Infermieri, oltre il 70% lavora negli ospedali: «Rafforzare i territori»

MAPPATURA. Indagine voluta dall’Ordine con InTwig. Promosso un questionario: 1.230 le risposte arrivate. «Necessari investimenti e formazione professionale.

Rafforzare il territorio, senza lasciare sguarniti gli ospedali. La sfida alla ricerca di un delicatissimo equilibrio nella sanità mette in gioco anche gli infermieri, componente essenziale del sistema. S’inserisce in questa direzione la «mappatura delle competenze infermieristiche» realizzata dall’Ordine delle professioni infermieristiche (Opi) di Bergamo, la prima di questo tipo in Italia. In collaborazione con InTwig, società di «data intelligence» bergamasca, l’Opi di Bergamo ha infatti promosso un questionario tra i propri iscritti, a cui hanno risposto in 1.230 (il 17,5% dei circa 7mila infermieri bergamaschi), «risultato al di sopra delle aspettative che mette in evidenza da un lato un campione sufficientemente significativo, dall’altro un interesse a esprimere ed evidenziare il proprio punto di vista rispetto al sapere infermieristico», spiega il documento dell’Opi.

Fotografia del settore

Emerge una fotografia profonda del settore: la concentrazione negli ospedali e la necessità di investimento sul territorio, l’onda lunga del Covid, la costante crescita formativa degli infermieri. «Il 71% dei rispondenti risulta lavorare in ambiente ospedaliero, mentre il 18% nelle strutture territoriali – si legge nel documento dell’Opi –. In relazione anche agli obiettivi posti dal Pnrr, è evidente la necessità di investimento economico, formativo e di valorizzazione e riconoscimento sociale della professione in un’ottica di rafforzamento dei servizi territoriali, quali per esempio le residenze per anziani, per disabili, le Case e gli Ospedali di Comunità e dei servizi delle cure domiciliari. Parallelamente risulta che gli infermieri dopo la laurea, quasi per il 40% dei rispondenti, hanno concretizzato un ulteriore percorso di studio universitario nel conseguimento di master specialistici di primo livello e di laurea magistrale, manifestando l’intenzione di un maggior approfondimento della disciplina infermieristica per raggiungere competenze sempre più avanzate nell’ambito della propria attività». Il questionario delinea dunque il profilo di «una professione prevalentemente impegnata in ambito clinico assistenziale accanto alla persona, ma con una discreta percentuale di infermieri operanti in ambiti organizzativi-gestionali».

Tra i partecipanti al test, il 40% ha seguito dopo la laurea master di 1° livello

Rispetto all’evoluzione della professione e al recente passato pandemico, «il 63% degli infermieri dichiara di percepire valorizzate le proprie competenze e conoscenze, e durante l’emergenza Covid-19, benché davanti all’imprevedibilità dello scenario che si andava a delineare, si sono sentiti adeguatamente preparati in particolare nell’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (Dpi), aspetto determinante in quella fase quale uno dei pochi strumenti a disposizione per contrastare la diffusione del virus, nella collaborazione multidisciplinare e nella capacità di instaurare relazioni di cura nei confronti degli assistiti e di supporto ai colleghi».

A proposito del periodo pandemico il 63% si è detto preparato all’utilizzo dei Dpi

Allo stesso tempo, «la pandemia ha messo a dura prova i processi dei flussi lavorativi: l’area che ha dimostrato maggiori criticità è stata l’integrazione tra i servizi del sistema territoriale e ospedaliero, tuttavia la condivisione delle informazioni tra l’organizzazione aziendale e i professionisti emerge come l’aspetto che ha contribuito maggiormente a gestire al meglio l’emergenza sanitaria».

Il rapporto con i pazienti

Quanto al rapporto con i pazienti, «l’indagine evidenzia come gli infermieri abbiano dichiarato che la percezione dei cittadini relativamente alla professione sia migliorata rispetto al passato e sostanzialmente positiva». Gli infermieri sottolineano inoltre «il bisogno di un maggior riconoscimento del proprio contributo che quotidianamente apportano nel sostentamento del sistema della salute, che garantisce su tutto il territorio nazionale le adeguate cure ai cittadini; necessitano inoltre di autorevolezza nel processo di assistenza, nonché un giusto riconoscimento economico in considerazione del fatto che gli stipendi degli infermieri italiani sono tra i più bassi in Europa a fronte di una dimostrata migliore qualità formativa universitaria».

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