Impatto covid sul lavoro dipendente
Bergamo, crollo assunzioni: - 6mila posti

Nel rapporto presentato dalla Provincia di Bergamo si parla di lavoro dipendente. Il dato è confrontato a quello degli stessi mesi del 2019.

Nei primi due mesi, marzo e aprile, dell’emergenza Covid-19 si può stimare una perdita di oltre 6mila posizioni di lavoro dipendente in provincia di Bergamo, dovuta al crollo delle nuove assunzioni e al mancato rinnovo dei contratti temporanei.

Ecco qui il rapporto completo pubblicato dalla Provincia di Bergamo.

La più colpita finora è la componente precaria dell’occupazione, in particolare tra le professioni del commercio e dei servizi. Ma la flessione riguarda tutti i settori e i territori della provincia e della regione. Più colpite le donne, i giovani e gli stranieri. Il rilascio dei dati delle Comunicazioni Obbligatorie di aprile 2020 consente di aggiornare la stima dell’impatto dell’epidemia Covid-19 sul lavoro dipendente1 in provincia di Bergamo a circa due mesi dalla sua insorgenza2 e guardando ad aprile come al primo mese condizionato per intero dall’ effetto lockdown.

Le nuove assunzioni ad aprile 2020 sono state 3.707, il 68,7% in meno rispetto ad aprile 2019, il valore più basso dell’intera serie storica (disponibile dal 2009) e le cessazioni 7.339 in calo tendenziale del 28,7%. Ne risulta un saldo negativo mensile di -3.632 posizioni lavorative (contro il +1.556 di aprile 2019), in ulteriore peggioramento sul risultato già negativo (-2.743) di marzo 2020. Il saldo annualizzato, cioè il saldo cumulato di avviamenti e cessazioni negli ultimi 12 mesi3 , svoltato in negativo a marzo 2020, scende a fine aprile a -5.579, confermando la chiusura del ciclo di espansione dell’occupazione iniziato nella seconda metà del 2015, anno di forte incentivazione delle assunzioni a tempo indeterminato, e protrattasi nell’ arco di oltre quattro anni, con un picco tra 2017 e 2018 nella fase più vivace della ripresa.

Il bimestre marzo-aprile 2020, che identifica con buona approssimazione la prima fase dell’emergenza da Coronavirus, registra complessivamente 11.955 assunzioni (pressoché dimezzate rispetto alle 23.828 del corrispondente periodo del 2019), 18.330 cessazioni (-14,8% sulle 21.505 del bimestre 2019) con un saldo complessivo tra ingressi e uscite di -6.375 (contro il + 2.323 tra marzo e aprile del 2019. Si conferma nel bimestre il calo tendenziale delle proroghe dei contratti a tempo determinato -che, dopo il rallentamento indotto dal “decreto dignità”, avevano ripreso a crescere tra fine 2019 e inizio 2020 - e la riduzione delle trasformazioni di contratti temporanei in rapporti a tempo indeterminato, in flessione già sul finire del 2019 dopo il boom avviatosi a inizio 2018 e prolungatosi per buona parte dell’anno successivo.

La contrazione delle posizioni di lavoro dipendente è dovuta al crollo delle nuove assunzioni e alle mancate trasformazioni dei contratti temporanei, stagionali o in prova; colpisce quindi la fascia più mobile e precaria dell’occupazione, mentre il blocco dei licenziamenti e il massiccio ricorso alla Cassa Integrazione stanno in questa fase tutelando i posti di lavoro “standard”, in genere a tempo indeterminato. Una conferma della criticità del lavoro temporaneo viene anche dalle causali delle cessazioni: quelle per “fine del rapporto a termine” aumentano nel bimestre del 35,7% tendenziale mentre diminuiscono del 47,9% le dimissioni volontarie e le altre tipologie (licenziamenti, risoluzione consensuale…). Tra le causali di cessazione spicca purtroppo anche l’incremento dei decessi di lavoratori, più che triplicati a marzo e aprile 2020 sullo stesso periodo del 2019.

Il crollo delle assunzioni e il saldo negativo dei movimenti riguardano tutti i settori economici con l’eccezione dell’agricoltura, che impiega tuttavia un numero ridotto di lavoratori dipendenti4 . Il saldo negativo nelle costruzioni è stato ad Aprile 2020 pari a -346 (-551 a Marzo 2020), nell’industria -1.228 (-947 il mese prima) e nel commercio e servizi -2.237 (- 1.417 a marzo 2020). Il peggioramento nell’evoluzione del saldo annualizzato era già accennato sul finire del 2019, soprattutto nell’industria.

Qualche considerazione di maggiore dettaglio contrattuale e professionale si può fare sulle assunzioni, la variabile più immediatamente sensibile al mutamento indotto dall’epidemia, nel bimestre marzo-aprile 2020 confrontato allo stesso periodo del 2019.

La frenata delle assunzioni nel bimestre critico riguarda tutte le forme contrattuali. Limitandosi ai soli contratti di lavoro dipendente, la riduzione tendenziale è massima per apprendistato (-59,9%) e tempo determinato (-50,2%) ma la dinamica è pesantemente negativa anche nella somministrazione (-43,5%) e nel tempo indeterminato (-43,4%).

Lo spaccato dei tipi di rapporto evidenzia la marcata contrazione del lavoro intermittente a tempo determinato, ampiamente utilizzato nel settore della ristorazione, e la crescita delle assunzioni nel lavoro domestico a tempo indeterminato che compensano il decremento di colf e badanti a tempo determinato.

Lo spaccato per professione, in molti casi riconducibile al settore economico, conferma il crollo degli avviamenti nella ristorazione (-84,3% sul bimestre del 2019), in diverse professioni del commercio e dei servizi (risultano azzerate per il personale non qualificato nei servizi ricreativi e culturali), tra gli impiegati generici ma anche nei profili più specialistici dell’industria e delle costruzioni. Da notare la dinamica controcorrente delle assunzioni di alcune tipologie di professioni non qualificate (addetti a spostamento e consegna merci, agricoltura e manutenzione del verde, servizi domestici) oltre che delle professioni tecniche sanitarie (tecnici della salute, infermieri).

Tutte le aree della provincia, definite dalle circoscrizioni dei Centri per l’impiego, registrano un saldo negativo tra ingressi e uscite nei due mesi di marzo e aprile 2020. L’area intorno al capoluogo (23 Comuni) perde nel bimestre più di 2.500 posizioni di lavoro dipendente.

La composizione di avviamenti e cessazioni per caratteristiche personali (genere, nazionalità, età) riflette la maggiore instabilità o duttilità d’impiego nonché la specifica concentrazione settoriale e contrattuale delle donne, dei giovani e degli stranieri.

Ne consegue un saldo negativo (-2.978) non molto lontano da quello maschile (-3.404) e un’incidenza (al 46,7%) sul totale ben superiore alla quota femminile (pari al 39,8% nel 2018) sui dipendenti delle imprese. Nel corrispondente bimestre del 2019 erano aumentate più le donne degli uomini, soprattutto grazie alla crescita del commercio e dei servizi. Gli avviamenti diminuiscono tra gli italiani (-52,2%) più che tra gli stranieri (-43,15) ma le cessazioni variano di poco tra questi ultimi (-3,5%) mentre calano per gli italiani (-18,2%). Gli stranieri – che pesavano nel 2017 per il 15% sui dipendenti delle unità locali delle imprese di Bergamo - scontano quindi una più alta incidenza relativa, pari a oltre un quarto (26,4%), sul saldo negativo del bimestre (-1.668 contro il -4.660 della componente italiana). Lo stop delle nuove assunzioni, in specifico come già detto per i contratti di apprendistato e a tempo determinato, penalizza per definizione la componente giovanile: al di sotto dei 30 anni il calo tendenziale è del 56,2%, via via minore nelle classi di età maggiori. Il saldo è negativo in tutte le classi di età ma è particolarmente ampio tra i 15-29 anni (-2.177) con un’incidenza (34,5%) pari a poco meno del doppio della quota giovanile (18,4%) sullo stock dei dipendenti al 2018.

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Eco di Bergamo Dati lavoro dipendente