Povertà energetica, 23mila famiglie faticano a pagare le bollette

IN PROVINCIA. È questa la stima tratteggiata dallo studio della Cgia di Mestre. In Lombardia in difficoltà il 5,3 per cento della popolazione complessiva.

Rinunciare a riscaldare adeguatamente la casa d’inverno e a rinfrescarla d’estate. Vivere al lumicino, riducendo l’illuminazione per non consumare elettricità. Fare sacrifici anche sull’utilizzo di frigorifero o congelatore, lavatrice o lavastoviglie. La povertà energetica è già realtà per 237.477 famiglie lombarde (il 5,3% del totale, più di mezzo milione di persone), e dunque indicativamente anche per circa 23mila nuclei bergamaschi. La stima la tratteggia l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha incrociato i dati dell’Istat e dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica: e a questa platea già in povertà energetica – una platea consistente, circa una famiglia su 20 anche nella benestante Lombardia – s’affianca quella fetta di popolazione che è a rischio di povertà energetica, cioè che potrebbe dover fare le stesse rinunce.

La Lombardia è comunque una delle regioni che regge meglio l’urto, solo due regioni hanno un’incidenza minore del fenomeno (in Liguria è in povertà energetica il 4,8% delle famiglie, nelle Marche il 4,6%), mentre la media nazionale viaggia all’8,5% delle famiglie, con picchi oltre il 15% in alcune regioni del Sud. Il tema è confermato anche da chi, qui a Bergamo, quotidianamente aiuta i cittadini a districarsi nella giungla delle bollette: «La povertà energetica si sente – commenta Mina Busi, presidente di Adiconsum –. Da noi arrivano sempre più persone che non sono in grado di pagare le bollette. È una situazione delicata, su cui serve attenzione». «Anche guardando ai prossimi mesi – aggiunge Christian Perria, presidente di Federconsumatori Bergamo – i rincari d’autunno rischiano di colpire soprattutto le fasce deboli».

I fattori del disagio

L’analisi della Cgia di Mestre, rielaborando i dati dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica, mette a fuoco le condizioni di rischio di un fenomeno che in Italia riguarda già 2,2 milioni di famiglie in totale. «I nuclei familiari più a rischio sono costituiti da un elevato numero di persone, si trovano in condizioni di disagio economico e le abitazioni in cui vivono sono in cattivo stato di conservazione – si legge nel report della Cgia di Mestre –. Le principali condizioni professionali del capofamiglia dei nuclei in povertà economica sono in linea di massima tre: disoccupato, pensionato solo, o in molti casi anche lavoratore autonomo. Le famiglie più a rischio di povertà energetica, soprattutto nel Sud, sono quelle che utilizzano il gas quale principale fonte di riscaldamento. Coloro che invece utilizzano altri combustibili presentano valori percentuali di rischio più contenuti».

La «trappola» per gli autonomi

Proprio i lavoratori autonomi sono esposti alla povertà energetica perché vivono una sorta di «trappola»: pagano due volte gli aumenti delle bollette, una volta per l’abitazione e l’altra per la propria azienda. «Nel ricordare che il 70% circa degli artigiani e dei commercianti lavora da solo, ovvero non ha né dipendenti né collaboratori familiari, moltissimi artigiani, tantissimi piccoli commercianti e altrettante partite Iva hanno pagato due volte l’impennata delle bollette di luce e gas verificatasi negli ultimi due anni. La prima come utenti domestici e la seconda come microimprenditori per riscaldare/raffrescare e illuminare le proprie botteghe e negozi – rimarca appunto la Cgia –. Segnaliamo, infine, che sebbene il rischio povertà o esclusione sociale delle famiglie presenti in Italia in questi ultimi anni sia diminuito, anche nel 2022 quelle con un reddito principale da lavoro autonomo presentavano un rischio povertà pari al 19,9% del totale, contro il 17,2% delle famiglie con fonte di reddito principale da lavoro dipendente. Purtroppo, anche dopo il Covid, la crisi energetica e il boom dell’inflazione i nuclei in cui il capofamiglia è un lavoratore autonomo continuano ad avere maggiori fragilità economiche e sociali di quelle dei lavoratori dipendenti». Anche per questo la Cgia chiede che i bonus energetici «siano prorogati, almeno sino alla fine del prossimo inverno».

La Cgia si è soffermata anche sull’andamento dei prezzi della materia prima. «Sebbene la spesa delle famiglie e delle imprese per le bollette di luce e del gas sia in calo da parecchi mesi, l’incremento dei costi energetici rispetto al periodo pre-Covid rimane ancora molto elevato. Se il prezzo medio del gas naturale nel 2019 era pari a 16 euro/MWh, ad agosto di quest’anno ha toccato i 34 euro/MWh (+112%). L’energia elettrica, invece, nel 2019 costava mediamente poco più di 52 euro/MWh, il mese scorso ha raggiunto i 112 euro/MWh (+115%)». Dopo il picco immediatamente successivo all’inizio della guerra, «oggi sono praticamente in linea con quelli che avevamo tra luglio e agosto del 2021».

© RIPRODUZIONE RISERVATA