Covid, 90 morti in due mesi
A novembre sono triplicati

Tanti i decessi in Bergamasca dal 15 settembre al 23 novembre. In ottobre erano stati 23. Nelle settimane successive se ne sono contati 63.

Il numero resta contenuto, all’apparenza. Ma i numeri portano dentro biografie e storie. Ferite, dolori. La seconda ondata del Covid ha colpito solo debolmente Bergamo, tragicamente travolta invece in primavera, ma il ritorno del virus lascia comunque un nuovo bilancio di vittime. Novanta, dal 15 settembre al 23 novembre, con un’impennata recente. Nella seconda metà di settembre, all’alba della nuova diffusione dei contagi, i morti complessivamente sono stati 4; ancora nella prima metà di ottobre, l’andamento restava sottotraccia: due sole vittime in due settimane, con un intervallo centrale di dieci giorni senza vite spezzate dal virus. Poi, repentinamente, le cifre si sono fatte più significative, seppur imparagonabili con la prima ondata. La seconda metà di ottobre, infatti, ha visto 21 morti, di cui 18 solo tra il 22 e il 31 ottobre. Il picco s’è avuto proprio il 31 ottobre, 8 decessi in 24 ore, ma non è da escludere che quel dato così alto comprenda anche decessi avvenuti nei giorni immediatamente precedenti ma comunicati con ritardo. Dal 2 al 14 novembre si sono poi avuti tredici giorni consecutivi con vittime, per un totale di 37 morti; infine, dal 16 novembre a ieri altre 26 vittime. Vuol dire 63 morti solo a novembre, quasi 3 in media al giorno, contro i 23 decessi di tutto ottobre. In Lombardia, dal 15 settembre i morti per Covid sono stati 3.763; ben 3.129 di questi si sono contati nei primi 23 giorni di novembre.

Le biografie

Le biografie, oltre le cifre, si scorgono ancor di più se si guarda alle vittime del Covid dall’inizio dell’emergenza. I dati di Regione Lombardia sul dettaglio delle vittime ufficiali del coronavirus da inizio pandemia (resta ovviamente esclusa la «cifra oscura» tristemente conosciuta in primavera) restituiscono un’ulteriore prospettiva per comprendere quel che è successo in Bergamasca. Degli oltre 3.200 decessi ufficiali per infezione da Sars-Cov-2 registrati in provincia di Bergamo da fine febbraio, per 3.131 di questi è disponibile il dettaglio anagrafico e l’«anamnesi». I valori assoluti tratteggiano le due classi d’età più colpite: 674 decessi si sono registrati tra gli 80 e gli 84 anni, 613 tra i 75 e i 79. Non solo anziani: anche la decade dei «sessanta» ha pagato un tributo umano carissimo, con 318 decessi tra i 65 e i 69 anni e 175 tra i 60 e i 64 anni. Nei dati – forniti dalla Regione al consigliere varesino Samuele Astuti, che li ha poi resi pubblici – risulta anche il decesso di una bimba di età inferiore a quattro anni, poi 3 morti tra i 30 e i 34 anni, 5 tra i 30 e i 39 anni, 34 tra i 40 e i 49 anni, 131 nella decade dei cinquant’anni. Delle vittime, il 69% era un uomo. «Come è già stato osservato, con riguardo però al dato nazionale, la distribuzione dei decessi per Covid nelle differenti classi d’età si avvicina molto a quella che è l’andamento generale dei decessi, certo con valori assoluti qui di grande impatto – nota Roberto Buzzetti, esperto di statistica medica, già direttore dell’Ufficio epidemiologico dell’allora Asl di Bergamo -. Guardando questi dati, emerge poi che più l’età si alza e più aumenta il peso percentuale delle donne tra le vittime; qui, però, incide anche la maggior longevità generale della popolazione femminile, che per alcune specifiche classi d’età è significativamente più rappresentata rispetto agli uomini».

Gli altri dati «liberati»

Il 15% delle vittime non aveva patologie pregresse; per chi aveva già patologie pregresse, comunque, si ritiene che il Covid sia nella stragrande maggioranza dei casi sempre la «causa direttamente responsabile della morte», come dimostrato da uno studio dell’Istituto superiore di sanità. Il 34,9% delle vittime bergamasche con patologie pregresse aveva problemi cardiovascolari, il 16,6% aveva patologie cardiovascolari e anche metaboliche, l’11,5% patologie oncologiche e anche cardiovascolari, solo per individuare le situazioni più diffuse. «Quando si posa la lente sull’età e sulle pluripatologie, non si vuole minimizzare – chiarisce Buzzetti -. Patologia e pluripatologia, naturalmente, sono molto legate all’età. Peraltro, le analisi dei dati indicano che tra le due componenti, cioè “effetto età” ed “effetto patologia”, risulta molto più pesante l’“effetto età”: è cioè emerso come il decesso abbia una correlazione tendenzialmente più forte con l’età anagrafica, mentre incidono meno le eventuali patologie pregresse».

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