Sant’Agata svela la Bergamo romana

L’INAUGURAZIONE. Apre ai visitatori l’area archeologia venuta alla luce durante i lavori di restauro dell’ex monastero. La Soprintendenza: scoperta rilevante per la storia della città. Rinvenuti resti di un imponente edificio pubblico.

Apre al pubblico, da sabato 20 aprile, l’area archeologica di Sant’Agata, una nuova testimonianza della Bergamo romana celata nel sottosuolo del centro storico. I resti venuti alla luce nel corso dei lavori di restauro dell’ex complesso monastico, sede della Cooperativa Città Alta, testimoniano l’importanza che Bergamo rivestiva in epoca romana, maggiore di quanto si immaginasse sino alle scoperte più recenti. Un insediamento urbano più esteso di quello medievale, prospero centro di raccordo tra le montagne e la pianura, con edifici per la collettività, templi, terme e case patrizie.

Il poderoso muro – lungo una decina di metri e largo sino a un metro e sessanta centimetri – visibile al centro degli scavi inaugurati venerdì, era parte, con ogni probabilità, di un imponente edificio pubblico affacciato sul decumano massimo, l’attuale via Colleoni. La grandezza del manufatto e i resti degli elementi architettonici e ornamentali ritrovati sul posto fanno pensare a un grande palazzo nel quale si svolgevano funzioni pubbliche e non a una «domus». «Quando ho visto questo muro mi sono chiesta cosa avremmo potuto trovare continuando a scavare» confessa Stefania De Francesco che con Cinzia Robbiati ha supervisionato i lavori per conto della Soprintendenza. E infatti le sorprese non sono mancate. Gli archeologi si sono trovati tra le mani frammenti di intonaci affrescati (nature morte con frutti e fogliame dai colori vividi), resti di pavimenti in marmo policromo, tracce di stucchi a rilievo ed elementi decorativi in terracotta che ornavano il tetto dell’edificio. E poi ritrovamenti più recenti, di epoca medievale: una fila di sepolture e un muro con archi che fa da quinta al sito archeologico. Tutto materiale ancora allo studio degli esperti, e che altro racconterà della storia antica di Bergamo.

Davanti alla settecentesca facciata dell’ex chiesa di Sant’Agata, al limitare del giardino, i progettisti avrebbero voluto realizzare gli impianti per i nuovi spazi del Circolino. E invece la scoperta archeologica ha cambiato i piani. Anni di lavoro per mettere in sicurezza l’area e renderla visibile al pubblico. «Il tutto reso possibile grazie alla collaborazione tra un ente del terzo settore come la Cooperativa Città Alta, l’amministrazione comunale e lo Stato, attraverso la Soprintendenza» ha sottolineato l’assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti intervenendo all’inaugurazione del sito. E proprio grazie a una convenzione a tre l’area sarà gestita e mostrata al pubblico anche attraverso visite guidate a cura del Museo Archeologico, nel quale saranno esposti i reperti rinvenuti durante gli scavi.

«Quando abbiamo messo mano al recupero di Sant’Agata, ormai sei anni fa, non pensavamo di imbarcarci un un’operazione così impegnativa – ammette Tomaso Ghilardi, presidente della Cooperativa Città Alta – ma grazie all’impegno di tutti e alla fattiva collaborazione con Comune e Soprintendenza, abbiamo portato a termine l’impresa. E oggi possiamo festeggiare così i 43 anni della Cooperativa nata grazie alla visione e alla determinazione di mio padre Aldo». A rappresentare i progettisti l’architetto Angelo Colleoni, che ha firmato il recupero del complesso insieme ai colleghi Melania Licini e Paolo Belloni. «Abbiamo voluto recuperare quel che restava dell’impianto monastico (l’intervento sull’ex carcere sarà oggetto di altri lavori in un prossimo futuro, ndr) introducendo elementi architettonici contemporanei – ha spiegato Colleoni –. La scoperta dei resti romani è stata inattesa e ha comportato modifiche al progetto ma siamo felici di aver portato alla luce evidenze significative di un’epoca passata, un nuovo contributo alla storia della città».

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