Regola delle due notti per gli affitti brevi. «Inutile e dannosa per Bergamo»

IL DISEGNO DI LEGGE. La misura del ministro del Turismo fissa il «minimum stay», ma non soddisfa. Gori: «Decidano i Comuni». Capozzi: «Tetto ai posti letto».

Nei B&b e affini si dovrà pernottare per almeno due notti. È il «metodo-Santanché» per arginare il proliferare degli affitti brevi nei Comuni ad alta densità turistica. Il ministro, proprio all’assemblea annuale di Federalberghi, il maggio scorso in città, aveva promesso una stretta. Ora il disegno di legge è sul tavolo, ma secondo sindaco e operatori del settore la misura è inutile, e persino dannosa, per la realtà di Bergamo. Ne è convinto Giorgio Gori: «A livello nazionale il 6,4% delle prenotazioni nell’extralberghiero è per una notte sola, in città la percentuale è un po’ più alta. La rete alberghiera, per come è strutturata, non è in grado di assorbire questa domanda di accoglienza. Il rischio, quindi, è che si perda questa fetta di turismo senza risolvere il nodo del proliferare delle case vacanza e dello spopolamento dei centri storici». Il sindaco (come già fatto più volte con gli altri «colleghi» delle città d’arte) torna a chiedere al governo di poter applicare il «modello Venezia»: «I Comuni devono poter fare dei regolamenti in base alle proprie specificità, con una “zonizzazione” che stabilisca dove consentire di aprire e dove mettere dei limiti. È l’unica strada per mitigare questo fenomeno, salvaguardando la residenzialità nei centri storici e nei borghi».

VisitBergamo: «Sì al modello Firenze»

Due, infatti, le questioni collegate al «boom Airbnb»: lo spopolamento dei centri storici (sempre più affollati da turisti e sempre meno abitati, con locazioni alle stelle) e l’emergenza abitativa. Chi ha la disponibilità di un appartamento vuoto è più propenso a destinarlo ad affitto breve, più redditizio, piuttosto che alla locazione classica verso una famiglia o una giovane coppia. «Il minimum stay, però, non è risolutivo», concordano gli operatori. «Obbligare i B&b e le case vacanze a prenotazioni per un soggiorno di minimo due notti non aiuta e non produce gli effetti che servono per Bergamo», sostiene Cristophe Sanchez, amministratore delegato di VisitBergamo. Sanchez ricorda come la direzione in cui si vuole andare è un’altra: «Con Anci stiamo lavorando per costruire regolamenti ad hoc per i Comuni Unesco o con un patrimonio come il nostro: visto che ogni città è diversa, bisogna dare la possibilità ai Comuni di dotarsi di un proprio regolamento». Piuttosto che stabilire un «minimum stay» per l’ad sarebbero quindi più utili il «modello Firenze» (con un numero di strutture fissato, senza nuove autorizzazioni) «o stabilire un’apertura annuale, ad esempio di 120 giorni». «Il punto – precisa – è governare il turismo per proteggere Città Alta, i Colli e il centro, non frenare gli affitti brevi in altri quartieri, che potrebbero così essere rivitalizzati. Il fascino di Città Alta è legato anche alla gente che la abita. Se si svuota, diventa finta: i turisti cercano e vogliono vivere la “realtà locale”».

«Ogni Comune decida per sè»

Anche per Alessandro Capozzi, presidente del gruppo Albergatori Ascom-Confcommercio, le priorità sono altre. Le snocciola: «Servono regole omogenee per chi fa ospitalità; bisogna mettere un tetto al numero di camere per zona e aumentare l’attenzione per la fiscalità. Regole che devono valere per tutti, settore alberghiero ed extralberghiero, perché, sia chiaro – puntualizza – nessuno è in guerra con gli affittacamere». Ammette infatti che è stato anche grazie «all’extralberghero che Bergamo ha fatto un salto di qualità come meta turistica». In città sono 3.800 i posti letto, mille (il 30%) nell’alberghiero, 2.800 nell’«extra». Capozzi ricorda: «È decenni che diciamo che è un trend che va governato, per mettere un limite a un sovradimensionamento dell’offerta turistica che danneggia soprattutto i centri storici, creando l’”overtourism” e la desertificazione, mentre i turisti cercano proprio luoghi autentici, abitati, non di “plastica”». La proposta allora è che «sia data la possibilità ai sindaci di decidere le regole, affiancati magari da un ente terzo come la Camera di commercio, per trovare un equilibrio».

© RIPRODUZIONE RISERVATA