 13.755 tra colf e badanti. Oltre 1.200 lavoratrici in meno, nonostante un rimbalzo tra 2020 e 2021 per via di una sanatoria mirata a favorirne l’emersione. A queste lavoratrici regolari, naturalmente, si aggiunge appunto una platea di irregolari: e più aumentano i costi, più si può – teoricamente – stimare un aumento del «nero».

«20mila euro l’anno»

«Caregiver non ci si improvvisa, e il lavoro di cura ricade sempre più sulle donne – ricorda Giacomo Meloni, segretario generale della Fnp-Cisl Bergamo –. Tra l’altro, anche l’età media dei caregiver si alza. È positivo che si pensi a strumenti per venire incontro a queste persone (il riferimento è al Laboratorio Caregiver Bergamo presentato dall’Ats, ndr): fondamentale è l’orientamento ai servizi, la formazione, la sburocratizzazione». Quanto alle badanti, «è necessario creare condizioni perché si amplino le detrazioni – concorda Meloni –. Il costo annuo di una badante regolare per una famiglia arriva anche a 20mila euro l’anno, tra tredicesima e ferie e aggiungendoci anche i costi da sostenere per i periodi delle sostituzioni. Serve un intervento forte dello Stato, che permetterebbe anche di ridurre l’irregolarità. L’invecchiamento è certamente un bene, ma deve essere di qualità».

«Oltre all’aspetto dei costi – aggiunge Orazio Amboni, responsabile del Dipartimento Welfare della Cgil Bergamo –, c’è un tema rilevante di formazione: per essere caregiver, sia che si tratti di caregiver familiari o di badanti, serve avere delle competenze, ma le badanti sono impegnate in un lavoro così ampio da non aver tempo libero per seguire percorsi di formazione». Una sfida ulteriore, prosegue Amboni, «è quella di trovare nuove formule: come sindacati abbiamo cercato di spingere per la creazione di cooperative che raggruppino le badanti. Sarebbe anche una soluzione per diminuire certe tensioni che si creano tra la famiglia e la singola badante. Purtroppo questa strada è stata percorsa solo in minima parte, il modello funziona poco perché costa di più».

Il ruolo delle istituzioni

Alla base c’è una richiesta di servizi pubblici non sempre soddisfatta: «L’assistenza domiciliare integrata viene erogata per un numero insufficiente di ore, le “Rsa aperte” hanno iniziato a dare un contributo ma è ancora marginale – ragiona Pina Pigolotti, delle Acli di Bergamo –. Tutto ciò crea forti sensi di colpa, sia nell’anziano che avverte la sensazione di essere un peso, sia per i familiari che non sono in grado di garantire un’assistenza continua». Sulle badanti, «la situazione è ampia – prosegue Pigolotti –: ci sono professioniste con esperienza e competenza, altre che affrontano il lavoro per pura necessità economica: a volte manca la formazione o la conoscenza della lingua, così il rapporto diventa difficile. Alla base, quando si parla di invecchiamento, c’è un discorso culturale, cioè la necessità di avere una consapevolezza su come affrontare il futuro, e un discorso istituzionale, legato a una varietà di offerta di servizi non limitata all’Adi o alla Rsa».

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