Caregiver, sono 116 mila: un esercito impegnato nella cura dei familiari

I DATI DEL 2020. Secondo Ats la cura dei parenti fragili riguarda un bergamasco su 10. Oltre 340 mila i cronici, mentre sono 60 mila le persone con invalidità.

Una accanto all’altra, le cifre disegnano una popolazione ampia, preziosa e insostituibile, ma anche provata da una sfida quotidiana: 116.875 persone. Tanti sono, secondo le stime dell’Ats, i caregiver in Bergamasca: praticamente, un cittadino su dieci.

È una «rete» fondamentale per la vita di tutti i giorni, è il badare a un familiare «fragile» – prevalentemente anziano, con più patologie – sempre meno autosufficiente. Nella maggior parte dei casi a farsi carico di questo compito sono persone di mezza età, appunto quei figli che assistono i genitori ormai anziani; c’è però anche una quota di giovanissimi chiamati a questa «missione», perché sempre secondo l’Ats sono 5.215 i caregiver nella fascia dai 15 ai 24 anni.

I «cronici» e i «fragili»

Non è un tema solo bergamasco, ovviamente, ma un tratto profondo della società italiana ed europea, in progressivo e costante invecchiamento. La cronicità è uno degli elementi che porta a ridurre progressivamente l’autosufficienza, e dunque a rendere necessario un lavoro di cura (quando non è invece possibile la presa in carico presso strutture sociosanitarie). L’Ats ha scattato una fotografia sulla situazione del 2020 attraverso la «Bda-Pic», la banca dati degli assistiti per la presa in carico della cronicità, registrando 347.678 – con vari livelli di complessità – cronici nella nostra provincia. In 12.688 (il 3,6% del totale dei cronici) presentavano una «elevata fragilità clinica», altri 126.778 (il 36,5% del totale) vivevano una situazione di «cronicità polipatologica» (cioè la compresenza fino a tre diverse patologie), mentre 208.212 (il 59,9%) erano in una situazione di «cronicità iniziale» (cioè una situazione monopatologica, una sola patologia). Sempre in Bergamasca, sono circa 60mila le persone con certificazione di invalidità civile, di cui 22mila in condizione di gravità.

L’identikit

La gran parte dei caregiver è, nello specifico, un caregiver familiare: si prende cioè carico di un proprio parente. L’Istat ha mappato questa popolazione l’ultima volta nel 2017 (oggi verosimilmente i valori assoluti sono più alti, considerando la nota parabola demografica) e aveva stimato che siano oltre 8,5 milioni i cittadini oltre i 15 anni di età che si occupano di assistere altre persone che hanno bisogno: quasi 7,3 milioni di questi sono caregiver familiari. L’identikit traccia il profilo di una donna (lo è il 57% dei caregiver), tendenzialmente di mezza età: ma se il 53% di questi caregiver è appunto nella fascia che va dai 45 ai 64 anni, c’è anche un 18,6% di caregiver familiari con oltre 65 anni. In quest’ultimo caso il lavoro di cura rischia di diventare ancor più gravoso, perché ai problemi di salute – più gravi – del familiare fragile si possono sovrapporre le fisiologiche difficoltà del caregiver che sta invecchiando.

Sempre secondo l’Istat, il 53,4% dei caregiver dedica all’assistenza meno di 10 ore alla settimana, il 19,8% è impegnato tra le 10 e le 20 ore, il 25,1% vi dedica oltre 20 ore settimanali: un lavoro vero e proprio, in questi casi. Di recente (2021) anche l’associazione Cittadinanzattiva ha dedicato un focus ai caregiver familiari, evidenziando come il 77,4% di loro si occupi di una sola persona: esistono però situazioni in cui il caregiver deve badare a due persone (nel 17,7% dei casi), a tre persone (2,3% dei casi) o addirittura a più di tre (nel 2,5% dei casi).

La cura della sfera emotiva è la sfera in cui i caregiver familiari riscontrano le maggiori difficoltà (lo segnala il 56,4% degli intervistati), ma un peso significativo è rappresentato anche dalla gestione degli aspetti burocratici, amministrativi e finanziari (è in difficoltà il 41,6% dei caregiver), dalla gestione dell’igiene e della cura quotidiana dell’accudito (per il 39,1% del campione) e dall’assistenza «infermieristica» e dalla gestione delle terapie farmacologiche (lo rileva il 25,2% dei caregiver). Così, più di due caregiver familiari su tre (il 69,7%) racconta che «la condizione di caregiver influenza significativamente la vita familiare», e un altro 19,4% parla di «influenza in modo lieve»; solo l’8% non segnala impatti sulla propria quotidianità. Analogamente, sempre due caregiver familiari su tre (il 67%) indicano «che la propria salute psichica e/o il proprio benessere psicologico sono influenzate negativamente dall’essere caregiver»; accanto a un 8% che non coglie ripercussioni, c’è però anche un 25% che dichiara un’influenza «positiva» sul proprio benessere psicologico.

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