Coronavirus, il dolore degli alpini
«Ci ha strappato più di 300 penne nere»

l presidente della sezione di Bergamo, Giovanni Ferrari: «A marzo mandavo 10-15 condoglianze ogni sera». Il 12 settembre ci sarà il ricordo a Sotto il Monte.

Mentre sfoglia le pagine dello Scarpone Orobico, la rivista della sezione Ana di Bergamo, mormora: «Questo alpino era sempre presente, quest’altro aveva fondato il suo gruppo. Sono tanti, tanti». Giovanni Ferrari, presidente della Sezione, sta guardando le fotografie riportate nelle pagine dedicate alle penne nere «andate avanti», quasi trecento. «Ma il bilancio è solo provvisorio – aggiunge –. Terminata l’emergenza abbiamo iniziato a chiedere ai gruppi di segnalare le vittime da Covid. Sono davvero tanti. Ancora non me ne rendo conto. A marzo, nelle settimane più drammatiche, mi accadeva di dover inviare anche 10-15 messaggi di condoglianza ogni sera».

Ferrari ricorda come gli alpini siano stati da subito in prima linea: «I nuclei di Protezione civile, i gruppi Ana si sono messi a disposizione dei territori, delle proprie comunità e nelle azioni promosse dalla sezione. All’inizio anche senza poter sempre usufruire dei dispositivi di sicurezza, che non si riuscivano a trovare. Ci siamo occupati della consegna della spesa, dei farmaci, anche delle bombole di ossigeno. È noto poi l’impegno della sezione a supporto dell’ospedale da campo allestito in pochi giorni alla Fiera. Qui in via Gasparini abbiamo gestito gli aspetti logistici a servizio della struttura ospedaliera».

Sembrano giorni lontani quelli dominati dall’angoscia, dalla preoccupazione di non riuscire a fare abbastanza. «Se per calamità naturali, alluvioni, terremoti, frane siamo ormai preparati, capaci di agire in poche ore, questa emergenza sanitaria ci ha invece sorpreso e travolto. Gli alpini non si sono tirati indietro, il prezzo che abbiamo pagato è molto alto e, ripeto, per il momento il bilancio ancora provvisorio. Non possiamo nemmeno dire con certezza quanti siano deceduti a causa del Coronavirus o per via di altre patologie che il Covid ha aggravato. Non è poi così importante. I nostri alpini lasciano un vuoto enorme, perdiamo un patrimonio significativo». Alcuni gruppi stanno organizzando piccole cerimonie per salutare i propri soci deceduti, a settembre ci sarà modo di ricordare quanti non ci sono più, e in qualche modo ringraziarli per il loro impegno come volontari. È prevista per sabato pomeriggio 12 settembre la celebrazione della Messa al Giardino della Pace a Sotto il Monte, mentre domenica mattina la celebrazione civile si svolgerà presso il Monumento degli Alpini in città, alla presenza delle autorità. Si pensa di proiettare le foto dei deceduti su un grande schermo.

«Ai nostri Alpini è mancata la possibilità di essere accompagnati in un funerale, alla presenza del gagliardetto del proprio gruppo, con un canto alpino. Per una penna nera l’ultimo desiderio è quello di essere sepolto con il proprio cappello. Anche questo non è stato possibile ed è un dolore per tutti noi».

Tra i tanti che sono stati portati via dal Covid anche capigruppo ed ex, punti di riferimento non solo per i loro Alpini, ma anche nelle comunità.

Ne ricordiamo alcuni: Severino Gritti, classe 1940, di Bracca; Luigi Manenti, classe 1949, di Martinengo; Giuseppe Sertorio, classe 1953, di Cassinone; Angelo Fausto Cattaneo, classe 1949, di Ossanesga; Antonio Epis, classe 1943, di Zorzone; Danilo Finazzi, classe 1930, di Ghisalba; Aquilino Scarpellini, classe 1925, di Alzano Lombardo; Domenico Agazzi, classe 1938, di Solza; Mario Pellegrini, classe 1935, di Paladina; Ferdinando Rottini, classe 1932, di Padina; Guido Gervasoni, classe 1942, di Rosciano. Sono partiti per il Paradiso di Cantore anche alcuni reduci, quelli che la guerra l’hanno vista davvero, ma che l’invisibile nemico ha sconfitto: Benvenuto Lanfranchi di Casnigo, Giuseppe Ghisi di Foresto Sparso, Giuseppe Cavagna di Bracca.

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