L’Antimafia: «Vigiliamo sui fondi del Pnrr». Verifiche su 11.545 aziende, 9 nella lista nera

Il fenomeno. I dati del 2021 nella relazione semestrale della Dia. Gli autotrasporti sono il settore più a rischio. Il prefetto Ricci: «Il gruppo di lavoro si riunisce ogni settimana, l’attenzione sul tema è pressoché quotidiana».

«Il gruppo di lavoro interforze antimafia si riunisce tutte le settimane qui in Prefettura: l’attenzione è molto alta soprattutto per evitare che le infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto sociale bergamasco possano arrivare a utilizzare i fondi del Pnrr destinati al territorio». La parola chiave è «vigilare»: lo ripete più volte il prefetto Enrico Ricci, commentando i dati della relazione semestrale della Dia, la Direzione investigativa antimafia, pubblicata ieri e relativa alla seconda metà del 2021. «Le risultanze di analisi sui fenomeni criminali di tipo mafioso continuano a presentare il rischio che i sodalizi di varia matrice possano perfezionare quella strategia di infiltrazione del tessuto economico, in vista dei possibili finanziamenti pubblici connessi al Pnrr», illustra l’Antimafia nella relazione. Anche la Bergamasca è una terra dove i clan tentano di infiltrarsi e l’attenzione è molto alta, per via della presenza di un tessuto economico «ricco e complesso», come viene definito nel documento.

«Fin dall’inizio della pandemia – rileva il prefetto Ricci – le indicazioni giunte in tal senso dal ministero sono state chiare: vigilare per evitare che il crimine organizzato traesse vantaggio da situazioni di crisi che si sarebbero potute determinare in aziende sane. Così abbiamo agito e stiamo ancora agendo»

«È un fenomeno che ormai si presenta purtroppo dappertutto – sottolinea il prefetto Ricci –, motivo per cui anche qui dobbiamo prestare, noi e le forze dell’ordine, molta attenzione. E il numero di interdittive adottate ne è testimonianza. Le misure interdittive sono provvedimenti che impediscono a un’azienda, ritenuta contigua alla criminalità organizzata, di contrarre con la pubblica amministrazione o di ricevere erogazioni pubbliche». Ebbene, sono state 9 quelle adottate in tutto il 2021. Provvedimenti amministrativi, dunque, che scaturiscono dalle documentazioni antimafia chieste alle imprese bergamasche: ben 11.545 istruttorie in un anno, ciascuna delle quali ha comportato per il gruppo interforze un approfondimento per verificare la «limpidezza» di ogni azienda.

Il lavoro della Prefettura punta a tutelare le aziende sane, soprattutto nella fase pandemica e post pandemica, con la conseguente crisi che ne è derivata: «Fin dall’inizio della pandemia – rileva il prefetto Ricci – le indicazioni giunte in tal senso dal ministero sono state chiare: vigilare per evitare che il crimine organizzato traesse vantaggio da situazioni di crisi che si sarebbero potute determinare in aziende sane. Così abbiamo agito e stiamo ancora agendo».

Del resto, di fronte a risorse economiche senza precedenti messe in campo per ripartire dopo l’emergenza pandemica, non poteva che concentrarsi in questo settore l’attenzione degli inquirenti. I clan provano infatti da tempo a infiltrarsi anche nella Bergamasca, come emerge anche dalle oltre 500 pagine del documento diramato sabato 1° ottobre: «La provincia di Bergamo è connotata da un tessuto sociale ed economico ricco e complesso – si legge nella parte della relazione che ospita il contributo della Prefettura di Bergamo – tale per cui risulta di preminente importanza l’analisi e l’approfondimento delle situazioni di criticità in cui versano le imprese e delle variazioni nelle compagini societarie, delle cessioni di aziende e di rami d’azienda, nonché delle modalità di pagamento delle quote societarie al fine di prevenire il fenomeno del riciclaggio di denaro. Dagli accertamenti svolti è emerso come vi sia un interesse della criminalità ad approfittare delle agevolazioni finanziarie approntate dal legislatore per affrontare la crisi economica connessa alla emergenza epidemiologica, pertanto è stata prestata massima attenzione dall’Ufficio antimafia di questa Prefettura alla verifica dei requisiti soggettivi delle imprese che presentano istanza di accesso ai finanziamenti pubblici».

«All’esito delle relative istruttorie, in base agli approfondimenti svolti in sede di gruppo interforze – si legge ancora nel documento – è stato adottato nel corso del 2021 un totale di 9 provvedimenti interdittivi». Più nello specifico, 7 interdittive sono state emesse dalla Prefettura di Bergamo nella prima parte del 2021 e le ultime due sono fioccate tra luglio e ottobre (una contro un’azienda edile ritenuta contigua alla criminalità organizzata siciliana, l’altra nei confronti di un’azienda metallurgica considerata vicina alla ’ndrangheta). Il settore più a rischio è quello degli autotrasporti, con 5 interdittive.

«Accanto a insediamenti di gruppi di criminalità organizzata tradizionale riferibili in particolare alla ‘ndrangheta e alla camorra, emerge l’operatività di gruppi stranieri dediti principalmente a traffici di stupefacenti, reati predatori, immigrazione clandestina, tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e della manodopera clandestina»

Sul fronte della presenza dei clan, la sintesi della Direzione investigativa antimafia rileva in Bergamasca «connotazioni analoghe, ma con dimensioni più contenute» rispetto al Milanese e all’area della cintura metropolitana. È un contesto composito, quello orobico: «Accanto a insediamenti di gruppi di criminalità organizzata tradizionale riferibili in particolare alla ‘ndrangheta e alla camorra, emerge l’operatività di gruppi stranieri dediti principalmente a traffici di stupefacenti, reati predatori, immigrazione clandestina, tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e della manodopera clandestina». Nelle pagine della relazione scorre il rendiconto delle diverse operazioni messe a segno dalle forze dell’ordine tra luglio e dicembre 2021: la Bergamasca è stata interessata da una decina di indagini – con arresti, sequestri o confische – che hanno colpito sia gruppi di mafia «doc» (il clan gelese dei Rinzivillo, i clan calabresi Romano e Bellocco, con accuse che spaziano dal riciclaggio all’estorsione), sia sodalizi stranieri dediti al traffico di droga (in particolare, è centrale il ruolo dei clan albanesi). «Gli ambiti di rischio sono davvero tanti, dalle più recenti risorse arrivate per la pandemia allo spaccio e alla prostituzione, già conosciuti prima: motivo per cui la nostra vigilanza è praticamente quotidiana», conclude il prefetto.

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