Silvio Berlusconi, dal pullman di Canale 5 al pranzo coi giovani in Borgo Palazzo

IL RITRATTO BERGAMASCO. Lo scomparso leader azzurro non è mai stato molto presente nella nostra provincia. Ma è anche da qui che è partita l’avventura della tv privata. L’unico evento politico nel maggio 2022 a Treviglio.

Una delle definizioni più azzeccate di Silvio Berlusconi è di Luciano Bonetti, patron della Foppapedretti: «Forza Italia era l’azienda e lui il prodotto. Ha applicato alla politica i metodi seguiti da imprenditore, ed è per questo che ha vinto, di qua e di là». Con una certa tenacia e un’ossessione quasi maniacale per i dettagli: in ogni incontro (o scontro) nulla era lasciato al caso, sapeva sempre benissimo chi aveva di fronte, dall’imprenditore rampante al politico di questa o quella sponda, fino all’ultimo dei cronisti in visita a Villa San Martino, il suo buen retiro brianzolo di Arcore, villa settecentesca di rara eleganza, dalla storia complessa e a tratti noir.

Ed era proprio qui che dava il meglio di sé, appena spente le luci dei riflettori (la famosa vetrata verso il giardino, illuminata sempre a giorno, fa parte di un set permanente) quando usciva il suo lato istrionico. A metà tra un chanteur de charme (del resto nelle navi da crociera aveva fatto pure questo) e un incantatore di serpenti. Quando ti accompagnava verso il parcheggio in rigorosa solitudine, senza il codazzo di assistenti o portavoce, tra una battuta e l’altra cercando anche il colpo ad effetto. Del tipo «le faccio vedere la sala del bunga-bunga…» salvo poi mostrare, scherzando, il bellissimo salone dei ricevimenti. O chiedere informazioni su questo o quel giocatore dell’Atalanta magnificando i tempi degli olandesi del Milan. Anzi, rimpiangendoli apertamente.

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Quei monopoli da rompere

Narrano le cronache che una delle sue prime puntate in terra bergamasca sia stata a inizio anni ’80, agli albori di Canale 5. A bordo di un pullman che faceva da base operativa (e pure da giaciglio, all’occorrenza) viaggiava su e giù per l’Italia a incontrare gli imprenditori e presentare la sua visione di tv privata. Insieme a lui c’erano Marcello Dell’Utri e il «Fidelfa», al secolo Fedele Confalonieri, amico da (e per) sempre e pure complice al pianoforte in esibizioni a quattro mani, raccontava lo scomparso Vito Sonzogni. Uno che da architetto ha conosciuto il Berlusconi degli esordi, quello di Milano2, e che se ne uscì con un’altra immagine mica male: «Ci sono persone in grado di vedere il futuro prossimo, nelle loro vene scorre il sangue di domani».

L’intervista a L’Eco pochi minuti dopo la vittoria dell’Atalanta sul Milan nel 2014

Ma torniamo a quel tour dei primi anni ’80: il pullman viene parcheggiato fuori dall’Excelsior San Marco, dentro l’albergo ci sono una quindicina di imprenditori ad ascoltare un possibile scenario dell’emittenza privata da lì a 15 anni. Chi c’era ricorda che non sbagliò nulla. Ma proprio nulla. Al lancio di Canale 5 corrisponde il successo di brand che diversamente sarebbero rimasti nell’ombra, perché mister B non rompe solo il monopolio televisivo ma anche quello del mercato pubblicitario, dove gioca da protagonista nell’epopea della «Milano da bere». Un format alla «Yuppies» che raggiunge l’acme nelle convention del braccio armato Publitalia, dove la leggenda narra che si facesse portare 4 completi tutti uguali, camice e cravatte comprese: ogni tanto spariva e andava a cambiarsi per dare sempre un’immagine di freschezza e ordine.

L’immagine e la discesa in campo

L’immagine, appunto, quella dei suoi agenti pubblicitari prima e della classe politica poi, da far «scendere in campo» (locuzione ormai diventata comune nel gergo politico) nelle elezioni del 1994. Stravinte. Con volti nuovi, telegenici, selezionati con veri e propri casting e l’esaltazione del partito leggero. Al punto tale che si rivela sostanzialmente incapace di mettere salde fondamenta sui territori, troppo legato agli umori (e ai destini) del capo e alle corti di fedelissimi a geometria variabile.

Un progetto al quale il Cav stava comunque già lavorando dal 1992, rivela Bonetti a L’Eco nel 2003, decennale della discesa in campo dopo aver atteso invano «quella di Mariotto Segni e Mino Martinazzoli ai quali aveva offerto la macchina che sarebbe poi stata di Forza Italia» aveva invece spiegato Sonzogni. Del resto, prima della nota vicinanza a Craxi, pare che agli inizi da costruttore Berlusconi bazzicasse la storica sede Dc di piazza del Gesù a Roma, nelle vesti di componente di una Commissione che si occupava di casa: come dire che l’ambiente dello scudo crociato non gli era sconosciuto.

Fino a un anno fa non aveva mai partecipato a un evento politico nella Bergamasca

Ma alla fine la macchina messa a disposizione di chiunque volesse provare a frenare quella che sembrava l’inarrestabile avanzata del Pds (che nelle varie e successive forme verrà sempre e solo liquidato come «comunisti» o «sinistra», senza manco il centro davanti) Berlusconi decide di guidarla di persona. In una serata a Villa San Martino «il Cavaliere ci presentò un progetto già bello che organizzato, un po’ come quando 12 anni prima era venuto a Bergamo a vendere la pubblicità per Canale 5» si legge nell’intervista di ormai 20 anni fa a Bonetti. «C’era il nome, il simbolo, l’inno e anche il mitico kit del candidato. Rimasi allibito, poi arrivai a casa da mia moglie e le dissi solo una cosa: questo vince». E finisce esattamente così, con tanti saluti a un’altra macchina, quella «gioiosa» e «da guerra» di Achille Occhetto.

I primi circoli sul territorio

Il sogno diventa cambiare la politica italiana con un partito privo di apparato e orpelli vari, incentrato sul leader e lontano dalle strutture di quelli tradizionali rottamati prima da Tangentopoli e poi dalle urne. Nessuna sezione, semmai circoli: strutture leggere e agili. Nella Bergamasca tra i responsabili della primissima ora ci sono Massimiliano Lazzari, Enrica Foppa Pedretti, Luciana Moroni Rumor, Enrico Zucchi: la prima sede è in via Borfuro, con la mitica Maurilia nelle vesti di instancabile segretaria e deus ex machina con il sorriso sempre stampato in volto.

Il primo responsabile provinciale è Massimo Collarini (imprenditore e violoncellista che ricoprirà poi importanti ruoli in prestigiose istituzioni musicali), mentre al Senato viene eletto il giornalista di estrazione liberale Livio Caputo Alla Camera ci vanno invece il sondaggista di fiducia Gianni Pilo e Giorgio Jannone, probabilmente il politico che meglio rappresenta gli albori del modello forzitaliota. Eletto a soli 29 anni, immagine brillante, ottimo curriculum, forte telegenia, nessun precedente politico. A oggi resta l’esponente bergamasco azzurro con il maggior numero di mandati, 4 seppure 2 non completi causa elezioni anticipate.

«Si allacci sempre la giacca»

Dopo quel passaggio quasi carbonaro agli albori della tv commerciale Berlusconi non si fa mai vedere a Bergamo, o almeno non in forma ufficiale né tantomeno politica. Il partito vive diverse fasi di trasformazione, compresa la confluenza (e ritorno) nel Pdl e gli assetti della segreteria provinciale si confermano tra i più complessi e a tratti bellicosi del Paese. Forse anche per questo preferisce rimanere sullo sfondo, evitando anche le varie occasioni istituzionali.

Nel 2013 arriva però a Pontida, non sul mitico pratone dove Umberto Bossi gli aveva riservato delicatessen come «Berluskaiser», ma all’inaugurazione della Casa di Cura Villa San Mauro. A maggio dell’anno dopo accetta un’intervista con L’Eco di Bergamo a Villa San Martino: è l’11 maggio e l’Atalanta ha appena battuto il Milan con una rete di Brienza in pieno recupero e lui ci scherza su davanti al sorriso da orecchio ad orecchio del cronista (e pure parecchio tifoso) al quale però raccomanda di «allacciarsi sempre la giacca» prima di un’intervista. O una foto. «Perché sta meglio, una questione d’immagine». Pare lo ripetesse sempre a chiunque gli facesse visita. A Paolo Savoldelli, vincitore del Giro d’Italia e candidato alle Regionali con gli azzurri, ricorda invece le estati passate da giovane a Clusone a lavorare al bar della stazione.

Dopo la condanna da novembre 2013 non è più senatore, ma nella chiacchierata con L’Eco non rinuncia a dire la sua sulla politica, definendo Grillo «un pericolo», Renzi «simpatico ma ostaggio dei comunisti» e ricordando come Giorgio Gori, allora aspirante sindaco di Bergamo abbia «sempre avuto idee di sinistra. È la conferma che sono sempre stato un editore liberale: mai scelto i manager per le idee politiche».

Tra agosto 2014 e ottobre a Bergamo comunque ci viene, in occasioni molto differenti: la prima nella chiesa di Santa Grata per partecipare ai funerali di Maria Casiraghi, mamma di Roberto Calderoli, la seconda al ricevimento per le nozze di Tomaso Trussardi e Michelle Hunziker. A settembre 2017 fa un blitz a sorpresa al Golf Club Albenza per gli 80 anni di Angelo Goffi, presidente di Italcanditi e amico comune di Alberto Bombassei. Sorpresa come quella di chi a marzo di un anno fa se lo trova a passeggio sul lungomare di Sarnico insieme a Marta Fascina dopo un pranzo a Brusaporto alla Cantalupa.

Tutte occasioni private alle quali però seguono due politiche: la prima (in assoluto nella storia azzurra locale) è a Treviglio a maggio 2022 alla Fiera, in un evento organizzato dal deputato Alessandro Sorte che segna il rientro nel partito di Stefano Benigni al quale affida poi il ruolo di coordinatore nazionale del movimento giovanile. E sono proprio i giovani azzurri che incontra in una delle sue ultimissime uscite lo scorso 18 marzo. Un pranzo in Borgo Palazzo al «Giopì e la Margì» tra un piatto di verdure, le immancabili barzellette e qualche ricordo di quella Forza Italia che muoveva i primi passi quasi 30 anni fa. E che ora si interroga sulla strada da prendere senza il suo padre-padrone in quella che è la fine di un’era. Semplicemente.

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