Cronaca / Bergamo Città
Domenica 16 Gennaio 2022
Il commercio bergamasco sfida la pandemia: negozi in aumento nel 2021
Il report Ascom: la rete commerciale ha tenuto in città e provincia. A Bergamo trend positivo per bar e ristoranti, calano gli alimentari.
Pur con qualche criticità, in città e provincia la rete degli esercizi commerciali ha tenuto nell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle. È andata meglio di quanto si temesse, lascia intendere Oscar Fusini, direttore di Ascom Bergamo. Dopo un 2020 funesto, caratterizzato dalla diminuzione delle imprese del terziario, il 2021 registra nel complesso una lieve crescita delle attività commerciali. In città nel quarto trimestre dello scorso anno erano 4.260 contro le 4.222 di fine 2020; in provincia 23.921, 167 in più dello stesso periodo dell’anno della pandemia.
Bar e ristoranti in crescita
Nella città di Bergamo, secondo l’elaborazione di Ascom su dati camerali, prosegue il trend positivo delle attività della somministrazione. Bar e ristoranti registrano una crescita del 4,63% con 33 attività in più nell’ultimo anno. Cala, invece, il numero delle attività del commercio alimentare, 15 in meno (-5,07%). A incidere pesantemente – dopo anni di crescita degli esercizi che oltre a vendere generi alimentari avevano puntato sul consumo sul posto – sono stati gli effetti della pandemia e dei ripetuti lockdown. Resta in equilibrio il numero delle imprese di vendita di prodotti non alimentari, sebbene l’apertura di imprese per il commercio elettronico sostituisca taluni esercizi fisici di vendita di prodotti. Nei servizi alle imprese crescono le attività iscritte alla Camera di commercio, spinte soprattutto dagli intermediari nel campo commerciale (agenti e procacciatori) e assicurativo. Continua invece il drastico calo degli ambulanti, con 12 attività in meno in un anno. Facendo un confronto con i dati dell’ultimo quinquennio, rispetto al 2016 attività ricettive, ristoranti, bar e locali serali hanno fatto un balzo in avanti di oltre il 20%, seguiti da una crescita del 14,5% delle attività non alimentari. Crollano gli ambulanti (-22.5%) e perdono tra l’1 e il 2% i servizi alle imprese e gli alimentari.
Provincia in controtendenza
Nel territorio provinciale si conferma la tenuta della rete di imprese dopo le perdite registrate nel 2020. Le iscrizioni alla Cciaa sono cresciute di 167 unità (+0,7%). In controtendenza rispetto alla città, bar e ristoranti chiudono: il settore che aveva raggiunto un numero alto, forse eccessivo, e oggi paga le perdite causate dalla pandemia. «La flessione evidenziata nei centri della provincia potrebbe anticipare un cambiamento di trend anche per la città – prevede Oscar Fusini – dove ancora c’è chi scommette sulla somministrazione, in particolare nelle zone cittadine più centrali, che sono in grado di attrarre un buon numero di persone». Tiene il numero delle botteghe alimentari nei centri storici (+0,32%), rinfrancato dallo sviluppo dei negozi di prossimità, riscoperti dai consumatori in tempo di Covid. Stabili le imprese dei servizi e gli ausiliari (+0,25%). In crescita il commercio non alimentare, grazie anche alla spinta delle micro imprese di commercio elettronico. Anche in provincia prosegue la riduzione del numero degli ambulanti, soprattutto del settore non alimentare. Nel 2021 hanno chiuso i battenti 49 imprese (- 2,31%), la categoria del commercio che a causa di restrizioni e riduzione dei consumi sta vivendo le maggiori difficoltà.
Quadro economico difficile
«Due anni di pandemia hanno duramente provato il nostro settore e i numeri positivi non devono trarre in inganno – avverte il direttore di Ascom Bergamo –. Il numero delle imprese tiene, ma più per orgoglio degli imprenditori e per mancanza di alternative lavorative che per reale opportunità economica. La “gelata” dei consumi di questi giorni, che spegne le aspettative di crescita dell’autunno, rivela che siamo quasi fuori dalla più grave crisi sanitaria conosciuta ma con un quadro economico e sociale molto difficile. Molte famiglie bergamasche sono in difficoltà economica per via dei rincari dei prodotti alimentari, di energia e gas. Anche coloro che hanno la possibilità di spendere, magari per via dei risparmi superiori accumulati in questi due anni, denotano una maggiore prudenza e parsimonia. Il cambio di stile di consumo è evidente: dall’acquisto (mancato) dell’auto alla rinuncia a nuovi ai capi di abbigliamento».
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