«Si è fatto un regalo al virus. Vaccini e responsabilità restano le nostre armi»

L’intervista Marco Rizzi, direttore del reparto di Malattie infettive del «Papa Giovanni» di Bergamo.

Che qualche contagio sia da mettere in conto, è chiaro. Assembramenti pericolosi? «È fin troppo banale dirlo», risponde Marco Rizzi, direttore del reparto di Malattie infettive del «Papa Giovanni» di Bergamo, di fronte alle immagini della notte europea vissuta nelle piazze tra feste ed eccessi. Ma serve razionalità nel lanciare un messaggio, soprattutto ai giovani; e dunque, più che una predica oltranzista sul rigore delle misure da adottare, è necessario porre l’attenzione su quella che è l’arma decisiva per uscire dalla trincea del virus: «Serve fare il possibile per vaccinarsi e vaccinare – sottolinea il primario -, perché è la cosa più importante. Bisogna far capire i vantaggi della vaccinazione per sé e per la comunità».

Dottore, partiamo da quel che è successo a Bergamo come in tutta Italia: quanto restano pericolosi questi assembramenti?

«È chiaro che trovarsi in tanti a stretto contatto per un tempo prolungato non è l’ideale, in una situazione in cui il virus circola ancora. Non c’è solo la partita: basta leggere le notizie, dalle feste ai rave con catene di contagio. Allentata la tensione, senza più i suoni delle ambulanze, con pochi ricoveri e decessi, la percezione collettiva è che la situazione vada meglio, e che dunque ci si possa concedere certi comportamenti».

Ed è vero che la situazione va meglio? C’è anche la variante Delta con cui fare i conti.

«È l’ennesima variante che si diffonderà. Nel giro di poche settimane ha conquistato una bella fetta d’Europa. Altri Paesi sono messi molto peggio dell’Italia. Il vaccino o la pregressa infezione funzionano nel ridurre i rischi, ma a oggi c’è da aspettarsi che anche la Delta segua l’andamento che abbiamo visto con la variante inglese nell’ultima ondata».

Che effetto le hanno fatto le immagini della festa e degli eccessi?

«Bisogna ragionare con razionalità. Se si sono fatte le partite con 60 mila persone sugli spalti, è difficile proibire un maxischermo in un paesino con 60 persone. È difficile gestire questo tipo di comunicazione e le manifestazioni che ne conseguono, ed è difficile andare a vigilare in modo occhiuto. Quello che è successo in piazza è comunque fare un regalo al virus, e organizzare eventi dove si mettono assieme decine di migliaia di persone non è proprio saggissimo. Se si consentono, però, è inevitabile che succedano anche certi eccessi. Ma non si può nemmeno fare i predicatori a oltranza del rigore: è un momento difficile, anche psicologicamente».

Le regole stanno saltando?

«Dopo il lungo tunnel, il fatto che le cose vadano meglio porta inevitabilmente a far sembrare che tutto sia alle spalle, anche se non è così. Chi si presenta in un contesto sociale con la mascherina oggi, per esempio, è visto quasi come un guastafeste che deprime l’umore».

Trovare equilibrio è complesso .

«Personalmente, mi sento di dire due cose. Una: si può avere qualche occasione sociale in più, ma cerchiamo di farlo con buonsenso. Cerchiamo di limitare i grandi assembramenti fuori controllo. Se pensiamo che la situazione non sia gestibile mantenendo il distanziamento o la mascherina, riflettiamo sulla possibilità di rimanere a casa. La limitazione parte da ciascuno di noi».

E la seconda cosa?

«Vaccinatevi, lo dico soprattutto ai giovani. Purtroppo sui giovani non sta andando benissimo la campagna: sugli under 12 il vaccino non è autorizzato, tra adolescenti e fino ai vent’anni le adesioni sono ridotte. Quest’estate purtroppo sarà così. Sarebbe stato meglio poter permettere ai ragazzi di incontrarsi e trascorrerla già vaccinati, speriamo lo si possa fare almeno prima del ritorno a scuola. Ma i ragazzi sono i primi a non essere motivati in questa scelta: il fatto che rischino poco dalla malattia, a differenza degli anziani, rende più bassa la propensione. È importante una comunicazione chiara sull’importanza di vaccinarsi».

Cosa dobbiamo aspettarci, nei prossimi giorni, come conseguenza dei festeggiamenti?

«Non sarà un’altra Atalanta-Valencia. La situazione è diversa, non succederà nulla di drammatico. Che ci sia qualche caso di infezione in più, ovviamente sì. Qualche caso di variante in più? Anche. Ricordando però che il vaccino protegge dalle conseguenze più serie della malattia».

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