Tanta acqua dal cielo ma non si fa scorta: Piano laghetti fermo

LA SITUAZIONE. Nel progetto per creare nuovi invasi entro il 2030 la Cava Holcim, il lago del Bernigolo e le vasche ad Albino. Servono almeno 70 milioni: «Li finanzino».

Negli ultimi anni la siccità è ormai diventata una problematica costantemente presente, anche nella Bergamasca. A risentirne maggiormente sono le produzioni agricole, gli alpeggi montani, i pascoli e gli allevamenti. Ma anche i cittadini che soprattutto nelle ultime due estati hanno dovuto imparare a mettere in pratica alcune buone norme di risparmio della risorsa acqua (come evitare di riempire le piscine private o bagnare i giardini) per non appesantire ulteriormente una situazione spesso già critica.

Cos’è il Piano laghetti

Per far fronte al problema siccità, già nel 2017, l’Anbi (l’associazione che riunisce i Consorzi di bonifica italiani) e Coldiretti avevano presentato un programma – il Piano laghetti – per realizzare sul territorio nazionale 10mila nuovi invasi medio-piccoli entro il 2030, per evitare la dispersione di acqua, trattenendo molta più acqua piovana di quella che si riesce a trattenere oggi, e soddisfare così il fabbisogno idrico. I progetti inseriti per la Bergamasca sono tre: l’acquisizione della Cava Holcim a nord di Treviglio, lo svuotamento del lago del Bernigolo (Lenna-Moio de’ Calvi) e le nuove vasche di accumulo ad Albino. A oggi, però, nessuno di questi tre è stato realizzato. Un ritardo che rischia di diventare sempre più un clamoroso autogol, viste le ultime due estati roventi. E un’occasione mancata, se si pensa alle ultime settimane di pioggia intensa registrata sul territorio orobico. «Il Piano laghetti – spiega Mario Reduzzi, direttore generale del Consorzio di bonifica della Media pianura bergamasca – è stato ideato come ulteriore aiuto al contrasto del problema siccità: si vuole trattenere l’acqua che purtroppo oggi se ne va praticamente tutta. In Italia riusciamo a trattenere solo circa il 10% dell’acqua piovana, il Piano laghetti ha l’obiettivo di arrivare al 30-35%, speriamo che le autorità decidano di mettere in atto, finanziandolo».

Sul Serio 200mila metri cubi

I progetti ci sono, mancano invece i soldi per concretizzarli. «Se per l’acquisizione della Cava Holcim a nord di Treviglio – continua – stiamo pensando di procedere con forze nostre, diverso è il discorso per i progetti delle vasche di Albino e dello svuotamento del lago del Bernigolo: le prime (serbatoi che potrebbero immagazzinare 200mila metri cubi d’acqua) formerebbero un polmone laterale al Serio che ha carattere torrentizio, il secondo invece permetterebbe di aumentare di molto la capienza del lago già esistente, che purtroppo dall’alluvione della Valtellina del 1987 ha accumulato detriti e rifiuti e che venendo pulito potrebbe tornare alla sua originaria profondità di qualche metro, rispetto alle poche decine di centimetri di oggi (circa 50 centimetri), aumentando così di molto la sua capacità, ripristinando quella del 1949 pari a 500 mila metri cubi». Il piano nazionale è nell’ordine di centinaia di milioni di euro: nella Bergamasca il progetto delle vasche di Albino necessita di 50 milioni di euro, mentre quello per lo svuotamento del Bernigolo una ventina di milioni di euro.

«I cordoni della borsa – specifica – li ha il ministero delle Infrastrutture, al quale abbiamo presentato il piano (nazionale e declinato territorio per territorio) nel 2022, l’anno delle grande siccità. Siamo in attesa che vengano allocate le risorse. Perché il piano è valido. E anche i vari cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo “mostrano” la bontà del progetto». «Abbiamo fatto – aggiunge il presidente di Coldiretti Bergamo, Gabriele Borella – molteplici richieste a chi di dovere per smuovere le acque e riuscire a recepire i fondi per realizzare queste opere sul nostro territorio. Ma a oggi abbiamo avuto zero riposte. Conosciamo bene il problema. L’acqua è un bene che negli ultimi due anni abbiamo ben capito quanto sia prezioso e quanto dobbiamo lavorare per farne scorta. Ed è un peccato che delle piogge degli ultimi gironi siamo riusciti a immagazzinare ben poca acqua rispetto al fabbisogno nostro».

«Agire su aree vaste»

Un piano giudicato positivo anche da Confagricoltura Bergamo: «Occorre avviare infatti – conclude Francesco Tassetti, vice direttore di Confagricoltura Bergamo – un piano di lungo periodo che consenta di mettere al sicuro produttività e qualità del sistema primario e che sappia gestire la captazione e la distribuzione delle acque meteoriche, sia con grandi invasi e dighe che con invasi di minori dimensioni, investendo in innovazione e ricerca. In ogni caso sarebbe opportuno concentrare energie e risorse soprattutto sugli interventi infrastrutturali più significativi e capaci di agire su aree vaste, conservando l’acqua nei grandi bacini e nei grandi laghi, favorendo l’uso plurimo delle risorse idriche nonché puntare sulla diffusione delle innovazioni tecnologiche in grado di salvaguardare il potenziale produttivo, riducendo allo stesso tempo la pressione sulle risorse naturali a partire dall’acqua».

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