Continua la rinascita di Astino: avanti i restauri, arriva un ristorante nelle ex stalle

L’ex monastero Con l’ala orientale dell’ex monastero si completa il primo lotto che comprende il piano terra e le cantine. Lavori per 21,7 milioni di euro.

Il bestiame stava al riparo sotto volte affrescate ad Astino, quando, in epoca novecentesca, il compendio monastico veniva utilizzato come cascina. I bei motivi decorativi fitomorfi sono stati in parte cancellati dal tempo, dettagli che in queste settimane i restauratori stanno ricostruendo (dove possibile) in un delicatissimo e paziente lavoro di pennello, nell’ala orientale del monastero, alla base dell’edificio adiacente alla torre del Guala. Sale chiuse al pubblico che saranno riaperte con il riavvio della stagione estiva a maggio, quando ad Astino tornerà la proposta culturale ed enograstronomica, nel chiostro e sulla terrazza panoramica: «Stiamo lavorando per consentire una forte vivibilità del monastero – commenta Fabio Bombardieri, presidente della Fondazione Mia –. Anche per questa estate sono previste diverse iniziative, come la mostra temporanea di fotografia e una serie di attività in collaborazione con il territorio. A maggio riaprirà l’attività di bar e ristorazione, nel chiostro ma anche negli spazi interni, stiamo definendo gli ultimi dettagli. Nel frattempo continuiamo a lavorare sulla scuola di hôtellerie, stiamo risolvendo problemi di natura statica della cascina convento, che sarà parte integrante della scuola».

Lavori per 21,7 milioni

Per riportare in vita l’ex monastero, la Mia, dal 2012-2013, ha speso 21,7 milioni di euro, un cantiere infinito, foriero di sorprese per la densità e la stratificazione storica del sito. Si procede per tappe. E questa è sicuramente da segnare. Dopo anni di lavori, il primo grande lotto, che comprende restauri e nuovi impianti al piano terra con affaccio sul chiostro e il recupero delle antiche cantine, è completato. «Mancavano questi spazi, un tempo usati come stalle, il restauro terminerà a giorni» spiega Giuseppe Epinati, direttore della Fondazione Mia. All’opera i restauratori dell’Accademia di belle arti di Verona che hanno lavorato sugli affreschi del tredicesimo secolo realizzati con l’antica tecnica dello stencil: «Questi locali sono sempre stati chiusi al pubblico, parliamo di 62 metri quadri – continua Epinati –. Abbiamo allestito anche una cucina permanente, già con la nuova stagione tutto sarà a disposizione dell’operatore che gestirà la ristorazione, sarà la continuazione del plateatico esterno, già utilizzato negli anni passati. Anche parte delle cantine sarà destinata alla ristorazione, con la stagione estiva».

Il recupero dell’ex dormitorio

Terminato da poco il restauro di un’altra sala al piano terra, trasformata in dormitorio quando il monastero venne trasformato in ospedale psichiatrico, era l’Ottocento. Sulle pareti sono tornate alla luce le scritte blu con i numeri dei letti dove dormivano i pazienti. Una testimonianza per anni celata sotto la tinta dalle tonalità grigiastre data dall’azienda agricola in epoca novecentesca: «Strato dopo strato abbiamo scoperto elementi decorativi risalenti all’epoca manicomiale e qualche traccia di decorazione del Cinquecento e Seicento – illustra l’equipe dell’Accademia di belle arti di Verona, intervenuta nell’ambito di un bando di Fondazione Cariplo –. Non ci sono molti ricordi figurativi, abbiamo allora deciso di lasciar parlare i muri e gli intonaci, lasciando traccia delle aperture realizzate nei secoli per ricavare porte o passaggi». Alzando lo sguardo si intravede la sagoma di un varco: «È così in alto perché qui era stato realizzato un soppalco – spiegano ancora i restauratori –. Sopra c’erano circa undici letti, si stava stipati, mentre sotto erano state ricavate piccole stanze per il personale, i medici stavano invece nella Torre angolare». La sala recuperata manterrà la sua funzione, per mostre ed eventi.

La torre e l’antico brolo

Operai e restauratori al lavoro anche dietro al monastero, per riportare alla luce la base della torre del Guala, valorizzando anche l’antico brolo, dove troneggiano tre grandi alberi di noci. Uno spazio che sarà fruibile molto probabilmente già da questa stagione estiva. Le maestranze stanno smantellando alcuni vecchi muri, sasso dopo sasso, perché senza pregnanza storica: «Stiamo seguendo il metodo stratigrafico, per ricostruire le varie fasi storiche – spiega Federica Piras, archeologa della Sovrintendenza –. Ogni struttura viene documentata e poi studiata, così è possibile procedere alla rimozione». Chiuso il primo lotto sul piano terra, la Fondazione Mia ha già messo piede al primo piano. Sopra le ex stalle in via di restauro, è stata ricavata una sala per riunioni ed eventi. E una volta ottenuto il placet della Sovrintendenza, la Mia è pronta a procedere con il restauro della cappella del Beato Guala, accolto ad Astino nel 1239, quando i monaci fecero edificare per lui una dimora, compresa una cappella, dedicata a San Nicola, in stile gotico. Al centro un muro dell’Ottocento sul cui destino dovrà esprimersi la Sovrintendenza, come sugli spazi finestrati che si aprono sul paesaggio. Sotto le volte costolonate e tra i frammenti di affreschi coevi, le scritte dei degenti del manicomio, ma anche fogli di giornale che con gli anni sono stati assorbiti dagli intonaci. Anche la cappella porta i segni della tribolata storia del monastero, che ha rischiato di cadere nell’oblio. Una storia che pezzo dopo pezzo sta tornando alla luce.

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