Green pass obbligatorio: in Bergamasca 450 mila ce l’hanno già - Le informazioni utili

La certificazione potrebbe essere indispensabile a diverse attività. Meno della metà dei bergamaschi l’ha ottenuta con le due dosi di vaccino .

Quella che sembrava una provocazione è diventata una proposta. Se la proposta diventerà legge, lo dirà il tempo. Forse poco, perché il dibattito s’è fatto approfondito e una decisione – in una direzione o nell’altra – arriverà evidentemente a stretto giro. Anche in Italia il green pass diventerà vincolante per poter accedere a determinati luoghi e servizi pubblici? L’ingresso a bar e ristoranti, cinema o teatri, stadi o mezzi di trasporto sarà consentito solo a chi è in possesso del certificato verde? I nodi da sciogliere sono ancora molteplici, a partire dalle attività che potrebbero rientrare nel novero di quelle accessibili solo a chi possiede il pass, ma la base di partenza è rappresentata dai numeri. Oltre che dalle cifre del contagio, anche da quelle di chi il green pass già ce l’ha: e in Bergamasca, meno della metà della popolazione – in particolare, quasi 450 mila residenti su quasi 1,1 milioni – è già al «sicuro» con questo documento.
Le tre strade

Ma come si ottiene, il green pass? La certificazione è ormai realtà da diverse settimane, e si sblocca o grazie alla vaccinazione, o essendo guariti dal Covid da massimo sei mesi circa (più nello specifico: dura 180 giorni a partire dalla data del primo tampone molecolare positivo, cioè da quando è iniziata l’infezione), oppure – in maniera più «temporanea» – risultando negativi a un tampone (molecolare o antigenico rapido) nelle 48 ore precedenti. Quel che filtra sull’orientamento del governo, più nel dettaglio, è di conferire il green pass «vaccinale» solo a chi ha completato per intero il ciclo, dunque avendo ricevuto anche la seconda dose (oppure avendo ricevuto il monodose Johnson&Johnson), mentre chi ha solo la prima dose resterebbe escluso; rimarrebbero però anche le due opzioni complementari, cioè la recente guarigione dal Covid o il tampone negativo. Il dibattito politico lombardo ieri non ha registrato ulteriori interventi rilevanti, dopo il primo sbilanciamento (con rettifica) del governatore Attilio Fontana, che aveva affermato che «in Lombardia non ne abbiamo bisogno» perché l’adesione alla campagna vaccinale è già alta.

Sergio Abrignani, immunologo dell’Università Statale di Milano e componente del Comitato tecnico scientifico, si è espresso favorevolmente all’ipotesi di un meccanismo legato al possesso del green pass: «Quella dell’obbligo indiretto è l’unica strada percorribile. Può aiutare l’obbligo “modello Macron”: penso all’ingresso in palestra, al cinema, a teatro», ha dichiarato in un’intervista al Corriere della sera, in cui ha stimato il possibile raggiungimento, a fine agosto, alla soglia di 4-5 mila nuovi casi al giorno in Lombardia.

Chi è già in regola

In Bergamasca, secondo i dati della Regione aggiornati a martedì sera, sono 419.876 i residenti che hanno terminato il ciclo vaccinale anche col richiamo, e che perciò in caso di introduzione del green pass «completo» sarebbero in regola e liberi di accedere in tutti quei luoghi in cui verrebbe richiesto. C’è invece un pezzo importante di platea che resterebbe in stand-by: sono i 293.162 bergamaschi che hanno già ricevuto la prima dose ma attendono la seconda iniezione, che arriverà nelle prossime settimane. La complessità della riflessione alla base della scelta del governo è legata però a diversi fattori. Uno su tutti: i minori di 12 anni non possono essere vaccinati, quindi hanno oggettivamente una strada più stretta per ottenere il pass e per accedere – con i propri genitori, tendenzialmente – nei luoghi pubblici. Sembra plausibile che al di sotto di questa soglia possa non essere richiesto in pass; i residenti under 12 in Bergamasca sono poco meno di 120 mila. C’è poi chi non si è vaccinato ma può ottenere il green pass perché è guarito dall’infezione negli ultimi sei mesi circa: rientrano in questa categoria oltre 20 mila bergamaschi, anche se è possibile che una quota di loro (chi è guarito da più di tre mesi) abbia nel frattempo ricevuto anche il vaccino (in questo caso basta una sola dose per completare il ciclo vaccinale).

Le voci dei ristoratori

L’ipotesi di rendere obbligatorio il green pass per entrare in bar e ristoranti fa discutere il mondo della ristorazione e dei ricevimenti. Da un lato gli operatori indicano come priorità la sicurezza e la salute, anche se di fatto l’eventuale provvedimento rappresenta un ulteriore ostacolo che rinvia un ritorno alla normalità. Tutti però concordano sul fatto che l’obbligatorietà potrebbe accelerare la campagna vaccinale, per arrivare alla tanto auspicata immunità di gregge. «Abbiamo passato veramente mesi molto duri a causa della pandemia – commenta Petronilla Frosio, presidente dei ristoratori di Ascom Confcommercio Bergamo -. Ora non possiamo più permetterci un ulteriore stop, che metterebbe veramente a rischio la sopravvivenza del settore. Confido che tutti si convincano a procedere con la vaccinazione e in questa direzione il green pass può servire».

Dello stesso avviso anche Robi Amaddeo, presidente dei ristoratori di Confesercenti Bergamo. «Il presidente francese Macron ha spiegato molto bene il valore primario delle vaccinazioni – afferma Amaddeo -. Il green pass è sicuramente una complicazione, ma allo stesso tempo è necessaria per evitare ulteriori problematiche di salute pubblica, che causerebbero evidentemente anche ricadute economiche. Non dobbiamo tornare indietro, considerato il fatto che la gente è molto felice di uscire al ristorante e c’è una grande voglia di socialità» Il settore dei ricevimenti ha già subito l’impatto del green pass, che ha pesato sui ricevimenti, riducendo in media il numero degli invitati. «Abbiamo ripreso a lavorare con una programmazione fitta – commenta Angelo Tallarini, amministratore di San Lucio Wedding -. Il green pass ha comportato in molti casi un calo degli invitati, ma non sono mancati sposi che hanno offerto il servizio ai propri amici e parenti. È chiaro che ne va della sicurezza, ma la cosa importante è non ingessare il sistema».

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