«Sosteniamo la vita, ma ci escludono»

L’ALLARME. La presidente del Cav: «Presenti all’ospedale e al Consultorio per aiutare le donne a non abortire ma in 15 anni ce ne hanno inviate al massimo una decina. All’ascolto si preferisce favorire una cultura di morte».

Chi la conosce sa che è una persona estremamente garbata, abituata a misurare le parole. Se sabato 18 novembre ha sbottato con la frase choc «In questa città c’è una cultura di morte» vuol dire che la misura era proprio colma. Anna Rava Daini, presidente del Centro di aiuto alla vita di Bergamo, da quarant’anni al fianco delle donne in difficoltà di fronte alla nascita di un bambino, lo conferma: «Ero arrabbiata, continuiamo a fare convegni per parlare di buone prassi per cercare di invertire la natalità zero, e poi nel concreto nulla cambia». «La bellezza della famiglia e della vita nella società» era il titolo dell’incontro promosso dal Forum bergamasco delle associazioni familiari, ma la presidente Rava Daini dice che l’esperienza le ha mostrato una faccia diversa: «La realtà rema contro la vita».

Sul «campo»

«Da quindici anni – racconta – siamo presenti con le nostre volontarie sia all’ospedale Papa Giovanni sia al consultorio di Borgo Palazzo per ascoltare le donne che si presentano per abortire e dire loro che c’è un’altra possibilità. Noi siamo pronte ad

accompagnarle, sia psicologicamente sia economicamente, nel caso decidano di tenere il loro bambino. In questi anni, però, ci siamo sentite come dei “soprammobili invisibili”: medici, infermieri e personale, nonostante fossero tutti informati della nostra presenza, ci avranno inviato al massimo una decina di donne». Difficile tenere il conto di quante donne abbiano interrotto volontariamente la gravidanza, ormai chi arriva in ospedale è la punta dell’iceberg, visto che con le pillole abortive la dolorosa «pratica» si può chiudere tra le pareti domestiche. «Ma con quali sofferenze? Ormai si arriva sempre “dopo”, con un lutto che richiede anni per essere elaborato. Perché non si cerca di intervenire prima? Chiediamo solo che alle donne venga data la possibilità di essere ascoltate, poi libere di fare la loro scelta, come prevede la Legge 194. Ma lo vediamo dalla nostra esperienza, tante sono dubbiose e incerte e se trovano un accompagnamento amichevole tirano fuori una forza che non pensavano di avere e sono pronte a tenere il bambino», Rava Daini resta convinta dell’utilità del servizio offerto.

Le operatrici del Cav - tramite convenzione - sono presenti tutti i martedì (dalle 9 alle 11,30) nell’ambulatorio 123 di Ostetricia e tutti i giovedì (dalle 9,30-11,30) al Consultorio di Borgo Palazzo, che afferisce sempre all’Asst Papa Giovanni. Le mattine però scorrono spesso con zero incontri. «È importante essere lì quando le donne arrivano per fare i certificati di aborto o abortire – dice Rava Daini –, ma ci sentiamo ostacolati nel nostro volontariato e totalmente escluse. Tutti sanno che siamo lì - infermiere, ostetriche, personale - ma nessuno segnala la nostra presenza. Chi arriva da noi o vede il cartello sulla porta o eccezionalmente è inviato da qualche figura professionale particolarmente sensibile. Non è il nostro compito fermare le donne a una a una e siamo d’accordo che non possiamo andare nei reparti, ma ci aspetteremmo più collaborazione per evitare che le donne vivano da sole quello che a tutti gli effetti è un dramma. A volte avrebbero solo bisogno di parlare e sentirsi supportate». Il Cav «non fa miracoli – ammette la presidente – ma a volte il miracolo, per queste donne, è anche solo poter parlare con qualcuno».

I dati

Come dimostrano le 166 donne aiutate dal Cav nel 2023 (da gennaio a novembre), di cui 93 gravide: 61 i bambini nati. «La maggior parte delle donne arriva direttamente nella nostra sede di via Conventino 8 attraverso il passaparola, solo una è stata mandata da un’assistente sociale del Consultorio sensibile al tema della vita. Gli invii, appunto, sono mosche bianche», ribadisce Rava Daini. La presidente torna sul concetto tagliente di «cultura di morte»: «La vedo passare tutti i giorni. Si preferisce far abortire, piuttosto che trasmettere un messaggio positivo, di ascolto e accoglienza, per vedere se le donne vogliono abortire davvero oppure lo devono fare per problemi economici, familiari, personali». Le volontarie del Cav, 25 quelle attive, non si arrendono, nonostante l’età che avanza: «Restiamo dove siamo, pronte a far sentire a loro agio le donne, ascoltandole con discrezione e accompagnandole con amicizia». E cercano rinforzi: «Da gennaio partirà un corso di formazione, per garantire anche un turnover delle 14 volontarie che si dedicano all’ascolto e al ricevimento delle mamme».

Per informazioni sulle attività, i contatti del Cav sono: [email protected] oppure 035.4216300/301.

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