Colleghi e studenti per l’ultimo saluto ad Antonella Arcaini

IL LUTTO. Martedì 26 dicembre i funerali al cimitero di Bergamo di Antonella Arcaini, amata professoressa del Sant’Alessandro, dove prestava servizio da molti anni come docente di Tecnologia e vicepreside alle Medie del Collegio vescovile oltre che insegnante di Disegno e Storia dell’arte ai Licei.

«La morte di Santo Stefano, che ricorre oggi 26 dicembre, e la nascita di Gesù celebrata a Natale dicono tutto il mistero del dialogo tra vita e morte, che costituisce la dimensione profonda dentro tutti di noi e che emerge per cenni e provocazioni solo attraverso alcuni eventi, come la morta di Antonella, che ci costringe ad accorgerci di cosa è duraturo e perenne nella nostra vita». Queste le parole, durante la predica, di monsignor Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano che ha celebrato i funerali di Antonella Arcaini, martedì 26 dicembre pomeriggio al Cimitero di Bergamo. Presenti molti insegnanti, suoi colleghi, e tantissimi studenti: la chiesa era gremita, con numerose persone rimaste anche sul sagrato.

La donna, molto conosciuta in città, era docente di Tecnologia e vicepreside alle Medie del Collegio vescovile oltre che insegnante di Disegno e Storia dell’arte ai Licei. «Di Antonella - ha continuato mons. Gervasoni -, mi colpisce l’ardore educativo che l’ha sempre animata, convinta che l’arte sia una fonte di speranza. Davanti alla morte di Antonella dobbiamo aprire il cuore alla Parola eterna che ci salva nel profondo.

Antonella Arcaini è venuta a mancare nella notte tra il 22 e il 23 dicembre. A darne notizia la Comunità dell’Opera Sant’Alessandro alle famiglie degli studenti, lasciando molti nel dolore. La professoressa, 56 anni, abitava in via Pitentino, a Bergamo, e lascia il marito Giuseppe Bergamaschi. I«Laureata in Architettura al Politecnico di Milano, fin da subito si era appassionata all’insegnamento e alle nuove generazioni – sottolinea la preside del Collegio vescovile, Anna Gabbiadini –. La contraddistinguevano la passione che sapeva trasmettere ai ragazzi, molti dei quali hanno intrapreso i percorsi dell’arte e dell’architettura grazie a lei. Li accendeva all’arte convinta che la meraviglia e la bellezza avrebbero salvato il mondo: diceva sempre che non bisogna farsi trascinare dall’odio e dalle brutture, e che l’arte traduce il tormento dell’uomo in una speranza più alta e più grande».

«Era arrivata giovanissima da noi e aveva una grande vocazione educativa – conferma don Emanuele Poletti, rettore della Fondazione –. Aveva superato il concorso per l’abilitazione ma aveva più volte rinunciato alla chiamata del ministero per insegnare nella scuola pubblica, preferendo continuare nella paritaria. Negli ultimi anni aveva diminuito il monte ore di insegnamento per stare vicina al marito gravemente malato ma, nonostante questo, era una persona dedita ai suoi ragazzi e considerava la scuola la sua seconda casa».

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