Il virus frena, contagi a picco in Bergamasca. Da fine aprile crollo del 60%

Le riaperture non hanno rallentato la discesa. Buzzetti: «Calo lineare grazie ai vaccini, alla primavera e alle attività all’aria aperta».

Da qualsiasi prospettiva, il rimbalzo non si vede. Mentre settimana dopo settimana la socialità si schiudeva, settimana dopo settimana il virus ha segnato una ritirata. La risacca, smaltita la terza ondata, è ora ai minimi a Bergamo e in Lombardia e disegna un calo costante che pare non aver risentito di quel che è successo dal 26 aprile in poi, cioè di quelle riaperture che toccano ormai il «tagliando» delle cinque settimane. Un «tagliando» che non consegna necessità di nuove restrizioni correttive, tant’è che le scelte vanno viceversa nella direzione di ulteriori e «ragionati» – la parola chiave – allentamenti. «È evidente che ci sia un continuo e costante calo di contagi e anche di ricoveri – sintetizza Roberto Buzzetti, esperto di statistica medica, già direttore dell’Ufficio epidemiologico dell’Asl di Bergamo –. La discesa è lineare».

Il barometro epidemiologico pare chiaro. La prima settimana di riapertura (il periodo comprende anche il 25 aprile, formalmente ancora di chiusura, ma necessario per mantenere un arco di sette giorni in sette giorni) si sono contati in provincia di Bergamo 1.055 casi e in tutta la Lombardia 13.307: ovviamente si tratta di infezioni contratte – considerando i tempi di incubazione del virus – quasi esclusivamente nei giorni ancora «blindati», all’interno di una cornice comunque di discesa (-7,9% di casi rispetto alla settimana precedente in Bergamasca, -3% in Lombardia). Più si è andati avanti nel mese di maggio, più la circolazione del Sars-CoV-2 s’è ristretta: tra 2 e 8 maggio i nuovi contagi sono stati 941 in Bergamasca e 10.329 in Lombardia, rispettivamente con una contrazione del 10,8% e del 22,4%. Se per valutare gli effetti di aperture o chiusure – lo insegna l’esperienza di questo lungo anno, oltre che la teoria epidemiologica – occorre aspettare almeno 14 giorni dall’introduzione della «variabile», anche il prosieguo del mese non ha manifestato scossoni: tra 9 e 15 maggio, terza settimana di riaperture, i casi sono scesi a 714 in Bergamasca (-24,1%) e a 7.605 in Lombardia (-26,4%). Idem nelle ultime due settimane: tra 16 e 22 maggio, 484 infezioni in Bergamasca (-32,2%) e 5.683 in Lombardia (-25,3%); negli scorsi sette giorni, infine, i nuovi casi in provincia di Bergamo sono stati 419 (-13,4%, un rallentamento evidentemente fisiologico considerati i numeri già bassi) e in tutta la regione 4.151 (-27%). In sintesi: tra la prima settimana di riaperture e quella appena conclusa, i contagi in Bergamasca sono scesi del 60% (dai 1.055 del 25 aprile-1° maggio ai 419 del 23-29 maggio); -69% invece il trend regionale.

«A contribuire alla riduzione dei contagi non sono solo i vaccini – spiega Buzzetti –. La riduzione è presumibilmente dovuta a un’associazione di fattori: sì la campagna vaccinale, che resta fondamentale, ma influiscono positivamente anche il caldo, la stagione primaverile, e la scelta di privilegiare le attività all’aria aperta. Anche gli eventi più critici di questo mese, penso agli assembramenti dei tifosi interisti in Piazza del Duomo a Milano per festeggiare lo scudetto, pur rischiosi, non hanno avuto contraccolpi plausibilmente perché avvenuti all’aria aperta».

Anche l’indicatore conseguente al contagio, cioè l’ospedalizzazione per le forme più gravi del Covid, delinea una continua corsa al ribasso. Il 1° maggio i ricoverati in tutta la Lombardia – tra terapie intensive e area medica – erano complessivamente 3.939, calati a 3.340 l’8 maggio, a 2.549 il 15 maggio, a 1.864 e infine a 1.374 ieri: -65% da inizio mese. Discorso simile per la Bergamasca: dai 342 posti letto occupati a inizio maggio si è scesi ai 126 di ieri, -63%. «L’unico dato che fatica a calare, se si guarda al contesto nazionale, è quello dei decessi: è ancora un po’ alto rispetto a quello che ci aspetteremmo, considerata invece la riduzione consistente di contagi e ricoverati – nota Buzzetti -. Perché? Nelle terapie intensive i tempi di permanenza sono spesso più lunghi, perché rimangono i casi più gravi. Questi casi molto gravi sono ancora la coda della terza ondata».

L’ultimo bollettino quotidiano dell’avanzata del virus, riferito alla giornata di ieri, riferisce di 89 nuovi casi in provincia di Bergamo e di 620 in tutta la Lombardia (su 44.888 tamponi analizzati, tasso di positività all’1,38%). L’incidenza bergamasca si mantiene a quota 38 nuovi casi settimanali ogni 100 mila abitanti, quella regionale è a 42. Sono stati 13 i decessi per Covid nell’intera regione, nessuno dei quali in terra orobica.

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